Quando a Bologna giocavano Rigaudeau e Myers, Ginobili e Askew, Gilmore e Cosic, ovviamente arrivavano risultati di tipo diverso da quelli degli ultimi tempi.

Ma quella superiorità di risultati che nel tempo si cristallizzò nella dicitura “Basket City” non è mai stata usata da nessun bolognese se non per motivazioni mediatiche. Esattamente come nessuno che sia di San Francisco chiama Frisco la propria città. Quei risultati erano in parte figli di programmazione e denaro. Nell’ordine citato. Ed erano la più fragorosa estrinsecazione di una verità che vale tuttora: la expertise infinita che avvolge la città quando si scende in tema di cucina, donne e basket. La programmazione dipende anche da fattori culturali e di preparazione che sono estranei al portafoglio, ed anzi spesso ne guariscono i vuoti. E se devo individuare un vuoto recente e di medio periodo è proprio al capitolo: dirigenti. Le vicissitudini della F sono ora un po’ più lontane e mitigate dai risultati della gestione Boniciolli con coach Politi ad assisterlo. La società, pur presente, attiva e strutturata, ha mostrato a volte una certa permeabilità alle invasioni della tifoseria organizzata e alle ventate mediatiche di questo o quel soggetto che si dice pronto a comprare, sborsare, far decollare. La V invece, dall’addio di Claudio Sabatini, discutibile ma sicuro e individuabile “uomo al comando”, si è data forma societaria particolare: una Fondazione Virtus che regna, foraggia, ma non comanda sulla Virtus che fa basket. O, almeno, ci prova. In soli tre anni è già nutrita la schiera dirigenziale presente e passata della neoretrocessa, e tra Fondazione e Basket il passaggio è permeabile a seconda che si voglia declinare una colpa o assicurarsi un merito. Pur nella galanteria della forma, questi difetti e incongruenze son emersi anche nella conferenza stampa di Basciano e Bucci (molto più bascianesca che bucciana): citiamo ad esempio la risposta secondo cui l’esonero eventuale di Valli era competenza della parte Basket e non della parte Fondazione; però la Fondazione dovrebbe criticare in privato e non pubblicamente….da qui in poi iniziano tutti gli eccetera e i distinguo che non risolvono nulla e non hanno, nella storia di qualsiasi sport, mai portato ad alcun brillante risultato.
Indipendentemente dalla categoria in cui le squadre giocheranno, vorrei però gettare una manciata di ottimismo sulle voci e facce da funerale che si vedono in giro a proposito di Bologna e del suo Basket dopo la retrocessione della V. A Bologna si respira basket, e si produce basket con elevata professionalità. Detto del momentaccio dirigenziale, nascono e crescono giocatori, nascono e crescono allenatori. Proprio sui coaches vorrei soffermarmi, per sottolineare e certificare che la cultura cestistica della città forse non vive il suo momento migliore, ma non è in declino, tantomeno sta sparendo. Rapido giro delle panchine di SerieA Beko: a Bologna sono nati/sbocciati/si son formati (anche da giocatori), Valli, Bucchi, Esposito, Moretti, Vitucci; ci hanno allenato, con pagine significative e non, Repesa e Pancotto. Scendendo in LNP troviamo Pillastrini, Boniciolli (che è nato con Tanjevic, ma ha avuto le prime pagine ufficiali nella Bologna della prima era Seragnoli) e Politi, Finelli. Per non parlare di due, al momento esterni, che hanno fatto abbastanza bene in carriera: Ettore Messina e Sergio Scariolo. Non ultimi dobbiamo contare anche gli allenatori delle formazioni giovanili, che, per quanto soggetti alle onde che una carriera da coach sempre comporta, hanno contribuito a creare ed espandere la cultura cestistica bolognese. Sono in piena corsa (Bebo Breviglieri e il suo staff), o hanno appena subito la mareggiata, ma torneranno (Consolini e Sanguettoli). Poi DalMonte, Bucci, DiVincenzo, Calamai, Fucà, Dario Bellandi.
E’ vero: pochi soldi e programmazione non esaltante hanno bussato anche alle porte di Bologna, pur in epoche diverse, e chi prima ha goduto ora piange amaro (ops…ho lasciato i coriandoli in giro scusate..). Ma se guardate bene nei rosters delle vostre squadre, cari lettori, di quella della vostra città o di quella per cui tifate, troverete un giocatore o un allenatore che ha avuto a che fare con Bologna, che a Bologna è nato o si è sviluppato per il salto di carriera; senza sparare ai vertici, un Gaddefors o un Cortese. L’arte è imparata da tempo, sotto le Due Torri, ed è messa sempre in pratica. Quindi perché tanto lutto, onorandissimo Sandro Gamba? Da un altro lato, sarebbe necessario che il Movimento prestasse maggior attenzione a Bologna, non solo quando cade. Per esempio il mancato premio di coach of the year lo scorso anno, ha fatto sembrare la stagione di Valli e di quella V una cosa normale, mentre la mediaticissima Trento raccoglieva onori a man bassa. Tanto normale non era, e lo si è visto quest’anno: anno in cui, a parità di persona, l’allenatore ha reso meno, e, con infortuni in più e un Arrigoni in meno, gli USA “di rimedio” son stati quasi un pianto. E’ vero che i premi cui facevamo riferimento sono un’appendice e non la sostanza, ma un maggior equilibrio gioverebbe a tutto il basket, anche perché sarebbe culturalmente edificante premiare il lavoro di chi maggiormente lo merita nel momento in cui lo merita. E a questo proposito, indipendentemente da come finiranno i Playoffs di LNP, sarebbe bello che tutti al momento giusto si ricordassero che un basket come quello della F di questi ultimi due anni non si vedeva dai tempi di Trieste e dei suoi bambini prodigio (DePol, Fucka, Bodiroga, allenatore Tanjevic).