Più storie e un po’ meno cronaca oggi: 10 gare nella NBA stanotte, ma andrò per 4 di esse, concentrando l’attenzione sui figli di……

Allenatori figli di allenatori: Mike Malone e BJ Bickerstaff hanno padri che hanno allenato ad alto livello. Papà Bernie (Bickerstaff) ha avuto una carriera lunghissima (1968-2014) vincendo due Anelli, uno da assistente (Bullets 1978) e uno da manager (Cavs 2016), allenando da capo una delle migliori parentesi dei Seattle Supersonics (1985-90); il figlio BJ, non uno dei nostri coach preferiti, è al momento lontano dal padre anche se i suoi Grizzlies non stanno andando male: 6-4. Mike Malone, coach di Denver è, invece. uno dei miei preferiti: oltre al bel lavoro che sta facendo ai Nuggets portandoli da record perdente all’attuale secondo posto della Western Conference, due cose sono da dire al suo riguardo. La prima è che, nel campo del coaching, è come se fosse figlio di un Magic Johnson: suo padre è infatti Brendan Malone. Conosciamo il valore del basket scolastico, liceo e college, e il valore del basket scolastico di New York (altrimenti potete leggere lo splendido The City Game, di Pete Axthelm): Papà Malone ha contribuito a costruire la leggenda della pallacanestro nella città, e i suoi insegnamenti (varianti della Princeton Offense e uso del back-door) sono scolpiti nella bibbia del Gioco. Brendan, età 76, è ancora attivo: carriera iniziata nel 1967, aveva detto basta nel 2012 (assistant ad Orlando), ma tornò sui propri passi accettando l’offerta di VanGundy ai Pistons (era uno di quelli che avrebbe voluto tenere Datome), e anche se ora non ha un pino ha pensato di non dichiarare mai più “I’m off”. La seconda cosa è che Mike nasconde già nella propria carriera uno dei grandi WHAT IF della NBA recente: cosa sarebbe successo se non fosse stato follemente silurato dai Kings mentre era all’inizio di un percorso simile a quello intrapreso a Denver? Cousins sarebbe ancora a SAC, e così Isaiah Thomas (sotto coach Malone era l’uomo che segnava di più nella NBA uscendo dalla panchina: 16.5 a gara), e i Kings sarebbero ben altra cosa: è la mia opinione. Stanotte Grizzlies vincenti contro Denver in una gara punto a punto decisa dalla incomprensibile (per un Europeo) mania dei coach USA di non far fallo negli ultimi due minuti delle gare tirate. Il fallo è arrivato lo stesso, ma quando non doveva, e Memphis ha potuto mettere la testa avanti e lasciare che l’azione dell’Ave Maria di Denver fallisse. Nei Grizzlies Mike Conley, figlio di Mike Conley, continua a fare una fatica pazzesca nel reggere i ritmi col suo fisico provato da tanti infortuni, ma a dispetto di numeri cosìcosì (4-3-8) ha firmato come ai vecchi tempi, splittando il raddoppio sul pick and roll e imbucando il pari 87.

Giocatore figlio di giocatore: il padre irraggiungibile da parte del figlio. Parlo di Tim Hardaway Senior e Junior, con Piccolo che stanotte ha infilato un’altra di ormai non poche eccellenti prestazioni: 34-3-3 per portare i Knicks a battere ad Atlanta gli Hawks (Trae Young 15-5-8 ma 1/7 da 3, siamo a 19/70 in stagione..). Purtroppo per il figlio, Tim Padre è una delle leggende della NBA: suo il brevetto del doppio crossover entrambi i palleggi in mezzo alle gambe, membro del famigerato RUN TMC (con Chris Mullin e Mitch Richmond in campo, George Karl al suo meglio in panchina) dei GS Warriors tra 80’s e 90’s. Continuando a parlare di allenatori: non siamo grandi fan del modo un po’ da bullo che coach Fizdale tiene verso i suoi giovani Knicks, ma non ha torto quando dice che non giocano mai 48 minuti: anche stanotte han beccato -9 nel quarto periodo, facendo venire agli Hawks l’idea di rimontare una gara strapersa.

Giocatore figlio di giocatore: il figlio arriva in luoghi mai neppure immaginati dal genitore. Ben Simmons è figlio di David, nato a NY ma diventato uno dei giocatori più importanti della NBL Australiana. Buon giocatore, ma nulla in confronto al figlio. Quest’anno Ben sta avendo numeri meno roboanti di quelli di Embiid, ma è sempre l’architrave dei Sixers: stanotte 16-10-8 con 2 stoppate per battere 100-94 i Pacers ad Indianapolis, nonostante un grande Oladipo (36-6-7 con 3 rec e 2 stoppate) e un eccellente Sabonis Minore (16-11-3). Il figlio di Arvidas non può eguagliare il padre nemmeno in 1000 anni, ma, se continua a giocare così e a non partire in quintetto, diventa il più serio candidato al titolo di Sesto Uomo dell’anno.

La tematica “figlio di” diventa problematica arrivando alla W dei Lakers vs i T’Wolves, pensando all’esuberante paparino di Lonzo Ball, al cui confronto il padre di Monica Seles è De’Gasperi. Preferiamo soffermarci sul padre di Brandon Ingram, che non ha mai giocato da pro né è mai andato al college: Donovan, quando ha dato i natali a Brandon, era un poliziotto nella natia Kinston, North Carolina, uno dei posti con il crime-rate più alto degli USA. Era anche una leggenda dei campetti, dove divenne amico di un altro nativo del luogo: Jerry Stackhouse, star dei Tar Heels poi grande giocatore NBA, nonché mentore del piccolo Brandon. Stanotte la partita LAL-MIN è stata un clinic su come NON si deve difendere, ed un clinic di tiro da 3. I T’Wolves sono partiti a razzo, 6 triple su 8 nel primo quarto, e dopo 4 mins del secondo periodo avevano già raggiunto la loro media stagionale di trepunti infilati (10). Il primo Laker a reagire è stato Javale, figlio di Pam McGee, forse la migliore giocatrice di basket di sempre con buona pace di Cheryl Miller , sorella di Reggie, e delle protagoniste della WNBA; però c’era bisogno di qualcuno che facesse la voce grossa anche dietro l’arco: è arrivato il 4/4 di Josh Hart a togliere la ruggine dalle mani dei compagni. Eccetto Rondo e Lonzo: le due pg dei Lakers combinano per 2/13 al tiro, ma mettono anche insieme 16 ass perdendo solo 4 palloni. Il fatto che i Lakers, pur in volata, abbiano vinto una gara contro una formazione che infilava di tutto (20/40 da 3 alla fine) depone a favore del lavoro del coach, ultimamente contestato nonostante le rassicurazioni di Magic: Luke Walton  è figlio del grande Bill, uno dei migliori 10 centri (fate anche 5) della storia del Gioco. Numeri dello shootout: D-Rose 31 per 7/9 da 3 (che sia davvero del tutto recuperato???), Jimmy-B 24 per 5/8, Wiggins 3/7, Taj Gibson persino lui 3/5 tutte angolari (dove la distanza è inferiore), il giovane Brandon 20 per 2/3, LeBron 24 per 3/9, Kuzma 21 e 4/7, Hart 21 in 21 mins con 5/7. Debutto da Laker per Tyson Chandler: figlio di L.A. dato che Hanford dista (parametro losangelino) solo 3 ore dallo Staples Center e che è arrivato nella NBA dalla Dominguez HS che sta a Compton, 15 minuti dal vecchio Forum di Inglewood.