E quando smetto di giocare?
Vi assicuro che io – che a 50 anni gioco ancora e ho decenni di carriera alle spalle – ho sentito pronunciare più volte questa domanda, da tanti compagni di squadra.
Già… e dopo?
Anche perché la crisi economica c’è e si sente forte, anzi fortissimo, dal 2008 e la possibilità di guadagnare grandi somme è qualcosa che oggi capita solo a una percentuale trascurabile dei lavoratori del basket. E comunque neanche i “ricchi” sono indenni dalle problematiche derivanti dal fine carriera.
Il vero nocciolo della questione è avere le idee il più possibile chiare, per sapere cosa fare quando si smetterà di giocare, sapendosi rapportare con un mondo del lavoro sempre più selettivo e spartano, nonché concorrenziale.
È opinione comune – tanto diffusa quanto sbagliata – che “tanto c’è tempo” e che si possa pensare al futuro una volta smesso di giocare. Invece io ritengo che sia meglio pensarci prima e, soprattutto, studiare finché si gioca, impegnandosi sia in campo sia sui libri.
Per questo, la GIBA lancerà quest’anno un progetto pilota di cui siamo molto orgogliosi, che si chiama “Progetto Fine Carriera”, sviluppato in collaborazione con consulenti esperti e con il coinvolgimento di aziende.
Con questo progetto – completamente gratuito – coinvolgeremo i giocatori, offrendo loro supporti sia per quanto attiene la comprensione del loro potenziale post-basket giocato, sia per quanto riguarda le modalità di ingresso nel mondo del lavoro.
Io avrò l’onere e l’onore di essere il testimonial e il tutor di questo progetto, coordinandolo, selezionando i consulenti che formeranno i giocatori che sceglieranno di partecipare al progetto, contribuendo ai clinic e contattando aziende disponibili a periodi di stage formativo.
Ne saprete di più nei prossimi giorni, quando la GIBA emetterà un comunicato stampa in merito.
Io, intanto, invito i giocatori iscritti alla GIBA a pensare fin d’ora a impegnare un paio di settimane il prossimo giugno 2014, per partecipare al nostro progetto. Perché, come diceva quella pubblicità, prevenire è meglio che curare.