Al termine del secondo conflitto mondiale, la gente aveva voglia di divertirsi per dimenticare le atrocità ed assurdità della guerra. La musica, il ballo, il cinema e lo sport fungevano da valvole di sfogo per lavoratori che stavano per dare vita al miracolo economico mondiale. 

Il 1º novembre 1946 fu disputata quella che, dalla stessa N.B.A., viene considerata la prima partita giocata, in assoluto, nella sua storia. 7.000 spettatori salutarono la vittoria dei Toronto Huskies (i progenitori dei Raptors di oggi), per 66-68, sui Knicks (curiosamente il “Mago” Bargnani lega questi due club). Ossie Schectman, guardia di 1,83 da 435 punti in 54 gare nei Knicks , mise a segno il primo canestro pro.

Allora la N.B.A. aveva solo diciassette franchigie, di cui otto tuttora esistenti: i New York Knicks; Boston Celtics; Golden State Warriors; Los Angeles Lakers; Sacramento Royals/Kings; Detroit Pistons; Atlanta Hawks e Philadelphia Nationals/76ers.

Oggi la N.B.A. è un qualcosa di completamente diverso, rispetto agli albori. E’ una lega sportiva, oltre che uno spettacolo planetario, con trenta franchigie, tra cui i canadesi Toronto Raptors, giocano una estenuante stagione di 82 gare in regular season che inizia a novembre e termina a giugno con le Finals dei playoff, uno degli appuntamenti televisivi più seguiti del pianeta. Un business in cui il basket è solo uno degli aspetti, il principale ovviamente, ma non quello che produce maggiori ricavi. Infatti i diritti televisivi sono stati ceduti ad emittenti di duecentododici paesi che trasmettono in oltre quaranta lingue diverse. A partire dalla stagione 2016/17, l’accordo novennale recentemente firmato con Turner Broadcasting System e The Walt Disney Company, per la trasmissione delle partite in televisione, frutterà alla N.B.A. ventiquattro milioni di dollari ([1]).

In Europa il basket era giunto nel lontano 1893, ma la sua popolarità crebbe, soprattutto, dopo il secondo conflitto mondiale grazie alla massiccia presenza delle truppe americane nel Vecchio Continente.

Il numero dei praticanti cresceva notevolmente e ben presto si avvertì l’opportunità di istituire un’associazione per coordinare le attività degli organismi nazionali. Nacque così, a Ginevra, nel 1932, la F.I.B.A. di cui fu nominato presidente onorario proprio (e giustamente) il prof. James Naismith, inventore del gioco.

Nel 1934 la Federazione fu affiliata al C.I.O. ([2]). Nel 1935 fu organizzato, sempre a Ginevra, il primo campionato europeo vinto dalla Lettonia che sconfisse in finale la Spagna per 24-18. L’Italia del c.t. Marco Muggiani finì settima battendo la Bulgaria per 35-22 (già peraltro battuta 42-23 nelle eliminatorie), ma si rifece nel 1937 vincendo l’argento beffata dalla Lituania 24-23.

L’anno dopo, ai Giochi di Berlino, Naismith fu costretto ad accomodarsi in tribuna affianco ad Hitler, ma ebbe anche la soddisfazione di alzare la prima “palla a due” olimpica e premiare la formazione U.S.A., guidata da coach Needles, che, dopo aver battuto il Messico in semifinale per 25-10, regolò nella finale per l’oro il Canada per 19-8, mentre la medaglia di bronzo fini al Messico che sconfisse nella finalina la Polonia per 26-12. Per gli USA, in finale, ben 8 punti di Joe Fortenberry (pivottone di 2.03), dopo i 21 rifilati alle Filippine nei quarti; si narra che Fortenberry sa stato il primo “schiacciatore” della storia. In finale, per gli USA, anche 2 di Ragland che ovviamente (siamo nel ’36), non era quello di Cantù e Milano!

In Sudamerica il basket era molto praticato: il primo campionato continentale si disputò nel 1930 e fu vinto dall’Uruguay. La tradizione si rinnovo circa venti anni dopo, al primo campionato del mondo maschile, organizzato in Argentina.

Nel 1950, alla prima rassegna mondiale, parteciparono dieci nazioni, tra cui solo tre europee (Franca, Spagna e Jugoslavia) e l’Egitto. La vittoria andò ai padroni di casa che vinsero le sei partite del girone finale, battendo i maestri USA per 64-50; solo sesta la Francia, prima delle europee.

Nel 1953, in Cile, si disputarono i primi campionati mondiali femminili con due sole europee (Francia e Svizzera) su dieci partecipanti nella rassegna iridata vinta dagli U.S.A., davanti alle padrone di casa, alle francesi e alle brasiliane.

Dopo il secondo confitto mondiale la pallacanestro sbarcò anche in Africa, ma la F.I.B.A. riconobbe il movimento africano solo in occasione dell’assemblea tenutasi a Roma in occasione dei Giochi del 1960. In quella sede fu approvata l’istituzione di una vicepresidenza con delega per il continente africano e fu dato mandato alla federazione egiziana (la più rappresentativa, in quel momento) di organizzare un’assemblea per la creazione del comitato locale.

Il primo campionato africano maschile, a cui non presero parte i padroni di casa, si svolse in Egitto nel 1962 e fu vinto dalla Repubblica Araba Unita. Da allora si sono tenute altre ventisei edizioni dei campionati dominati, nell’ultimo ventennio, dall’Angola che ha vinto anche l’ultima rassegna organizzata, nel 2013, in Costa d’Avorio, battendo in finale l’Egitto.

