Davvero: Cosa succede ai Boston Celtics?

Dopo il KO di stanotte vs i Bulls, Marcus Smart dice, in sostanza, che Jaylen & Jayson non la passano mai e noi abbiamo la certezza di: uno spogliatoio non proprio unito, una distribuzione degli ingaggi non proprio astuta (7 MM di differenza tra l’ultimo anno di Tatum e quello di Brown, tra 15 e 20 MM rispetto a Smart), la mancanza reiterata (grave aver lasciato andare Fournier senza rimpiazzo) di un 2 puro, la propensione scarsa di tutti a difendere con continuità. Problemi che non nascono oggi, arrivano da lontano: lavoraccio per coach Udoka, che deve battere anche la Tradizione. La loro stessa gloria sta danneggiando i Celtics. Boston è vecchia: non come età (anzi) ma come concetti e comportamenti; in un mondo in cui ogni cosa è condivisa, ogni cosa è “gender-free”, in cui la sperimentazione anche assurda è un valore, i Celtics sono come un vecchio club per soli uomini in cui si beve solo scotch o gin e mangiano solo arrosti e patate. Un posto in cui un paio d’ore possono essere gradevoli, dato che gli spot di assorbenti e perdite urinarie ci inseguono anche a ora di cena, ma un posto residuale. Non perdente, ma ininfluente. I Lakers non hanno capo né coda, raccapricciante come sono stati assemblati: ma bene o male faranno la loro strada, tra secondo turno di PO e Finals (si vedrà). Il basket oggi non premia chi mira a costruire nel tempo, ma chi mira a vincere in 2/3 anni al massimo: BOS ha due talenti immaginifici che, al 5’ e 6’ anno di NBA, ancora non hanno vinto. I Celtics sono ancorati (di più: la loro gente in maggioranza li vuole ancorati) a principi che non sono più positivi nella ricerca della vittoria. Costruire per questi Celtics è diventato il Fine, non il Mezzo. Non ha senso, per esempio, l’eterna parcellizzazione dei minuti di una bestia atletica come Robert Williams per uno, due (o nove) errori di posizionamento difensivo. Un RW si manda in campo, nel basket di moderna gestione imprenditoriale e tecnica, per 30/36 mins: nel peggiore dei casi finirà in così tanti highlights da poterlo usare proficuamente per qualsiasi trade. Anche ascoltando i commenti di colui che sta diventando (morto Tom Heinsohn e sulla via della pensione Mike Gorman) il guru del commento tecnico a Boston, ovvero il White Mamba Scalabrine, si ha la misura del fraintendimento: a ogni mezza cosa giusta fatta da un rookie/sopho, si esulta come per un Anello. Queste cose, che fanno crogiolare in una perenne sensazione di superiorità ontologica la maggioranza dei fans ma si sono trasferite anche alle scrivanie del management, sono la vera pietra al collo dei Celtics. Gli errori tecnici, il roster monco, i salari non adeguati si possono curare in fretta, questo tipo di imprinting culturale è molto più difficile da cambiare/aggirare/sconfiggere. Ricordate tutti cosa disse Fabio Capello sul vincere uno scudetto a Roma: i motivi sono diversi, ma a BOS è molto più difficile vincere che a L.A. o Toronto, nel basket attuale. Tornando a Smart: vero, i due Jays prendono 47 tiri/gara e per arrivare ad altri 47 c’è bisogno di 6 Celtics; ma la domanda seguente deve essere: E chi tira, tu? Smart è infatti il quarto cannone di BOS per numero di tiri, ma l’ottavo realizzatore: sta tirando col 25% totale, il 30% da 2. Che la difesa sia il problema principale è determinato dal fatto che è la peggiore per punti incassati (119.7, ben 6.3 in più della seconda peggiore a Est, Indiana) e percentuale concessa agli avversari; nemmeno l’attacco però è esente da pecche, se è vero che la macchina capace di produrre più tiri di tutti nella NBA è solo al posto 22 in percentuale di realizzazione. La mancanza di un vero terzo polo, non l’egoismo di Brown e Tatum, è il motivo della loro prevalenza nell’attacco di Boston. Una sg vera e affidabile (appunto Fournier era sufficiente) fa scalare immediatamente la distribuzione dei possessi; invece il Francese non è stato rimpiazzato. Infine gli eterni giovani: Boston è come l’Italia, dove Davide Moretti (puro esempio) a 5 mesi dai 24 anni è ancora considerato un giovane; si esplorano con devota pazienza i miglioramenti più o meno millimetrici di rookies/sophos, centellinandoli come fossero di vetro. Non si guardano intorno, a Boston: dove un Australiano 19enne bravino ma per ora non campione come Giddey può fare a pezzi Russell Westbrook e Avery Bradley nella recente W s OKC su LAL. O li metti o no, usarli a pezzetti e morsetti non paga. Coach Udoka sta studiando ma pare più per il NO: sono solo 8 gare, ma il minutaggio di Pritchard è calato del 25%, quello di Nesmith del 40% mentre Langford gioca un 15% in più. Il record è precipitato a 2-6 e, come detto, il lavoro del coach nigeriano non è semplice. Ma è di scuola Pop, la fiducia è doverosa.