7 Giugno 2021, primo capitolo della Bostoneide, definivo Ime Udoka come uno dei possibili coach per il futuro dei Boston Celtics.

Sarebbe stata “una scelta coraggiosa e un po’ nerd, come nell’indole di Brad Stevens”. E’ la scelta che i Celtics hanno fatto: coach nero, dalle chiare origini nigeriane (oggi nella NBA conta anche questo, l’adesione a una sorta di progetto non scritto per portare la presenza di allenatori e figure dirigenziali di colore al livello di parità numerica), discepolo di Pop. Non ha devozioni: non si tratta di un paladino della difesa alla Thibodeau o di uno che cura solo l’attacco: cronologicamente si è completamente formato, come coach, nell’era delle triple, ma le stimmate di Pop portano sempre verso un’idea di basket completa. Di certo ha la giusta età per il salto dall’assistentato al ruolo di head: molto rispettato nell’ambiente, qualsiasi ulteriore ritardo lo avrebbe messo nella casella dei vice per la vita. Finora era stata molto più famosa di lui la moglie Nia Long, attrice nata a Brooklyn (dove Ime è stato assistente quest’anno), indimenticabile in Boyz in the Hood di John Singleton e nella versione moderna di Alfie (Jude Law, non Michael Caine). A Boston trova talento abbondante ma mancanza di grip and grit nel cercare le W: sarà uno dei suoi compiti.