Cominciamo con i “non ne sa”.
Con qualche eccesso (a noi mediterranei pare tale, almeno) lo sport americano è sempre stato in prima linea (ultimamente) nella difesa dell’essere umano. La NBA in particolare. La NBA celebra e ricorda il Black History Month, il Martin Luther King Day, si mette in opera per invitare gli elettori a votare (e si sa cosa significhi questo negli USA…ma ormai anche in Italia), supporta Black Lives Matter, la parità di genere (anche se la WNBA va malissimo ed è tradita proprio dalle donne, che a vedere le partite vanno pochissimo), combatte ogni forma di razzismo, e si è sempre mostrata sostenitrice della vaccinazione contro il Covid. Per le prossime righe tornerà utile ricordare anche che gli ultimi due Commissioner hanno cognome Stern e Silver, per esempio Itzhak Stern è il nome del contabile / segretario di fiducia di Oskar Schindler.
Ok. In questo panorama pochissime voci si sono rivelate dissonanti. Ricordo il patetico razzista (ex) proprietario dei Clippers, Donald (che sia un caso?) Sterling; e poi l’altrettanto patetico no-vaccinismo di Kyrie Irving, che ha costretto la sua franchigia a giocare prima senza di lui poi avendolo a singhiozzo, lo scorso anno. Di recente Kyrie, quello che dice di non aver bisogno di allenatori, che la terra è piatta e di non essere capito nella sua visione “omnista” del mondo, si è accodato alla schiera dei razzisti nudi e crudi, condividendo e difendendo sui social un documentario complottista-razzista. Uno di quelli che propugnano l’idea del complotto giudaico, stessa ignobile fobia di Hitler e di altri a noi più vicini. Tornando ai cognomi di cui sopra, non poteva passare sotto silenzio l’assenza di scuse di Irving. Adam Silver lo ha convocato per un “chiarimento”. Immediatamente dopo, i Nets lo hanno sospeso, per minimo 5 gare.
Tornando al basket sulle tavole, oggi inizia un trip che coinvolgerà 5 squadre: al momento destini e bilanci diversi anche se tutti positivi, l’elemento che le accomuna è essere composte da gente che, alcuni Campioni altri no, sa come si gioca a basket. Sono formazioni ben allenate e capaci di eseguire un preciso piano. Le individueremo grazie alle figure di uno o più giocatori. Si comincia da OKC. La scelta del giocatore è semplice: Shai Gigleous-Alexander. Chi mi segue da più tempo (su Baskettiamo.com e su Pentole&Canestri) sa che criticai il sacrificio di SGA per ottenere Paul George. Allora poteva anche sembrare sensato, perché PG13 era ancora considerato un Primo Livello mentre l’altro aveva fatto solo una bella stagione da rookie. Ma chi guarda sa (cfr. Trouble with the curve, Clint Eastwood + Amy Adams + Justin Timberlake), e SGA aveva tutto del predestinato, oltre a rappresentare fisicamente il tipo della pg del futuro che sta arrivando nella NBA (198 x 83). Appena nominato Giocatore della Settimana della Western Conference, è il motivo principale della stagione finora al 50% dei Thunder. Ha qualche problema con le triple (34.8% in carriera) ma ha infilato da centrocampo già 3 game-winner in 250 gare nella NBA. Non è MAI sceso sotto al 50% da 2, e MAI sotto al 45% totale dal campo; sta recuperando 2.5 palloni/gara, segna 32 di media tirando 22 volte/gara con il 54.5%; aggiungete il 98.1% dalla lunetta su più di 7 liberi/gara, quasi 5 rebs, quasi 7 ass, più di 1 stoppata/gara. Lu Dort e Josh Giddey danno una bella mano a Gilgeous-Alexander, ma davvero la colonna portante di tutto è il Canadese. Questo è il primo anno, da quando è arrivato a OKC, che la franchigia vorrà cominciare a vincere qualcosa, passaggio imprescindibile per allevare bene tutti i giovani accumulati nei tre anni di rebuilding: SGA non gioca più “gratis” da quest’anno e sta producendo, finora, il suo miglior inizio di stagione. Lui è un predestinato, credeteci, e i Thunder sono a un paio di buoni giocatori, un centro e una pf, dall’avere una formazione in grado di arrivare profonda nella post-season.