Settimana da due KO per l’Olimpia, mentre Bologna non smette di lottare mai.

1 – SPORTIVITA’. Grazie al cielo non stavo più guardando il Pana al momento dell’infortunio di Lessort. Chiamatemi fluffy, ma ho ancora in testa l’infortunio di Paul George con T-USA (2014) e capisco, pur non arrivando al collasso, gli spettatori che sono svenuti (e peggio) a Oaka. La gara interrotta per un quarto d’ora, il raggruppamento dei giocatori tutti insieme in una specie di preghiera: momenti di (lieve) fiducia nel mondo. Sportività. Così come a Parigi, dove, fuori trequarti di PBB per un virus, la gara è stata rimandata. Commenti ironici, a volte volgari, per la decisione “morbida”: invece, per me, semplice sportività. Produce e richiede soldi, è un gioco ma molto serio: vero; però lo sport ha un codice particolare al proprio interno, dimenticato da certi protagonisti eppure ancora valido.

2 – OLIMPIA. Ero abbastanza certo che Milano avrebbe perso entrambe le gare, da cui il richiamo nel #11 alla realpolitik. 9-8 è buon bilancio, considerando il fuoco amico che arriva dal coach e i due harakiri con ZAL e Alba. Senza, la squadra sarebbe 11-6, stesso bilancio del Bayern che, vedi n.8, è formazione simile all’Olimpia. Milano sarebbe migliore, ma non ha Herbert in panchina. La gara del Forum è stata condizionata dai refs a sfavore di Milano, che però ha peggiorato le cose non solo con una direzione tecnica sempre a rincorrere ma anche ricadendo, in alcuni comportamenti della prima parte di stagione. Due KO e i due peggiori Shields dal dopo-infortunio, compresa la tafazzata dell’ultima azione di venerdì senza guardare mezzo compagno e concludendo un possesso da quasi 11 secs come fosse stato uno da 4. Bolmaro a Oaka non era presente, non ha responsabilità nei 39 di Nunn, ma vs BAY ha tante colpe sui 25 di Edwards: la principale il volere a tutti i costi passare in posizione 3 (a volte anche 2) sui blocchi, generando autoscontri, falli, cambi con Mirotic su Carsen e Bolmaro su Booker, altri falli, tensione e fatica inutili; spesso è meglio, e lo score lo confermava con il momentaneo +5, passare in 4, cioè dietro, come fa Dimitrijevic. Solo che poi Ettore si incazza, il pubblico (non solo: anche tanti commentatori e ex-allenatori) pensa che andare a sbattere contro il bloccante sia difendere, quindi altra fatica, altra tensione. Eccetto qualche folata positiva, vs i Tedeschi si è rivista la squadra raggelata e raggelante dell’inizio di stagione, e delle ultime due annate. Ettore sta tornando prevalente: attenzione. Intanto, però, una replica del 9-8 dovrebbe portare alla post-season.

3 – BENISSIMO. Chi se ne frega se vince una gara con un and-1 da 4 pti su tripla tabellata, e dopo un’onorevole KO al Pireo ne vince un’altra contro la formazione più in difficoltà del momento. Per la V-BO va benissimo così, ulcera di Toko a parte. Cordinier evidentemente si sente già Realista e ha messo in opera una partita da 38 di valutazione, miglior scorer, miglior assist-man (pari a Pajola), secondo rimbalzista. Nei siti meteo annunciano da due mesi una nevicata epocale su Bologna: gli 11 rebs di Zizic forse daranno una mano agli algoritmi delle previsioni. L’assenza di Shengelia ha scombinato un percorso di minor uso dei lunghi “veri” e ancora non sono chiari tutti gli adattamenti di Ivanovic: da quando è arrivato, però, 3 dati sono incontrovertibili. Morgan: 25 pti con 8/10 dal campo e 7/7 lunette nelle ultime 2 gare. Zizic: pompato dagli 11 di ieri, ma 8 rebs/gara nelle ultime 3 vs media sotto i 4 fino alle dimissioni di Banchi (infatti gira meno per il campo inseguendo guardie). Pajola: non è uno scorer o un giocatore “prima l’attacco”, ma dopo Banchi non ha mai tirato meno di 5 volte/gara; prima era capitato il 38% delle volte. Un pensiero all’uomo più solo di tutto il torneo, Kevin Punter: unico costante su alti livelli in una stagione piena di buche per il Barcellona.

