Inutile negare che fossero opposti. Dean Smith e Jerry Tarkanian non erano accomunati altro che dal loro magistero cestistico.Il coach dei Tar Heels era l’emblema di un certo modo di essere un All American Boy. Cresciuto in una famiglia progressista nel Sud segregato degli USA. Figlio giocatore e poi allenatore di padre giocatore e poi allenatore. Bravo anche come quarterback nel football e da catcher nel baseball. Suo padre fu coach della prima squadra integrata del Kansas (Emporia Spartans, vincitori del Titolo di Stato 1934), e Dean ne seguì le orme reclutando uno dei primi giocatori neri della ACC, Charles Scott, un paio di anni dopo non essere riuscito, per scarsi meriti accademici del ragazzone, a portare a UNC Lou Hudson (finito poi a Minnesota University).
Tarkanian era figlio di una famiglia armena arrivata negli Stati Uniti per sfuggire al genocidio turco. Perse il padre a 13 anni, e il patrigno osteggiava le aspirazioni sportive del giovane Jerry. Fu aiutato dalla madre, che lo sostenne fino alla laurea, ai primi soldi da giocatore e ai primi incarichi da coach, avuti per piccole high schools o per qualche Community o Junior College; dall’altro lato dello specchio, Smith nel ‘54 otteneva il suo primo incarico da assistente presso la Kansas U., sotto coach Phog Allen, colui che aveva ereditato lo scettro e la panca direttamente da James Naismith, molto semplicemente l’inventore del basket. Polvere ed Olimpo. Suona terribilmente intonato che Tarkanian abbia raggiunto i suoi apici in una delle città più irregolari degli USA, alla guida del programma cestistico di una delle più irregolari università della Federazione, i cui giocatori si chiamarono Running Rebels per suo volere; prima di lui il basket non esisteva a University of Nevada at Las Vegas, lui ha preso il pennarello rosso e ha tracciato il puntino che metteva UNLV sulla mappa, rendendola sinonimo di giocatori forse non brillanti negli studi, (con qualche eccezione, vedi Greg Anthony, morso però di recente dalla cupio dissolvi che divora tutti i running rebels) ma NBA ready. Più ad est, forte dei suoi prinicipi incrollabili e di una eccellenza umana che lo rendeva amato prima che rispettato dai propri giocatori, Dean Smith costruiva il proprio mito e quello della University of North Carolina. Smith, insieme a Bob Knight, Larry Brown e ad un altro paio di allenatori della generazione posteriore a Wooden, ha creato il basket di college come lo abbiamo conosciuto negli anni ’70 e ’80, prima che venisse cambiato per sempre da due fattori: la morte di Len Bias appena scelto dai Boston Celtics nei dormitori di Maryland U. e la apparizione folgorante dei Fab 5.
Anche i loro sistemi erano opposti. Smith è l’inventore dell’attacco noto come “4 angoli”: oggettivamente una delle cose più noiose mai viste, a livello superficiale. In realtà era un meccanismo perfetto, psicologicamente impegnativo sia per gli avversari che per chi lo praticava, richiedendo concentrazione assoluta e psiche forte, più forte di quella dell’antagonista. Il “4 angoli” era a suo modo anche poetico: con la sua lentezza, figlia del cronometro prima inesistente e poi a 45 secondi, dava tempo e spazio per duelli mentali e avvicinava la sfida attacco-difesa a quella lanciatore-battitore del baseball (e quanta letteratura è stata scritta al proposito!) oppure alla souplesse degli sprinter nel ciclismo mitico delle gare su pista, negli stessi anni ’50 e ’60 in cui coach Smith iniziava ad allenare. Era un sistema per educare e forgiare, oltre che per giocare e vincere. A Tarkanian importava assai meno dell’educazione dei propri giocatori, anzi, dalla loro sregolatezza traeva piacere, senza dubbio. Il suo gioco era “run and gun” puro (UNLV 1977, senza cronometro, tenne nella stagione regolare una media di 109 punti a partita..), ma la cosa per cui resterà famoso, la sua invenzione del tutto originale, è una difesa: la swarming defense. Uno, famoso per privilegiare il gioco controllato e i punteggi bassi, inventò un attacco dal nome ordinato e gentile; l’altro, famoso per il gioco veloce ed offensivo, inventò una difesa dal nome aggressivo: difendere come api che sciamano contro l’avversario, un modo per continuare ad essere “maleducato”, per vedere se quella perenne, perfetta riga da una parte dei capelli di Dean Smith poteva essere scarmigliata.
I due si incontrarono sul campo. Nel 1977, prime Final4 per UNLV, Smith eliminò The Tark, nello stesso anno in cui Jerry fu indagato per la prima volta per violazioni delle regole NCAA sul reclutamento (ed altro). Tarkanian rispose che la NCAA avrebbe fatto bene ad indagare anche su altri “più potenti” (cit.) Atenei. La ribellione di Tarkanian si scontrò sempre, anche sul campo, contro i Grandi Atenei: nelle Final4 del 1987 perse contro Indiana U. di Bobby Knight, nel 1990 vinse il Titolo contro Duke, da cui perse l’anno successivo in semifinale. Polvere contro Olimpo. Alla fine, uno scandalo dopo l’altro, un’indagine dopo l’altra, Tarkanian dovette abbandonare UNLV e la NCAA, per una parentesi NBA con gli Spurs, breve e di scarso successo. Tornò al mondo collegiale, e la sua carriera si concluse nel 2002 dopo sette anni a Fresno State (nome: Bulldogs..) con 5 apparizioni al Torneo NCAA. Durante le peripezie di Tarkanian, Dean Smith rimase intoccato e olimpico, per sempre a Chapel Hill, annunciando il suo ritiro nel 1997. Una vita di una certa qual perfezione la sua, quasi da renderlo antipatico a chi per natura adora gli irregolari. Eppure una vita vera e lottata. Provate voi a portare un amico di colore al ristorante per bianchi in Carolina negli anni ’50 e ad essere il rompighiaccio della de-segregazione all’Università della Carolina del Nord. Provate a tenere controllato nei 4angoli il più forte di sempre, e provate a saper capire il momento di dargli il via libera, lasciandogli prendere quel tiro un po’ fuori contesto che però vi frutta un Titolo NCAA. Provate voi ad allenare una serie di giocatori che hanno cambiato il gioco (Sam Perkins), che avrebbero potuto cambiarlo se non si fossero infortunati (Brad Daugherty) o che lo hanno profondamente segnato (Kenny Smith, James Worthy) risultando sempre e comunque amato da tutti quei caratterini molteplici e spesso superdimensionati.
Se ne sono andati a quattro giorni di distanza. Impossibile non raccontarli insieme. Attenti a quei due.