Stanotte KAT ha piazzato il suo career-high tra le stelle.
E’ un buon momento per chi vuole segnare nella NBA, due 50+ sono arrivati nelle ultime 2 settimane da LeBron, 1 da Tatum e da Steph, Towns ne ha messi 60 per battere ad Alamo gli Spurs. Gara terminata 149-139, i T’Wolves avevano chiuso già il primo quarto a 40, con 15 di Russell e 12 di Towns. Sono, dovremmo esserlo tutti, molto felice per KAT, un ragazzo di grande talento cestistico cui la vita non era andata proprio dritta finora, nonostante la fama e il denaro, sia a livello personale che sul campo. Invece, in coincidenza della bella stagione di Minnie, alcune cose hanno cominciato ad andare a posto anche nella vita privata del giocatore: chissà cosa viene prima.
E’ stato un crescere di difficoltà, da quando entrò nella NBA con la squadra peggiore, già responsabile di aver quasi bruciato Kevin Garnett e Kevin Love. Prima problemi nell’adattarsi alla NBA (nonostante numeri sempre ben più che positivi), poi brutti problemi di spogliatoio con Jimmy Butler. Jimmy è un crotalo, non lasciate la vostra fidanzata da sola con lui: errore commesso da Towns, ci fu una rissa (sempre negata, ma…) nel locker e da lì trade che portò Butler ai Sixers. Poi arrivarono, accavallandosi, l’assassinio di George Floyd e il movimento BLM nello stesso momento del Covid. In un panorama sportivo del tutto solidale a BLM, KAT fu l’unico a venire cazziato da tutti: dai razzisti per aver preso parte alle manifestazioni a Minneapolis (era sempre il secondo o il terzo alle spalle di Stephen Jackson), dai suoi compagni di causa per averlo fatto spesso a volto coperto. Il Covid gli ha portato via l’amatissima madre Jacqueline, ma anche altri 7 membri della famiglia: su una trentina di membri che, mediamente, una famiglia allargata può contare, significa il 25% dei suoi cari. Di quel (recente) periodo restano due frasi nella mia mente: la prima, pronunciata nel momento peggiore del Covid negli USA, incredulo e rassegnato “I have seen too much, I have seen too many coffins in my yard…”; la seconda, a pandemia un po’ calmata, su un messaggio social in cui si era fotografato tenendo in mano una foto di sé “This man don’t exist anymore. Whoever I am now, that person in the picture don’t exist anymore”. Non che ognuno di noi non abbia dovuto affrontare momenti difficili o tragedie, ma la misura era bella pesante, per un ragazzo che solo a Nov. 2020 avrebbe compiuto 25 anni. Penso che il basket sia stato importante per KAT nel mantenere insieme i pezzi di vita e famiglia, e tutto il positivo che sta ora arrivando (comprese voci di nozze con la nuova fidanzata) è meritato, benvenuto.
I dettagli della prestazione in chiusura, segnalo che è arrivata in una notte BigNight per i centri: vedeva il grande confronto tra i candidati-MVP Jokic e Embiid e anche la “arma Gobert” usata tatticamente vs Giannis nel pitturato; la fiammata di Towns ha oscurato tutto il resto. 60-17-3 con 31 tiri (equivalente a un 97% dal campo), 12/20 da 2, 7/11 da 3.