Si è chiusa una stagione NBA che passerà agli annali.
Non solo perché alle Finals sono arrivate le due SQUADRE migliori, non solo perché la migliore ha vinto. Nel 2021/22 sono arrivati al capolinea, o hanno imboccato l’ultima svolta, molti personaggi o situazioni diventati ormai insostenibili, ingestibili, inammissibili. Lo sguardo andrà da vicino a sempre più lontano, esaminando non solo la gara di ieri che ha eletto GS Campione NBA 2022, ma anche il futuro dell’Associazione: serviranno due giorni, quindi occhio anche a domani.
IERI. Con 22 palle perse non si vince nemmeno in RS a Novembre; non sarebbe necessario indagare oltre, ma vogliamo invece scoprire che il quintetto di BOS ha perso 18 palloni e che le 4 perse dalla panchina sono arrivate a ritmo di una ogni 10 minuti per 4 giocatori: significa che anche loro sono andati al ritmo di 20 perse in singola gara. Inoltre si è confermato che Jayson Tatum, ancora, non appartiene al primissimo piano. L’ex Duke U. è al momento inferiore a Jaylen Brown quando l’aria diventa rarefatta; in tutta la serie finale ha tirato 24/76 da 2, il 31.5%. Kobe non tirava così nemmeno coi rotatori della spalla non operati, Jordan non ne parliamo nemmeno. Alle perse dei Celtics hanno fatto da contraltare i recuperi di GS (13) e il differenziale perse/recuperi: -2 per gli Warriors che unendo il dato delle stoppate entrano in territorio positivo (+5); -14 BOS che rimane in negativo anche con le stoppate (-6). Una forbice di 11 che rappresenta quasi per intero i 12 tiri in più presi dai Californiani, che hanno gestito #6 mettendosi presto (prima metà del secondo periodo) alla testa di una gara che, dopo, non ha più avuto storia.
LA SERIE. I Celtics hanno perso l’Anello in #4, quella dei 43 di Steph ma soprattutto degli ultimi 8 con meno di 3 mins da giocare: i Celtics erano -1 e sono finiti istantaneamente sotto di 8 chiudendo -10. Avessero evitato quella sconfitta, i biancoverdi avrebbero di certo chiuso in 5 partite. Non è per amore del “what if” che dico questo, ma per sottolineare come GS abbia potuto giovarsi di una incredibile esperienza ad altissimo livello. Le loro energie infatti, nervose e psichiche, si sono rivelate superiori a quelle di BOS, e non solo a causa delle due Gara7 giocate da Boston. Il momento in cui gli Warriors hanno più rischiato in tutti i PO, a parte #4 delle Finals, è stata infatti la serie di secondo turno vs Memphis: eppure, nonostante quella pressione, hanno saputo mollare e riposarsi a comando come testimoniato dal passivo di -55 che avevano beccato fuoricasa nella gara giocata poco dopo il terribile Uvalde shooting.
IL FUTURO. Radioso per entrambe le squadre. Già i siti più sconci, sia italiani che USA, hanno iniziato a fare fumo grigliando (e male) improbabili trade, ma a capo delle due franchigie stanno uomini che hanno ampiamente dimostrato di sapere come si costruiscono le squadre e le dinastie. COSTRUISCONO, non comprano. Avreste mai pensato di vedere Otto Porter Jr col cappellino NBA Champions in testa? Il figlio di The Glove era talmente poco stimato che, per rimanere in ambito paterno, era stato soprannominato The Mitten: sono le manopole, i guanti col pollice e non le altre dita…provateci a giocare a basket e misurate il disrespect nascosto nel nomignolo. Andrew Wiggins, rispetto le aspettative, era molto più che su un marciapiede, ed ora ha vinto un Anello da protagonista (secondo miglior Guerriero delle Finals) giocando nel ruolo lasciato vacante due anni fa da Durant. Questo accade a San Francisco, se sei abbastanza umile e paziente e intelligente da affidarti a due che sono uniti anche nel suono di nome/cognome: Steve Kerr/Steph Curry. Boston ha fatto bene i conti: è stato stimato a fine scorsa stagione che il nerd Brad Stevens, forse, da coach aveva poco grip con la W e quindi, senza rinnegarne l’intelligenza anzi dandole massimo valore, lui per primo ha cambiato piano entrando nell’ufficio del CBO. Prima mossa: assumere uno dal più dinastico albero genealogico allenatoriale, Ime Udoka dal Pop Coaching Tree: Udoka ha quasi imitato proprio Kerr nel vincere le Finals come rookie-coach. A proposito: Kerr è stato in difficoltà contro Udoka, e ha commesso errori poi rimediati nel corso delle Finals; controlliamo per es. i mins di Iggy nella sola #1 (12) vs quelli di TUTTO il resto della serie (meno di 7). Visto che hanno perso e visto che Al Horford invecchierà, prima o poi, i Celtics dovranno muoversi di più sul mercato. Se arriverà un lungo, dovrà essere prima di tutto intelligente e uomo-squadra: quindi tipologia Adebayo, e non Ayton o Embiid; oppure tipologia tuta-blu, alla Capela o Allen. Una guardia serve come il pane, molto meglio due: una più sg, una più pg; paiono sul serio avviati i contatti con Indiana per Brogdon (più sg) e, se sano dopo l’ennesimo infortunio, secondo me Ricky Rubio (decisamente pg) sarebbe semplicemente perfetto per questi Celtics.
Domani ricominceremo dal concetto di Dinastia interpretato dai Golden State Warriors.