Nottata storica per la NBA, che viaggia nel passato tra risse e triple doppie col 100% al tiro. Le zuffe in campo sono qualcosa che riporta indietro, non concepite ed inconcepibili nel basket moderno, quasi abituali qualche decennio fa. A Los Angeles c’era grande attesa per la prima di LeBron James allo Staples Center, che da quel “Mamba out” non aveva più gridato un nome a voce così alta. LBJ non ha ancora trovato la prima vittoria in gialloviola, ma in compenso ha già assistito alla prima rissa.
L’episodio più discusso di questa e delle prossime nottate NBA è arrivato durante il quarto periodo del match tra Lakers e Rockets, che prima di finire a cazzotti ha regalato anche qualche spunto di riflessione. Il primo punto da discutere è la difesa di LA, che dopo aver incassato 128 punti da Portland ne incassa 124 da Houston. Kobe, LeBron e tutti gli ottimisti tendono a dare fiducia alla durezza che può avere questa squadra, alla capacità di vincere le gare sui nervi. Potenzialmente anche vero, ma le lacune sono ancora moltissime. LA ha già dimostrato di essere una squadra che ha bisogno di correre, l’alternativa sono attacchi sterili e davvero poche idee. Giocare a ritmi troppo alti può portare vantaggi o svantaggi discutibili, di sicuro c’è che senza dei tiratori e dei difensori credibili si fa davvero fatica. Il tiro da 3, disastroso contro i Blazers, ha funzionato male anche stanotte, la difesa forse anche peggio. Alla gara 2/82 i Lakers possono ancora disporre di tutti gli alibi del caso: è una squadra nuova, è una squadra giovane, potrebbe cambiare ancora, i playoffs sono altra cosa. Tutto vero, ma è una delle squadre con più pressioni addosso, che dovrà lavorare davvero molto se spera di arrivare da qualche parte. Nel frattempo Houston senza mai controllare davvero la partita espugna lo Staples senza troppi problemi. Menzione d’onore per Carmelo Anthony, apparso totalmente fuori dal ritmo della squadra, abituato a pensare e giocare una pallacanestro molto più ‘lunga’ di quella dei Rockets. Una prima pellicola con le firme di D’Antoni e Melo era già uscita qualche anno fa e non era stata di grande successo, il sequel, con Carmelo nel ruolo del non protagonista, è tutto da vedere. Arriviamo dunque al match degno del più scintillante ring di Las Vegas. Sfidanti: Chris Paul, Rajon Rondo e Brandon Ingram. Spettatori: LeBron James e Floyd Mayweather. Le squalifiche arriveranno presto, e non saranno affatto brevi. La prima tensione scatta tra Ingram e Harden, con l’ex Duke che spinge ‘The Beard’ mentre invocava un canestro valido dopo un fallo subito. L’impressione, del tutto personale, è che la ricerca spasmodica del fallo di Harden, troppo spesso premiata dai grigi abbia davvero stancato la NBA. Lo spintone di Ingram sembra dire esattamente questo, ma dietro potrebbero esistere altre tensioni di cui non ci è dato sapere. Successivamente sono Paul e Rondo ad attaccarsi, con il 9 dei Lakers che colpisce CP3 al volto. Ancora più deprecabile il gesto di Ingram, che, dopo essersi liberato del pacere d’eccezzione Lance Stephenson, tira un altro pugno contro Paul nella mischia che si era creata nel frattempo. Un susseguirsi di eventi abbastanza grotteschi, che ha avuto conseguenze sul finale della partita, e ne avrà sulle prossime.
Rimanendo sulla costa occidentale troviamo qualcosa di davvero storico, che stavolta non mischia nessun altro sport al basket. Si tratta della tripla doppia perfetta di Nikola Jokic. Il prodigio serbo ha illuminato Denver con una notte da 35-12-11 col 100% al tiro e 3 triple segnate. Soltanto Wilt Chamberlain era riuscito in un’impresa simile, e anche se da queste parti tendiamo a dare poco risalto ai record individuali (chiedere a Russell Westbrook), questa è un’impresa da ricordare. La tripla doppia perfetta di Jokic arriva in maniera esattamente opposta alle miriadi di triple doppie di RW. I numeri di Jokic non sono frutto di Russ-ball, ma di una dose impressionante di basketball allo stato puro. Il gigante serbo, playmaker troppo grasso per diventare un pro soltanto qualche anno fa, è un giocatore magnifico (non lo diciamo spesso). In estate ho incontrato un giovane collega serbo, Petr, che in mezzo a tutti i feticci di Teodosic, Divac e Djordjevic, mi ha confessato di non avere occhi che per il fenomeno dei Denver Nuggets. Petr, decisamente più abituato di noi a vedere da vicino giocatori di quel calibro, lo ha definito semplicemente diverso, nuovo. Definizione che ci sentiamo di condividere. Trascinati dall’ora più che mai uomo franchigia, i Denver Nuggets hanno passeggiato sui Phoenix Suns che hanno invece avuto pochissimo dall’atteso Ayton. Risultato finale: 119-91.
La Western Conference ha visto brillare anche un altro prodigio europeo. Si tratta del vero e proprio Golden Boy d’Europa: Luka Doncic. Il prodigio sloveno ha fatto scrivere 26-6-3 con due steals. Prima prestazione convincente in una gara tipicamente di inizio stagione: difese in letargo e alto volume di tiri. I Mavs l’hanno spuntata su Minnie per 140-136.
Seconda vittoria consecutiva per Portland, che in questo periodo della stagione può sempre cavalcare Lillard e CJ privi di grandi pressioni. Gli under-rated splash brothers hanno combinato per 53 punti complessivi. A San Antonio non sono bastati i 28 di DerRozan, non accompagnato da Aldridge che ha chiuso solo a 12 in 36 minuti.
Passando alla Eastern Conference, rialza la testa Indiana, che approfitta del giro gratis con Brooklyn. Leader, nemmeno a dirlo, Victor Oladipo con 25-7-3.
Washington non sfrutta i 57 in combinata di Wall e Beal contro i Raptors orfani di Kawhi. I 28 con 12 assist del subcomandante Lowry regalano a Toronto la terza W su 3 chances.
Boston tiene ancora in freezer Gordon Hayward, ma trascinati dai 24 di Tatum, i Celtics portano a casa una W aiutandosi anche con la fortuna. Fortuna e negligenza, quella di Trey Burke, che andato in lunetta per 3 tiri con la possibilità di pareggiare ne ha sparati due sul ferro.
Vittoria sul filo di lana anche per Phila contro Orlando. I Magic sono andati ad un passo dal completare una grande rimonta da 63-53 negli ultimi due quarti. È mancato però un punto per continuare il discorso. Finale: 116-115.
Charlotte, nella notte delle vittorie risicate, cavalca i 39 punti di un meraviglioso Kemba Walker per battere Miami 113-112.
La tripla di Zach Lavine ha riavvicinato i Bulls a Detroit nel derby, ma non è stata sufficiente a regalare la W a Chicago. I Pistons sono passati per 118-116.