Quando il Direttore mi ha chiesto un pezzo di tecnica, stats e numeri, per ricordare Charles Shackleford non solo umanamente o per i ricordi deliziosi che ha lasciato a noi basketball fans italiani, ho fatto un po’ fatica a lasciare i sentimenti da parte, ma ho accettato la sfida.
Ecco dunque Charles Shackleford attraverso stats and numbers ma non solo…
9,56 – E’ il “rate” di crimini violenti per 1000 abitanti della cittadina del North Carolina dove Shack è nato e morto. Paragonatelo al 3,46 che è la media nazionale USA, o al 3,80 che è la media dello Stato del N. Carolina. Oppure potete prendere il gentile e un po’ ridicolo eufemismo con cui Kinston viene definita: più sicura del 1% delle città americane; ossia, più pericolosa di quasi tutte. Aggiungete che i crimini violenti sono quasi sempre associati agli stupefacenti, ed avrete un quadro chiaro di dove Shackleford sia cresciuto, e di come possa esser stato difficile, e di come sia impossibile liberarsi fino in fondo da certe esperienze. I dati sono presi dal sito Neighborhood.com, che pubblica numeri governativi.
20.000 e 45.000 – Parliamo di US Dollars: sono quelli che fecero finire nei guai e nella bufera Shackleford dopo il college a North Carolina State, nei primi due anni di professionismo. Il giocatore, nell’ambito dello scandalo che colpì il college e il coach Valvano per irregolarità nel reclutamento, fu prima accusato di aver effettuato, per 20.000 dollari e per conto di un “uomo d’affari” del Jersey, tale Bob Kramer, “point shaving” (cioè limare apposta lo scarto delle partite per favorire un risultato invece di un altro e così indirizzare le vincite delle scommesse clandestine). I 45.000 invece li prese dal suo agente: in un’epoca in cui i collegiali nemmeno potevano averlo, un agente, figurarsi farsi pagare da lui.
33 – Il suo numero di maglia a NC State, dove giocò dal 1985 al 1988. Jim Valvano, il vulcanico allenatore, lo voleva a tutti i costi, e anche per lui commise le irregolarità nel reclutamento che tanta confusione crearono, una volta scoperte, e tanto danno portarono, facendo scoprire anche le altre storie di cui sopra, alla fama e alla carriera NBA del giocatore. Dopo il miracoloso Titolo NCAA del 1983, la figura del coach e dei suoi Wolfpacks era diventata simbolo di tutti gli outsiders e gli underdogs, ma tenere alte fama e vittorie era difficilissimo, perché dall’altra parte del fiume c’era il college che identifica il concetto stesso di “establishment”, UNC: Dean Smith, divise azzurrine come certi cieli della Carolina, Michael Jordan, Sam Perkins e tutto il resto. Uno come Charles, città difficile, carattere difficile, non sarebbe potuto mai andare a UNC. Valvano provò anche a mascherare il rendimento scolastico del ragazzo non solo non aveva bei voti, ma nemmeno andava a lezione, e alla fine venne sospeso. Pare che la decisione fu colpa di un’agghiacciante dichiarazione post-partita in diretta nazionale, in cui Shackleford disse: “palleggio e tiro di destro, palleggio e tiro di sinistro: sono anfibio”. Se siete il rettore di una Università, anche se di una “State” University smaliziata e comprensiva, non potete lasciare passare una roba del genere. Verrà riammesso dopo un semestre: un membro della commissione che lo valutò, evidentemente contrario al suo reintegro, disse che “un tizio del genere non dovrebbe stare in nessuna scuola”. Chiaro il riferimento a fatti che coi voti non avevano a che fare: chiamiamoli “personaggi e sostanze”. Come dice Ibra: tu puoi uscire dal ghetto, ma il ghetto non uscirà mai da te.
16+9 – Punti e rimbalzi a NC State. In 3 stagioni passò da 10.3 a 16.6 punti, e da 6.1 a 9.6 rimbalzi. Sviluppò un jump-hook che ancora oggi posso rivedere senza nemmeno chiudere gli occhi, e chiaramente era un prototipo nuovo di giocatore, uno di quelli in cui la pura tecnica (alla Joe-Barry Carroll, per intenderci) lasciava spazio a un maggior impatto del fisico, senza però che la tecnica venisse umiliata. E non crediate che 16+9 fosse roba semplice nel college basket di allora, per una pura questione di possessi a disposizione: il panorama era composto da squadre che potrebbero far apparire coach Obradovic un folcloristico spregiudicato amante del gioco improvvisato e della difesa a casaccio; le gare su due tempi con l’orologio a 35’’ rendevano impossibile il numero di possessi/partita che vediamo oggi. Ovvio, dunque, che l’interesse dei pro fosse alto anche se non ossessivo.
32 – Il numero con cui venne chiamato al Draft del 1988. Lo scelsero i Nets, non esattamente la crema della NBA. Sulla chiamata, ma anche sul rendimento successivo, pesarono le voci sui suoi comportamenti extra-cestistici… che non erano solo voci. E nonostante prendesse vagonate di rimbalzi, pesavano anche certi giudizi tecnici sulla sua indolenza al tagliafuori e sulla posizione dei suoi piedi in alcuni movimenti offensivi. Abbiamo già detto che Shackleford era un prototipo di nuovo giocatore, e in quanto prototipo certo perfettibile, ma la pervicacia delle critiche era alimentata dalle voci su quel che stava fuori dal basket. Non c’è niente da fare: a parità di “difetti” alcuni vengono sempre aiutati o bonariamente giudicati (per esempio Lloyd Daniels), mentre con altri ci si accanisce: è una orribile regola, ma vera. In ogni caso, lo danneggiò anche il suo essere un po’ avanti sui tempi: fosse arrivato al basket dieci anni dopo avrebbe avuto molti più riconoscimenti. Sarebbe stato il giocatore interno ideale per il gioco “4 fuori” di adesso. Vedo giocare i Golden State Warriors ogni due notti, e Shackleford al posto di Bogut o Pachulia non è follia.
8,2+6,8 – Sempre punti e rimbalzi, il suo massimo nella NBA. Proprio l’anno prima di arrivare a Caserta. E qui occorre mettere un altro numero, ma con esso inizierà la seconda parte della Storia di Charles Shackleford, quindi:
to be continued…