In Asia, in particolare in Cina, la pallacanestro arrivò tra il 1920 e il 1930 per volere di Mao Tse-Tung, anche se la vera diffusione avvenne, ancora, grazie ai missionari della Y.M.C.A. che sbarcarono a Tianjin, quarta municipalità della Cina per popolazione dopo Shangai, Pechino, e  Chongqing.

La febbre del basket, in Cina, scoppiò alla fine degli anni Settanta, dopo le prime liberalizzazioni, quando cominciarono ad arrivare in Cina le immagini delle partite della N.B.A. fino ai megagalattici ingaggi attuali. La scuola cinese ha prodotto buoni giocatori (grazie all’enorme serbatoio cui attingere) tra cui Yao Ming, centro di 2.29, primo a sbarcare tra i professionisti U.S.A.([3]), che per dieci anni ha giocato nei Rockets.

In Oceania, nel 1967, la F.I.B.A. creò una sezione con sede in Australia alla quale sono affiliate ben ventuno federazioni continentali, tra cui alcune davvero molto piccole. Il primo torneo continentale fu disputato nel 1971 in Australia e vinto dai padroni di casa sulla Nuova Zelanda.

Nelle ventuno edizioni dei campionato oceanici disputate, predominio dell’Australia (settima alle ultime Olimpiadi) che ne vinte diciotto, mentre le restanti tre sono andate alla Nuova Zelanda. Entrambe hanno prodotto cestisti che sono riusciti ad affermarsi anche tra i professionisti come Bogut, Irving, Gaze e Jawai, primo aborigeno della storia della N.B.A.

La popolarità del basket raggiunse l’apice, a detta dei critici, alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992. Tre anni prima la F.I.B.A. aveva ammesso ai Giochi anche i professionisti della N.B.A. Dopo lo scioglimento, l’ex U.R.S.S. fu rappresentata da una formazione delle repubbliche sovietiche denominata “Comunità degli Stati Indipendenti” e con la Lituania, ormai autonoma. L’altra grande potenza europea della pallacanestro, l’ex Jugoslavia, ormai disciolta, fu rappresentata dalla squadra croata più forte di sempre.

Sino al 1992 gli USA avevano snobbato la manifestazione, decidendo di schierare, alle Olimpiadi, formazioni composte, esclusivamente, da atleti di college; universitari che non avevano mai giocato nella N.B.A: Alcune cocenti sconfitte, su tutte quella casalinga nel 1987 ai Giochi Panamericani di Indianapolis per mano del Brasile di Oscar Schmidt (il più grande tiratore  di tutti i tempi, detto Mao Santa, Mano Santa) sui padroni di casa, spinse i dirigenti della federazione ad inviare a Barcellona la miglior formazione possibile, per evitare nuove brutte figure.

La squadra americana fu il primo Dream Team della storia che poteva contare sui migliori giocatori della N.B.A., personaggi conosciuti in tutto il pianeta come Earvin “Magic” Johnson; Larry Bird; “Air” Michael Jordan; con un solo universitario: Christian Laettner di Duke.

Gli americani, con 22 di MJ, stravinsero ogni partita rifilando nella finale di Badalona un pesantissimo 117-85 alla Croazia di Kukoc e Radja e di “Mozart” Drazen Petrovic, top scorer con 24.

Nell’ultimo secolo la diffusione e la visibilità del basket sono state planetarie ed hanno superato differenze politiche, sociali e razziali, valicando ogni ostacolo, Muro o Cortina. Oggi la pallacanestro si pratica nei Paesi evoluti come in quelli del cosiddetto Terzo Mondo.

Come hanno sottolineato Arceri e Bianchini ([4]), la sua particolarità è che, diversamente da ciò che è accaduto con altri sport tipicamente statunitensi come football americano e baseball, è diventata disciplina universale, terza per numero di praticanti negli Stati Uniti e prima per diffusione nel mondo. La ragione di ciò è strettamente legata a quella della sua genesi: Naismith insegnava all’Y.M.C.A., un’associazione religiosa protestante che plasmava centinaia di missionari da inviare in giro per il mondo che “portavano il verbo di Dio in una mano e un pallone da basket nell’altra”.

Il basket, come il ping pong, anche, prima delle diplomazie, ha creato un ponte tra le due superpotenze USA e Cina dopo che aveva fatto altrettanto tra USA e URSS negli anni della guerra fredda.

(to be continued)

[1] BELLINAZZO M.,  Il “modello” Nba: il nuovo accordo sui diritti tv (2,5 miliardi di dollari a stagione) e l’impatto sul salary cap, IL SOLE 24 ORE, 7 ottobre 2014.
[2] C.I.O. è la sigla del Comité International Olympique, il Comitato Internazionale Olimpico,  massima espressione dello sport mondiale creata, nel 1894, dal francese Pierre de Frédy, barone di Coubertin, con lo scopo di rivitalizzare le Olimpiadi, enfatizzando i  valori dello sport e dell’etica.
[3] PELTRERA A., La storia del basket cinese, da Sportando.com, 5 settembre 2014.
[4] BIANCHINI V. e ARCERI M., La leggenda del basket, Ed. BALDINI-CASTOLDI-DALAI, 2013.
 

Tratto dalla tesi di laurea in Scienze delle Comunicazione di Eugenio Simioli: I diritti audiovisivi nello sport con particolare riferimento al basket di serie A.