Masnago, Piazza Azzarita, via Guasco, Villorba: sono le ultime cattedrali di Serie A del nostro basket, luoghi speciali per allenatori, giocatori e tifosi. Questi impianti e altri loro colleghi, alcuni scomparsi, sono parte della storia della pallacanestro italiana.

Questo non è un semplice articolo di pallacanestro. È un itinerario a tappe. È uno stradario ideale che ci porta alla riscoperta di quei palasport con alle spalle una lunga e onorata storia di basket, di partite entusiasmanti, di giocatori leggendari. Un tempo la Serie A viveva soprattutto delle atmosfere uniche di ciascuna arena, a cominciare da quei campi in cui il pubblico si faceva sentire davvero. Chi ha qualche capello bianco in testa o è affetto da calvizie può certamente ricordare gli spettatori accalcati gli uni sugli altri al vecchio Chiarbola di Trieste oppure il tifo incessante e quasi intimidatorio nei confronti degli avversari dell’hangar di Viale dei Partigiani a Pesaro.

E che dire dell’architettura particolare del Dodecaedro di Siena o dell’astronave del Parco Ruffini a Torino? Oppure del Palazzone di San Siro, dove dagli spalti superiori si faticava a riconoscere i giocatori in campo – e ciò nonostante il pienone era assicurato. O ancora il fu Mario Argento a Napoli, oggi monumento all’italico modo di gestire la cosa pubblica a suon di varianti in corso d’opera che non portano a nulla, se non a ruderi inservibili (e in questo, anche l’incompiuto PalaBabele di Cantù avrebbe qualcosa da dire).

Da questi luoghi, in diversi casi il basket di Serie A è sparito. Per problemi strutturali, per l’arrivo di nuove arene più capienti e al passo con i tempi, per scomparsa (a volte temporanea) della squadra di riferimento, per impossibilità di rinnovo dell’omologazione… (a cura di Federico Bettuzzi) – Continua a leggere su Basket Story #38 


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