“..questa preghiera per uno che si è perso, e dunque, a dirla tutta, preghiera per me”.

Così faceva dire Alessandro Baricco a un personaggio di Oceano Mare. La preghiera di Abdul Jeelani, nato Gary Cole prima della conversione all’Islam, era stata ascolata. In un modo folle, come spesso accade: il campione si era perso, senza lavoro, senza casa, homeless tra tanti che conducevano la loro vita in un ospizio a Racine; una delle tante città chiamate Racine negli USA, solo che questa, probabilmente, è la più gelida, in Wisconsin.
Il Campione, forse perchè si era sotto Natale, una sera prese coraggio e attaccò discorso con un volontario italiano, dicendogli che parlava anche lui un po’ della sua lingua. Come mai? Giocavo a basket, ho giocato in Italia, a Roma e Livorno. Scusa, puoi ripetermi il tuo nome?
E piano piano l’identità si riformò, il Campione tornò ad essere conosciuto, dopo tutti gli errori, le curve sbagliate e le dissolutezze. Un aiuto di cui tanti avrebbero bisogno, un aiuto che toccò lui grazie alla memoria di quel volontario, ad un articolo, che ricordo benissimo tuttora, di Andrea Barocci (curioso anagramma di Baricco, ma anche questo è un regalo di Jelaani), e alla opera di Simone Santi, che nel 2011 come Presidente della Basket Lazio, riuscì a far venire il Campione in Italia per allenare i ragazzini del vivaio. Ci volle un po’ per far avere il passaporto a quel barbone, ci volle un po’ per sistemare le pendenze di quel barbone con l’IRS, il fisco americano. Ma alla fine arrivò. E iniziò a rinascere. Grazie al basket e alla memoria di chi lo aveva visto giocare o solo sentito nominare. Nel 2011 fu il suo terzo viaggio italiano. Venne nel 1977 una prima volta, a Roma, quando ancora era Gary Cole, per giocare appunto nel Basket Lazio: insieme a lui lo straniero era Bob Elmore, che morì di overdose di eroina; un modo per ricordare che, per ognuno che si salva, un altro per sempre si perde. Poi tornò in patria, giocò per Portland e Dallas. Non una carriera da Michael Jordan: anzi, a Dallas lui finì perchè la neonata franchigia del Texas ricevette, come accaduto in seguito per Orlando e Charlotte, Vancouver e Toronto, dei giocatori dalle squadre già parte della NBA, al fine di creare un roster almeno decente con cui affrontare la prima stagione. Nei cosiddetti expansion rosters, quindi, si trovano giocatori che le altre franchigie non reputano esattamente necessari, ma la stagione di Dallas portò luci davvero particolari al Campione, e un record inestirpabile: fu lui a segnare i primi 2 punti della storia dei Mavs. Accadde in una inaspettata W all’esordio contro gli Spurs, una storia da film, come sempre in tutta la vita del Campione. Non è finita qui. Prime 12 da titolare, poi Dick Motta lo mette sul pino a favore di un giovanissimo Kiki Vandeweghe. La cosa non è gradita al pubblico texano, che dopo qualche partita comincia a tifare apertamente per avere Jeelani in campo, fino a che, una sera, dopo 3 quarti senza levare le terga dalla panca, il coach ascolta la folla e mette Jeelani in campo; risultato: 20 in un quarto, e il pubblico impazzito a urlare AB-DUL AB-DUL!!!! I media, ma Jelaani stesso, rimasero molto colpiti dal fatto: era la notte di Santo Stefano, e a quei tempi non era comune che venisse fatto un tifo infernale per un musulmano convertito, e per di più nel pieno della enfasi e della spiritualità natalizia, e….in Texas. Le imprese da quarto periodo si ripeterono: le franchigie di espansione sono condannate a 2 o 3 stagioni orrende, e di conseguenza qualunque situazione favorevole può venire enfatizzata e sfruttata al fine di creare seguito per la squadra. Il 13 Gennaio 1981 segnò 16 per battere a Dallas i Bulls, e il 17 fece 21 contro i 20 totali di tutti i Knicks per un’altra W casalinga. “Mr. 4th Quarter” era nato e fece vendere parecchie magliette in più ai Mavs. Dopo quella stagione torna in Italia, per la parentesi più memorabile: gioca a Livorno dal 1981 al 1985, sponda Libertas, e letteralmente incanta. 206 cm di tecnica ed agilità mai viste in Italia. Ricordo una gara in cui stava dominando da solo contro la F. Di solito ho ricordi nitidissimi delle gare della F, anche di quelle dei miei inizi al Palazzo: di quella partita no, ricordo solo lui che segnava SEMPRE, in modi che non avevo nemmeno sognato da parte di un giocatore di 190 cm, figurarsi da uno di quasi 20 cm più alto. Fu uno dei primi a lasciarmi a bocca aperta, a farmi domandare da dove cavolo venisse, a farmi capire che per quanto amassi la F, dovevo dare serie e frequenti occhiate al di là dell’Atlantico.
Poi si perse. Droga, scelte, matrimoni sbagliati, figli trascurati o troppo amati. Si perse. Una notte, sempre sotto Natale come la prima apparizione di Mr. 4th Quarter, lo ritrovarono; si fece ritrovare, perchè spinto dalla dolcezza di quei ricordi seppe rompere il muro di sensi di colpa e vergogna che tanti provano, tra coloro che si perdono, e attaccò discorso….conosco un po’ l’italiano, giocavo a basket. Era uno dei miei idoli da ragazzino e mio amico su FB. Mi faceva sempre gli auguri e ogni tanto ci mandavamo dei pollicioni o dei sorrisi. Roba da social, nulla di più, ma le radici erano in quei giorni, in quelle partite, in tutto quello che basket significa/significava/ha significato per lui e per me. Un saluto, una lacrima e nessun augurio: so che il riposo sarà pace.

PS. Nella foto di questo pezzo, Jeelani è il #11, secondo da sinistra. Ma dato che la sua vità è stata davvero un film, dovete assolutamente sapere. Che gli ultimi due a destra, il bianco #45 e il nero #53 sono rispettivamente Marty Byrnes, che ha giocato benino a Cantù, e Clarence Kea, che ha giocato favolosamente a Roma, centro (di 192 cm a esser generosi, ma 192 era anche il giro del suo sederone..) del BancoRoma di Valerio Bianchini, Campione d’Italia e d’Europa; che il più alto, con le baccia incrociate al petto, al centro, era appunto tale, si chiamava Jerome Whitehead, vinse un titolo NCAA con Marquette e condusse decente carriera NBA, soprattuto con i Clippers a metà degli anni ’80: è morto giovane anche lui, a 56 anni, col fegato distrutto dall’abuso di alcolici.