Cinque gare nella notte NBA. Una di esse ha risposto ad una domanda importante. Ma non sarà tutto, troverete dati in parte sconcertanti: cose da nerd che tutti dovreste considerare.

La prima notizia è che i Grizzlies hanno interrotto la valanga di sconfitte, battendo in casa una delle formazioni più in forma del momento: i Pacers. Ci sono riusciti con una bella prova finalmente contemporanea dei loro 3 migliori giocatori (Marc fratello di Pau 18-7-4, Mike figlio di Mike 22-4-11, Jaren figlio di Jaren 20-6-2). E’ solo la seconda W nelle ultime 16 per MEM, ma la goccia di speranza è finalmente arrivata, grazie anche al lavoro di Justin Holiday, arrivato ai Grizzlies (il 5 Gen) per fare da collante e mastino, il Dray-G della situazione nell’ambito di un talento minore, e finalmente ha fatto il proprio dovere (16-1-4 in 39 mins, il più usato da coach Bickerstaff). I Pacers hanno trovato solo 3 del quintetto in doppia cifra e una delle rarissime stecche di Sabonis (11+8 tirando sotto al 50%), così che anche dal pino non è arrivato il solito contributo. Contributo zero invece da parte di Joel Embiid, che non ha giocato nei Sixers che afrontavano i Nuggets a Denver. Oltre ad essere un incontro di cartello (seconda dell’Ovest che riceve la quarta dell’Est) era anche l’occasione per vedere un duello tra i due migliori centri puri della NBA, lui e Jokic. Solo che Embiid è stato destinato al riposino che ogni tanto gli tocca. Una delle ragioni per cui i Sixers non vinceranno nemmeno quest’anno è proprio questa: riposare va bene, ma nelle occasioni adeguate, e questa non lo era; ennesimo passo falso di una organizzazione che sul campo è molto migliore delle decisioni che ogni suo componente (giocatori compresi) prende fuori dal campo. Denver +16 e Jokic 32-18-10, anche se, a pensarci, un centro migliore di entrambi esiste, ora. Chi rappresenta la fusione perfetta delle capacità dei due? Facile: DeMarcus Cousins. Ed arriviamo dunque al TD Garden di Boston, dove si è giocata una gara degna delle prossime Finals. Cosa manca ai Celtics per arrivare a contendere a Golden State l’Anello? Ho finalmente trovato la risposta, che spiega anche la stagione enigmatica dei Biancoverdi. Manca la quotidianità della Grandezza, la capacità di essere Re non solo nelle grandi battaglie ma giorno per giorno. Non esiste formazione più attrezzata per battere GS dei Celtics, che però mancano in tante piccole cose prima e dopo i grandi eventi come quello di stanotte. La giocata che è valsa la gara è arrivata a 2:13 dalla fine, una tripla in transizione imbucata da Klay per il 111-108. Nei restanti 133 secs solo 7 punti in tutto saran segnati da due squadre che fino allora avevano viaggiato a 9.5 pti ogni 120 secondi: capacità di chiudere le gare, tipica di chi sa come vincere perchè non ha fatto altro negli ultimi 5 anni; incapacità di chiudere l’ascesa al trono, come sta diventando mala-abitudine di Boston. I Celtics hanno avuto più tiri, ma meno di tutto il resto, compreso il rendimento della panchina, che, se per produzione ha tenuto il ritmo del pino Warriors, ha registrato un plus/minus di -33 mentre quella di GS di +33. Marcus Morris (3/12 al tiro) non è naufragato contro Dray-G (solo 3 tiri dal campo, ma 11 rebs, 8 ass, 3 rec), ma ha perso la battaglia e non è servito il game-plan di coach Stevens di attaccare senza pietà DMC (che ancora non è in ritmo per gare di vertice come questa): missione compiuta, miglior Horford dell’anno (22-13-3 con 2 stoppate). Però alla fine dato che KD e Tatum si sono elisi, o quasi, si arriva alla sfida tra i due nocchieri: -4 per Boston alla fine, e – 4 di Kyrie rispetto a Steph nel plus/minus della gara (0 vs +4), rendendo inutile il fatto che Irving abbia prodotto più di Curry, perchè Steph ha prodotto meglio. Infine: gara di cartello, gara importantissima, prequel di possibile finale, ovvia tensione eppure ben 48 dei totali 78 canestri sono arrivati da un assist. Festa di Basket. E mi corre l’obbligo di schiudere un dato statistico su un personaggio assai in voga. James Harden è al centro di una striscia realizzativa impressionante: a cominciare dai 57 segnati il 14/1 ai Grizzlies per arrivare ai 61 vs i Knicks il 23/1, La Barba ha messo dentro 261 punti, i primi 221 dei quali SENZA RICEVERE un solo assist: dato agghiacciante, 221 punti di seguito senza gioco e grazie a cospicue e costanti chiusure delle palpebre da parte dei refs (passi, falli in attacco..). Questo NON è Basket. Infatti Harden non era primo nei voti per lo ASG nè presso i tifosi (numero 4 ad Ovest) nè presso i colleghi (numero 7 tra Est ed Ovest), ma è stato portato in alto dalla considerazione dei media, che credono di aver bisogno di storie come quelle dei 57+58 consecutivi. Io non lo credo, e critico, e comparo: nello stesso periodo, il 21/1, Klay ha giocato vs i Lakers la gara del 10/10 (poi su 11) da 3 con 44 pti totali; quanti di quei punti da assist? TUTTI.

Alla cinquina di partite mancano quella di Nola e di Portland. Pelicans sempre privi di Monociglio (torna forse Merc vs DEN), e Spurs vincenti con 28+12 di Aldridge e 22+11 di Gay. Belinelli nella norma (8-1-4) mentre almeno questo ennesimo stop di Davis ha fruttato ai Pelicans il risveglio della ex Prima Scelta, perdutosi ben presto, Jahlil Okafor (media di 20+11 nelle ultime 4 gare). I Blazers erano privi di Lillard (turno di riposo appropriato, in casa vs una delle peggiori della NBA e non in uno scontro di vertice fuoricasa) e poi durante la gara sono rimasti senza il playmaker occulto Evan Turner, che dopo 12 mins ha sentito rizcutizzarsi vecchi problemi al tendine d’Achille. Hawks quindi agevolati dalle assenze, e quasi capaci del colpaccio: spesso avanti anche se non di grandi margini, sono stati sedati nel quarto periodo quando dopo esser tornati a -1 in pochi mins sono precipitati a -15. Bella Prova del Falco Trae Young (30-2-8 e 11/15 dal campo) e tripla doppia del Guerriero delle Autostrade CJ McCollum (28-10-10)