In campo letterario la pallacanestro è stata, frequentemente, oggetto di ispirazione in vari settori della letteratura.

Tra i testi più interessanti c’è sicuramente Basket & zen di Phil Jackson e Hugh Delehanty, che tratta del rapporto tra sport e filosofia ed è adottato anche da molti corsi di management aziendale per sviluppare in particolare le tecniche di team building, empatia e gestione del gruppo; il tema è l’analogia e la relazione tra la gestione di una squadra di pallacanestro e quella di un’azienda.

Jackson ha vinto dodici titoli N.B.A.: uno come giocatore dei Knicks e undici come coach più vincente della storia, prima ai Bulls di Jordan (con personalità “difficili” come Rodman), poi ai Lakers di Bryant e O’Neal (tostarelli pure loro…).

Alcune riflessioni, dettate dalla filosofia zen, sono utili anche nella vita quotidiana come, ad esempio, la necessità di sviluppare, continuamente, il proprio talento e di mantenere la concentrazione per tutta la gara (gara intesa come metafora della vita), non facendosi distrarre dagli insulti (leggi avversità della vita).

Un altro libro che riesce ad allontanarsi dai tecnicismi del basket ed è, quindi, interessante sotto il profilo strettamente culturale è Lost Souls Storie e miti del basket di strada di Christian Giordano. Tante storie immerse nella cultura americana, ma anche nella violenza dei ghetti di New York, Los Angeles, Chicago, Detroit e altre metropoli disagiate. Come scrive Federico Buffa nella prefazione: «Conosco Lost Souls, perché conosco le lost souls. Se lo state per leggere è perché siete anche voi morbosamente attratti da chi è passato col rosso nella vita. O magari perché – se Dio vuole – le loro storie non si vedono su YouTube e ci costringono ancora a farsi immaginare». Ritratti di giocatori di strada, leggende dei playground, che non hanno sfondato nella N.B.A., “cresciuti alla dura legge dello street basketball: “no blood, no foul”, “niente sangue, niente fallo”.

Altre star del basket si sono cimentate con la scrittura impegnandosi in aspetti extracestistici. E’ il caso di Larry Bird e Earvin Magic Johnson in Il Basket eravamo noi. Due icone degli anni Ottanta, estremi a confronto: Celtics e Lakers; bianco e nero; concretezza e fantasia; introversione e (apparente) spensieratezza. Tra loro, alla fine, ci si è messa la sieropositività di Magic (molto sensibile al fascino femminile) che ha dovuto abbandonare il suo sport. Due frammenti su tutti, uno di Magic: “E’ un peccato che Larry e io non possiamo andare avanti per sempre a giocare l’uno contro l’altro. Ho apprezzato ogni battaglia contro di lui, sia quelle vinte che quelle perse, perché quando giochi contro Bird e i Celtics giochi al meglio delle tue possibilità. Voglio ringraziare personalmente Larry Bird per aver tirato fuori il meglio di Magic Johnson, perché senza di te non sarei mai arrivato al top”, l’altro di Bird: “Quando sei giovane on ti interessa quel che è successo prima di te: vuoi fare la storia, non hai voglia di impararla”. Due caratteri diversi, stesso amore per il basket.

Molto bello anche Black Jesus. The anthology nello stile inimitabile e coinvolgente di Federico Buffa. Un viaggio nel mondo cestistico americano con aneddoti sulle stelle della N.B.A., sui miti delle high school, ma attenzione anche per storie meno conosciute come quelle di Earl the Goat Manigault e Ronnie Fields.

Tutto italiano Scarpette rosse. La storia dell’Olimpia Milano, signora del basket di Werther Pedrazzi. Come scrive Lauro è la storia, nei primi anni Cinquanta, di quando Adolfo Bogoncelli, storico presidente dell’Olimpia Milano, ordinò negli USA scarpette di tela che fece poi replicare in Italia in 500 paia. Nasceva così la leggenda delle scarpette rosse, riassunta in un libro dalle dotte citazioni in cui Pedrazzi – giornalista del Corriere della Sera, docente di Geografia economica ed ex cestista – racconta la storia di quella che (allora) era la “ventiquattresima squadra NBA” (oggi sono trenta). Pedrazzi dipinge “corpi intrecciati, amore e passione, dolore e furore, ferocia e lealtà, vittoria e sconfitta. Fotogrammi che si impongono con la prepotenza della memoria del cuore. Emozioni, “vita insomma”. Come un romanzo, come un Mahabharata dei canestri con l’Olimpia nei panni dei virtuosi Pandava ([1]) costretti a combattere, spesso in inferiorità tecnico-numerica, contro i loro cento cugini: Varese, Cantù, Pesaro, Siena…”. Scarpette Rosse si snoda nella Milano capitale economica, poi in quella “da bere” dei controversi anni Ottanta, icona di un tempo che fu ([2]).