4 – JOHN LUCAS II. Prenderla lunga è necessario per dare un’idea (vaga) del carico di basket che alberga in Duane Washington del Partizan, al di là di un talento medio nulla più. Prima di tutto è Jr: Sr era giocatore di basket anche lui, e fu allenato dal titolo. John Lucas Secondo, stella NCAA, poi NBA, a metà anni ’70 durante il college probabilmente il secondo più forte giocatore nero di tennis dopo Arthur Ashe, poi tossicodipendente, poi non più ma non prima del quarto o quinto tentativo, poi allenatore. Allenatore/proprietario dei Miami Tropics (USBL) nella prima metà dei 90’s. Potete chiamarli Miami Rehabs: Lucas allenava (vincendo 2 Titoli in fila) preferibilmente giocatori nella situazione che lui aveva vissuto. Richard Dumas, Roy Tarpley, Chris Washburn, Ken The Animal Bannister, Dwayne The Pearl Washington… Dwayne, non Duane, ma anche Sr giocò nei Tropics, pur non avendo dimestichezza tossica. Lui beveva e tirava dritto dopo aver causato qualche incidente; è anche fratello maggiore (da altro padre) di Derek Fisher, la pg di Kobe e Shaq; è del 1964: considerato che Jr è un 2000 diventa evidente che ha prima troncato gli eccessi e poi figliato. Prima si è anche fermato: ha avuto una carriera pro da 26 destinazioni in 13 anni (!!). Ma nulla si crea e nulla si distrugge, penso che nello sport questo valga ancora di più: il carico di esperienze, conoscenze, incroci, alberga in Jr certamente, senza contare che John Lucas allena ancora e anche da quel lato esiste una prosecuzione. Terzo ha avuto una carriera NBA lunga anche se poco vistosa, e ora è asst a PHO. Jr poteva mai finire a, con tutto il rispetto, Berlino? Sta bene in un posto come lui, con tanto basket addosso.

5 – ZERO-ZAL. 0 Lonnie, 0 Mitchell, 0 Giedraitis. Manek 9 ma 0 tiri da 2. Dunston 0 rebs, così come Mitchell e Smailagic. Un po’ troppi 0 perché Trinchieri riuscisse a tappare ogni falla. Soprattutto affrontando la squadra forse più forma del momento, di sicuro il giocatore più brillante di questa parte dell’anno: ASVEL e Maledon. I Francesi erano lievemente sotto numero (11, fuori Lauvergne, Kahudi e Ndiaye), ma si è presentato con la prima gran gara in EL Melvin, nipote di Alexis AJinca, centro in molte versioni della grande Francia degli anni ‘2000: 17+4 con 6/10 dal campo. Arriverà, sta già arrivando.

6 – TOXIC? Fournier ha un carattere difficile e un’autostima alta, tanto da non ritenere degno di lui il Madison Square Garden (buonasera…), l’esercizio preferito di molti è esaltare i suoi momenti negativi. Anche quando sono uno solo (1/10 dal campo vs la Zvezda) dal 25 ottobre. Per il torneo si tratta di un giocatore lussuoso, con anche tutti gli inconvenienti del caso: una non eccitante propensione difensiva o la conferma che non è vocato alla simpatia nel locker. Sta giocando una stagione solida lottando anche contro quello che ha sempre evitato: sparare tanto. Ha sempre giocato in contesti dove serviva come cecchino di qualità più che sparatutto: nell’assetto 24/25 dell’OLY, invece, deve prendere tiri che non gradisce a un volume mai tenuto. 71 triple sbagliate sono un’enormità anche se la sua % da 3 è superiore al 37%, stesso discorso per il 44/88 da 2. Questi errori necessari sono ciò che fa retrocedere la sua valutazione rispetto ai pti segnati: da 15.3 si scende a 12.9, facendo ipotizzare un’efficacia negativa. Invece è come deve giocare nello habitat tecnico in cui si trova.

