
In attesa della conferenza stampa di Adam Silver (16 formazioni con innesti sia da EL che totalmente nuovi?) ecco la situazione dello sbarco NBA in Europa.
1 – ADAM 4 PRESIDENT. Molto probabilmente Silver non si candiderà mai per la Presidenza degli USA, ma da quello che appare è uno stratega geopolitico efficacissimo. A differenza dei recenti POTUS, lui parte da una posizione dominante che gli USA non hanno più, almeno con la nettezza che ha la NBA. In molte occasioni il Commissioner ha affermato di non volere entrare in maniera pesante nel basket europeo, di conoscere le differenze, di volerle rispettare e conciliare – ma sa benissimo e anche noi dovremmo sapere che molte di quelle differenze si leggono in altro modo dalla parte europea. Differenze = debolezze. In Europa ci affidiamo a una sorta di supponenza, uno snobismo immotivato: appoggiati a una immaginaria prevalenza della slavitudine sull’american way of basket e a non precisamente specificati concetti di superiore durezza, tecnica, purezza. Vorrei osservare che, se tutto ciò fosse vero, le proporzioni attuali sarebbero ribaltate. La realtà della questione, invece, è: il basket è nato DI LA’, le grandi evoluzioni del Gioco sono nate DI LA’, i soldi e il successo sportivo/commerciale sono DI LA’, i modelli sportivi e i modelli commerciali nascono DI LA’, e infine, ultimo colpo maestro di Silver, la gioventù è DI LA’ e lo sarà sempre di più.
2 – NCAA, NIL, VIVAI. La vicenda che ha portato all’attuale situazione del basket collegiale, dove gli atleti finalmente possono essere pagati, nasce dalla introduzione dei contratti NIL + le vicende che ne sono scaturite. La NCAA ha provato a difendere la propria posizione anacronistica, e ha perso. Silver e la NBA hanno contribuito alla caduta dell’ipocrisia, per esempio creando la formazione Ignite: Raccoglieva in G-League i 18enni che non volevano passare dal college, pagandoli e facendoli studiare. Appena la NCAA si è risolta (è stata obbligata) a pagare gli atleti, guarda caso, la Ignite è sparita. Oltre ad avere fatto crollare un muro ormai indecente (visto quanto guadagna la NCAA sugli atleti), la situazione che la NBA ha contribuito a instaurare ha conseguenze anche sul basket europeo. L’approdo universitario era destinato solo a ragazzi che davvero volevano avere l’esperienza USA: certo aiutata dalle borse di studio e altri fattori, ma era una cosa che bisognava volere in modo forte. Ora ti pagano. Ora diciottenni europei possono andare a studiare e giocare negli USA con rette pagate e 200mila dollari in 4 anni. Nemmeno la cantera del Real può competere con queste cifre. Stringendo l’orizzonte in Italia, i ragazzi trarranno più beneficio che danno a scegliere un ateneo americano. Tatticamente, a parte un esiguo numero di confronti, il basket NCAA è pietoso, palla prigioniera con canestri; ma c’è un motivo per questo: il bersaglio è lo sviluppo tecnico del singolo. Avendo già sentito un certo tipo di proteste/invettive, mi trovo confuso: quelli che criticano l’approccio e il metodo collegiale davanti all’ipotesi della partenza di Suigo per l’America, sono in gran parte gli stessi che urlano come i vivai si occupino troppo di tattica e di vincere le gare invece che insegnare basket e vita ai nostri ragazzi. Men, c’mon… Il grande vantaggio creato da Silver è la possibilità di radunare negli USA gran parte del talento giovane mondiale, includendo da ora in poi l’Europa nel processo. Una nazione giovane è una nazione forte: principio politico/militare che l’Italia di oggi…vabbè, ma vale anche se metaforizzato e trasferito a una lega sportiva. La NCAA, per struttura e capillarità, è un organismo unico al mondo: Silver (insieme al mood della modernità e alla stoltezza dei dirigenti NCAA) ha saputo usarne i difetti (macroscopici, indecenti) per farla quasi collassare, riformarla, e ora, non del tutto pulita ma di certo ripulita, è uno strumento ideale per la NBA. Contemporaneamente sottolinea e sfrutterà le differenze, aka debolezze, del modello giovanile europeo.
3 – TIFO. La mia prima partita da solo l’ho vista in fossa, o meglio: prima fila alle spalle dei “grandi”, ma avevo 12 anni. Ho fatto trasferte con annessi e connessi. Ma avevo 16 anni. Poi si cresce. Ora, in tutta sincerità, il modello fossaiolo del tifo mi rende triste e pessimista sul destino dell’umanità in genere, oltre che ritenere sia uno degli elementi che frenano lo sviluppo dello sport europeo. Vale per tutte le espressioni del genere, da Oaka a Belgrado, dalle Bologne a Istanbul. Poche eccezioni concentrate in particolare, parlando di ECA, tra Baltico e Francia. Una volta o due / una volta ogni tanto è bello sentire il palazzo del Partizan che trema o il ruggito del tal altro posto, ma in realtà è cosa del tutto rinunciabile. (Come la Haka dei Neozelandesi: sì, abbiamo capito, possiamo giocare ora?). Crescere sarà difficile, e infatti una delle ipotesi è che gran parte della fetta sud-orientale europea possa rimanere fuori dalla EU-NBA proprio per via del tifo. Non si tratta solo di torsi nudi abbracciati a un tamburo: a questo tema si lega anche la questione del prezzo dei biglietti e della loro distribuzione. Se il costo può rientrare (a spese dei guadagni della franchigia, ovviamente) nella comprensione delle differenze citata da Silver, non così per il metodo clientelistico e para-mafioso con cui in molti casi vengono distribuiti i biglietti o la quota di biglietti riservata alle fosse.
