L’esclusione dei Lakers dalla post-season 2022 è il colpo definitivo alla già dubbia goatitudine di LeBron James.
Conta l’esclusione in sé, conta come James si è comportato, soprattutto conta la distanza che i Lakers hanno deciso di mettere tra la franchigia e il giocatore, per bocca di Magic Johnson cui Jeanie Buss ha chiesto di esporsi. Si tratta inoltre di una vicenda più complessa del semplice “non esserci” per il ballo finale. Di quanto segue siamo stati antesignani e profeti, quando tutti esultavano per la Legacy, per Davis, Westbrook, Melo, eccetera.
ESCLUSIONE. Il modo in cui la squadra era stata costruita (secondo i dettami di James e della sua agenzia Klutch, il cui presidente Rich Paul è mero prestanome per nascondere un’attività che a LeBron, da giocatore, sarebbe vietato condurre) era folle, ai limiti dello stupido. Un geronto/nosocomio in gialloviola poteva solo portare disdoro alla franchigia di Logo, Wilt, Jabbar, Shaq, Kobe. Nel 2022 i Lakers e LBJ sono stati sotterrati non da 8 ma 10 squadre, ciò accade nella peggiore versione della Western Conference dell’ultimo ventennio: nei PO 2014 i Suns rimasero fuori, noni, con il 58.5% di W/L mentre decimi furono i T’Wolves (48%) e gli undicesimi avevano il 44%; indietro 20 anni esatti, i Clippers rimasero fuori col 47%, dietro loro Suns al 44 e Rockets al 34. Le posizioni di Pels, Spurs e Lakers chiamano quest’anno 44, 43, 39% rispettivamente e sono sotto al 50% persino gli ottavi (Clippers, 49%). Contro i Pels hanno un complessivo -43 negli scontri diretti in stagione, contro gli Spurs, pur avendo vinto 2 gare su 4, sono a -16. Una ventina di gg fa (link in coda al pezzo) avevo dato persino troppa fiducia a LAL, ritenendo impossibile si facesse superare da Nola e recuperare da SAS. Ma nelle ultime 20 gare hanno vinto solo 4 volte, subendo, nelle sconfitte, scarto medio di 14.
COMPORTAMENTO. Nella gara della esclusione ufficiale, LBJ si è dato malato. Questo sarebbe sufficiente. Questo è Scottie Pippen, non Michael Jordan (ricordiamo il buffo rifiuto a tornare in campo di The Pip). Solo resta da ricordare che nel periodo definitivo del naufragio LBJ si è chiamato fuori, con infortuni assai diplomatici, due volte ogni tre gare: sì no no // sì no no.
MAGIC. Magic da dirigente dei Lakers non ha brillato quanto aveva fatto da giocatore: ha la sua parte nella depauperazione del talento giovane della franchigia. Però, finché era in sella, lasciava andare solo la parte “giovane”, perché a talento che andava corrispondeva talento (maturo) che arrivava. Da quando a LBJ sono andati pieni poteri, il disastro è stato assoluto. E quando la franchigia (nella persona di Rob Pelinka) ha detto STOP (no alla trade Westbrook + 1 prima scelta a HOU per avere Wall), la Klutch (curiosa combinazione) emise comunicato ufficiale per dire di essere “insoddisfatta” dell’operato della franchigia. Ora Jeanie Buss, owner dei Lakers, ha chiesto all’amico Magic di mettere la propria facciona su parole che separano marcatamente la franchigia e LeBron. Vestito di velluto per parole di pietra: la sua (di LBJ) Legacy era già scolpita nella pietra, lo resta nonostante (despite of) il fallimento di questa stagione; gli auguro di vincere un altro Anello prima della fine (Laker o non Laker). Ancora più duri e meno rivolti al campo o al presente, ma alla fine della carriera di James e a quanto accaduto a livello di mercato, i concetti che stanno dietro quelle parole, ovvero i pensieri di ownership e management dei Lakers. E si apre il prossimo capitolo.
FUTURO. LeBron ha vinto ma ha sempre sbrindellato il futuro post-James delle franchigie: CLE x 2, MIA, LAL. LeBron dirige un’agenzia, anche se non potrebbe, e molto del fallimento della presente stagione pesa su di lui come manager. Oltre al solito rifiuto di giocare con under26, ha compiuto 4 errori enormi, che per il 21/22 gli lasciano aperto solo l’Award di Peggior GM of the year. Ha voluto Melo (che almeno ha il minimo del salario veterani), ha voluto Westbrook (che è stato un fallimento sul campo e costa come il Papa) e, per avere lo spazio salariale per Russ, ha cercato di prendere per il collo Buddy Hield e DeMar DeRozan, che erano già a L.A. ma hanno fatto marcia indietro; la famosa frase di DeRozan arriva qui: I don’t take no paycuts. Infine, LeBron vuole inseguire MJ anche fuori dal campo: ha voluto un sequel, vuole una franchigia. I Lakers hanno detto: NON QUESTA. In difficoltà certo, ma siamo i Lakers e torniamo noi a decidere chi va/chi resta o a che condizioni. Quindi il futuro vedrà LAL impegnata a smantellare il geronto/nosocomio con la minima rimessa possibile, nessuno incedibile a parte LBJ. A lui verrà proposto di completare l’anno di contratto rimasto iniziando la ricostruzione circondato di under26, e di farlo con l’impegno MASSIMO. Altrimenti si vedrà dove LeBron andrà a giocare e a scrivere il capitolo father&son.
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