Italianissimi, casertani, L’uomo dell’ultimo tiro di Sante Roperto che narra il personaggio Nando Gentile, capitano di una Caserta che seppe riscrivere la storia del basket italiano, vincendo il titolo nel 1991. Legato a Caserta anche A 40 minuti dal Paradiso, testimonianza di una storia, quella della JuveCaserta appunto, scritta a quattro mani dallo stesso Roperto e da Camillo Anzoini, due giornalisti che hanno vissuto in prima persona una “favola in bianco e nero” fino alla sfortunata gara che gettò nello sconforto i 2.246 casertani trasmigrati a Pavia che sperarono, invano, nella promozione della Juve in A.

Quando il basket era il Jordan. Aldo Giordani vent’anni dopo è l’atto d’amore per il più grande giornalista italiano di basket, a venti anni dalla scomparsa, da parte dei suoi allievi Luca Chiabotti e Flavio Tranquillo, infarcito di ricordi familiari ed episodi inediti su un mito di un’intera generazione di appassionati.

Anche il legame tra basket e musica è stretto, non solo perché la musica amplifica la suggestione della slow motion delle immagini spettacolari degli highlights, ma anche perché, negli U.S.A., basket e hip-hop sono i markers di una cultura afro e di strada, impadronitasi della N.B.A., esaltata da “Do the right thing” di Spike Lee.

Uno dei primi ad aderire a questo nuovo “way of life” fu “Air” Jordan, sanzionato dalla Lega per aver partecipato allo slam dunk contest del 1985 con monili d’oro al collo. Successivamente arrivò il dissing ([3]), i tatuaggi, le “rapperate” di Kobe Bryant e Tony Parker, due afroamericani di buona famiglia, e tanti altri eccentrici esprimenti musicali.

Eccentrico però non è stato l’happening all’insegna dei canestri e della musica Rhythm’n’Basket, organizzato da Claudio Coldebella e dal suo staff dalla Lega Nazionale Pallacanestro, in collaborazione con il canale tematico Hip Hop Tv, nei padiglioni della Fiera di Rimini, nel febbraio 2014.

Tanta musica, durante le partite e ancor di più dopo la sirena, con la partecipazione di tanti artisti hip-hop, seguitissimi dalle nuove generazioni.

Musica sparata a tutto volume, una trentina di ragazzini che corrono, palleggiano, si passano la palla e tirano velocissimi senza perdere il ritmo, né badando alla fatica e al sudore. L’ex cestista Mabel Bocchi coglie nell’aria energia, entusiasmo e divertimento seguendo un allenamento di Music Basketball. Massimo Antonelli, campione d’Italia con Bologna nel 1976, sostiene che quando l’agonismo si unisce alla creatività, lo sport diventa poesia e, con la musica, pura melodia. Il suo Music Basketball è un metodo che, con circa 850 specifici esercizi, si pone l’obiettivo di migliorare le abilità motorie e psicomotorie degli atleti, mettendo alla base la musica, “un’arte primordiale che Antonelli ha saputo fondere ingegnosamente, attraverso la scelta di specifici ritmi e canzoni, nell’esecuzione di ogni gesto tecnico offensivo e difensivo” ([4]).

[1] Nel Mahabharata,, uno dei testi sacri induisti, Pandava indica i virtuosi figli di Pandu, figlio di Vyasa, erede al trono di Bharata.

[2] LAURO M., Werther Pedrazzi, ‘Scarpette rosse. La storia dell’Olimpia Milano, signora del basket’http://www.panorama.it/, 13 ottobre 2013.

[3] Dissing, o beef, nello slang afroamericano deriva da disrespecting (non rispettare), ovvero schernire qualcuno con parole poco educate.

[4] BOCCHI M., Music basketball, la nuova sfida. Più spettacolo e velocità in campo.,  http://www.gazzetta.it, 19 marzo 2013.