7 – EFFICACIA. Il rapporto tra i punti, che sono la cifra più corposa, e il resto dei dati che compongono l’indice di valutazione è dunque molto importante, ma, come nel caso di Fournier, il giudizio deve tenere conto della squadra, della incidenza del giocatore rispetto al roster, del numero di possessi gestiti. Una persa di Armoni Brooks è più dannosa di tre perse di Nunn, scava una ferita nel gioco dell’Armani più profonda di quella che riceve il Pana. I primi 4 realizzatori EL perdono più di 2 palloni/gara. Edwards e Nunn, i primi due, hanno però più punti che valutazione (20.7 per 16.8 e 20.2 per 18.9) mentre Shorts e Maledon incrementano (19.3 / 23.6 e 18.7 / 23.4). Dice molto sulla essenza tecnica della EL il fatto che i due leader siano i soli tra i primi 10 realizzatori a non incrementare: NHD lo fa di pochissimo (+0.5) mentre altri superano anche il margine di TJ e Theo. LeDay +4.1, Mirotic +5, Vezenkov +4.2; esplorando la classifica si arriva al numero 24 di Campazzo, che rivela un incredibile +8. Per i detrattori è strano anche il +1 di Clyburn, numero 25 tra gli scorer. Il valore a tutto spettro di Cordinier è rispecchiato dal +1.9 (incidono i falli e le incorreggibili, per quanto assai più episodiche, isa-boiate). Che il problema di Moneke sia la testa, non il campo, trova conferma nel +4.8. A volte questi dati singoli dicono molto anche di come gioca la squadra. Dopo Shorts, a Parigi viene Hifi, del quale abbiamo già evidenziato il ritmo di sparo elevatissimo (19 mins, 12 tiri/gara): lui decrementa da 14.2 pti a 9.1 in valutazione, ma Parigi gioca diversamente. Migliori % non guasterebbero ma l’input non è la cura bensì ritmo e distribuzione (2pti / 3 pti) dei possessi.

8 – BAYERN/ARMANI STATS. Prime 12 in classifica: BAY e Milano sono quelle con minore margine positivo tra pti fatti e subiti (+14 e 0). In 17 gare sono divise da 30 pti segnati e 18 subiti, roba residuale. Hanno entrambe più di 1050 ma meno di 1100 tiri (Milano tira 110 liberi in più). L’Olimpia ha un roster meno compatto (numero di giocatori utilizzati) anche per via degli infortuni, ma il nucleo è simile: 8 giocatori tra 19 e 29 mins per Messina, 7 tra 20 e 28 per Herbert. Il punto è che, per Milano, questo nucleo esclude Brooks (15), Ricci (14) e Diop (10) che hanno dato contributo determinante a più di una W. Non accade lo stesso all’altra formazione: il corrispondente di Diop per minuti è Madar, che incide solo per il riposo che offre agli altri; DaSilva, con ruolo diverso, non è determinante come Brooks; qualche similitudine si può individuare tra Ricci e Giffey. Il lavoro di Herbert è quantomeno più evidente, forse più facile ma la facilità è stata costruita dal coach americano con la definizione dei ruoli e la costanza del minutaggio. Cosa che esula dai canoni dei panchinamenti punitivi cari a Messina, per esempio. Inoltre: Edwards+Booker sono esterno + lungo mentre LeDay+Mirotic sono entrambi non di centrocampo. A Milano manca un riferimento costante tra gli esterni, almeno finora: ma anche questo va creato dallo staff ed è semplicemente pazzesco che la media minuti di Mannion e Dimitrijevic sia inferiore a quella di Bolmaro, giocatore che non crea e non dirige ma semplicemente trasferisce il pallone.

9 – SCATTA, BLOCCATI. Molte più degli anni scorsi le occasioni in cui alcune formazioni sono sembrate prendere il via: hanno lasciato pensare di potere essere in qualche modo dominanti, ma poi si sono inceppate anche clamorosamente. Parigi è al secondo KO in fila, ASM ha preso una sberla dal Real che pareva in caduta, il Barca era partito benissimo ora ha cerotti e litigi, il Fener ha perso 4 delle 5 dopo aver raggiunto la vetta della classifica… e così via. Non ci sono veri dominatori in RS come il Real dello scorso anno o qualche versione dell’Efes atamaniano. Questo equilibrio vede 1-13 raccolte in 4 sconfitte, contando come fanno nella NBA: la 14 e la 15 sono solo due sconfitte distanti dal Play-In.

10 – HOARD. Insieme a Blatt è la nota lieta del Maccabi. Con la differenza che in un altro sistema non sono certo Blatt renderebbe allo stesso modo, mentre Hoard pare pronto per palcoscenici superiori. Nel raggiungere il posto 12 in valutazione è un po’ aiutato dal minutaggio (31:24, il più alto dei primi 25) e non tira da 3 (28%), ma è 12’ segnando, 11’ prendendo rimbalzi e recupera più di quelli che perde (1.2 / 0.8).