Una medaglia olimpica è la stella cometa che ogni sportivo insegue per una vita”, evidenziò qualche anno fa Gregorio “Greg” Paltrinieri parlando del sapore, decisamente unico, che solo una vittoria a cinque cerchi sa regalare. È un traguardo unico che, allenamento dopo allenamento, diventa quasi ossessione, un chiodo fisso anche per un pluricampione del suo calibro, che a Rio 2016 arrivò con in tasca il titolo mondiale dei 1500 stile libero e il titolo europeo negli 800 e nei 1500 stile libero; nonostante ciò, nessuna sindrome da appagamento lo colse in vasca e l’Oro nei 1500 divenne una splendida realtà.

Se è vero che i Giochi sono sinonimo di inclusione e partecipazione, aspetto teoricamente più importante della vittoria, almeno secondo il Barone Pierre De Coubertin, è altrettanto vero che “…i primati mondiali sono fatti per essere battuti mentre un oro olimpico resta per sempre”, come ebbe a dire diversi anni dopo Usain Bolt, un altro fenomeno che non ha certo bisogno di presentazioni. E se per noi italiani alcuni successi olimpici come quelli di Mennea, Bordin, Tamberi, Jacobs o dei fratelli Abbagnale sono e resteranno scolpiti nella memoria, a livello internazionale non si può non ricordare una delle medaglie più controverse della storia, quella che si aggiudicò la nazionale dell’allora Unione Sovietica a discapito degli Stati Uniti d’America nel torneo di pallacanestro di Monaco 1972… (a cura di Andrea Ninetti) – Continua a leggere su Basket Story #38 


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