4 – SALARY CAP. Per la EL: Competitive Balance System, o anche Financial Stability & Fair Play Regulations. Ciò che si capisce studiando il regolamento è che non è un vero salary cap, ma un libro di sanzioni/tasse e che (cosa ancora peggiore) è stato studiato non per aderire a una idea di competitività equa ma slalomeggiando tra le esigenze delle franchigie (fondatrici). Leggendolo ti appare spesso in testa la scenetta dei compilatori: Ah, c’è xxyyzz che ha questa particolarità, mi raccomando facciamoci la regola sopra. E via di commi. Le debolezze teoricamente correggibili del salary-cap alla europea sono la cavillosità, il non tenere conto di situazioni concrete (come gli ingaggi compositi: per schivare le tasse molti ingaggi sono divisi tra retribuzione vera e propria e appannaggio per diritti di immagine, questi ultimi meno tassati), il fatto che sia espressione delle franchigie fondatrici di ECA e non di tutto il parco dei competitori (gli articoli di spesa sono sempre divisi tra regola per i fondatori e regola per le franchigie associate, con le varie annualità possibili). Le debolezze non correggibili o non evitabili sono insite in questioni maggiori: l’assenza di una tassazione europea comune, la non reale tracciabilità dei bilanci di alcune società. Sono problemi non da poco, cui anche la EU-NBA dovrà fare fronte. Il secondo aspetto, in particolare, potrebbe portare alla esclusione di alcune realtà: penso a Belgrado, Atene Pana (molto più oscuro del Pireo), Istanbul.
5 – EXPERTISE. Quel che la NBA porterà è la propria expertise nel rendere remunerativo un campionato di basket. Un metodo. Metodo creato negli USA, con ovvi punti di sofferenza in relazione a normative, abitudini, impostazione europee. Si proverà a conciliare il metodo con le asperità, e uno dei sistemi potrebbe essere quello di creare ex-novo. Alcune franchigie, quelle con meno asperità, nella nuova lega; altre rimpiazzate da franchigie create ad hoc, altrove o nei luoghi stessi di quelle non accettate. Non è mistero che la nascente lega potrebbe essere una lega “delle capitali”, con Roma e Londra sedi di nuove (o riadattate) società. Potrebbe anche essere una lega in cui vengono create franchigie parafrasando il modello polisportivo di Real e Barca: Manchester Utd+City hanno una fan base di 380 milioni di persone nel mondo, Arsenal+Chelsea ne contano 250. Considerando come funziona adesso la formula di guadagno della NBA (a proposito, alla faccia della crisi: Boston Celtics comprati a 360 milioni, rivenduti a 6 miliardi 23 anni dopo), molto spinta verso lo streaming, le app e i contatti, non è irragionevole pensare che certe asperità possano venire risolte semplicemente trasferendo altrove il business. Contano più i bacini di utenza che la storia. Questo ultimo discorso è molto difficile da digerire per gli Europei: possiamo rifiutarci, forse, (cioè, ammesso sia possibile, rendere sconveniente l’arrivo della NBA o la sua durata) ma non impedire che, se la NBA dovesse decidere per un totale appianamento di certe difficoltà, le cose vadano in questo modo. Sappiamo, guardando la storia degli ultimi 60 anni, che certi conflitti si sono sempre risolti nella direzione della convenienza e della semplificazione: chiedete a Betamax.
6 – INFINE. Dopo il primo impatto e la prima ondata del dibattito, le considerazioni dei protagonisti e le analisi dei commentatori che hanno continuato a seguire la questione si sono spinte verso problemi e situazioni più particolari. Il particolare implica vicinanza. Avvicinarsi e guardare meglio l’oggetto di studio, certo; ma anche rendersi conto che il momento diventa più vicino ogni mese che passa. Si arriverà così a una data in cui non sarà più possibile andare di conserva, ma si dovrà esplicitare una decisione. In questa fase è diventato chiaro che non si tratta, in fondo, di FIBA vs ECA in relazione alla NBA, ma di Europa e sue caratteristiche in relazione al modello che la NBA esporterebbe. Silver parla, apparentemente, più e prima con FIBA perché la NBA è una delle espressioni più pedisseque del politically correct, e quindi il riferimento istituzionale per il basket in Europa è la FIBA. È appena ovvio che il disinteresse per le attuali espressioni FIBA sul campo è totale: la NBA se ne frega di Chalons-sur-Saone, Reggio Emilia, Brighton o che altro; le future partecipanti alla EU-NBA si misurano con le dimensioni di Real Madrid e Barcellona. Nella lega che nascerà, fingiamo saranno 30 squadre, i vari proprietari vedranno un business finalmente in attivo ma Silver vede altri 450 posti di lavoro utili da gestire, per restituire al mondo una parte (non la top, bensì quella che nella NBA non trova posto) della meglio gioventù che si radunerà nella NCAA. Saremo parte di un sistema, o, se volete usare la parola in ambito sportivo, di un impero. Ci divertiremo e appassioneremo, io penso, ma è meglio conoscere le proporzioni e il ruolo che ci competono all’interno dell’Impero di Adam.