Terminata la stagione regolare al quinto posto del girone verde, Urania si appresta ad affrontare la prima postseason della sua storia in A2.
Inserita nel mini-gruppo a sei squadre con Ferrara, Eurobasket Roma, Chieti, Treviglio e Verona, la società di Viale Cirene con grinta e voglia di stupire cercherà di dar seguito agli ottimi risultati ottenuti durante un’anomala stagione regolare in cui, tra rinvii e positività, nonostante tutto è riuscita migliorare il record registrato al termine dell’annata precedente (14 vinte e 12 perse quest’anno, 13-13 nel 2019/20).
Prima di condurre i suoi uomini su palcoscenici totalmente inediti, coach Davide Villa ha fatto il punto ai nostri microfoni sulla parte di stagione appena conclusa e analizzato alcuni dei temi chiave di una seconda fase ormai ai nastri di partenza.
Ferrara, Roma, Chieti: un giudizio sulle tre rivali che affronterete nel girone giallo. C’è una squadra che, a tuo avviso, pensi possa mettervi più in difficoltà di altre?
Qualificandoci a questo girone, era normale pensare che avremmo affrontato tre buone squadre, di livello superiore o pari al nostro: Eurobasket si è qualificata con largo anticipo stando con costanza ai vertici nel suo girone e dimostrando grande solidità; Ferrara ha avuto problemi di Covid-19 che l’hanno condizionata (come successo è tanti) ma ritengo che senza quelli probabilmente avrebbe lottato per il girone bianco; Chieti ha sicuramente dei giocatori e delle caratteristiche interessanti. Tra queste, mettendo da parte i discorsi sulla condizione fisica (che capiremo quando ciascuna giocherà contro gli avversari che abbiamo già affrontato), mi sembra che la Top Secret, essendo sotto molti aspetti simile alla squadra che abbiamo sfidato lo scorso anno, sia la formazione più tosta, più completa e più lunga del raggruppamento. È difficile in ogni caso avere un raffronto preciso e fare un pronostico.
Speriamo che la variabile Covid-19 non giochi un ruolo determinante in questa fase…
I problemi legati al coronavirus, per quel che concerne la stagione regolare, si è riusciti a gestirli in extremis visto che gli ultimi recuperi sono stati disputati appena in tempo. Se adesso si ripresentassero problematiche simili non ci sarebbe tempo per intervenire e sarebbe veramente complesso trovare un modo per ridisegnare la classifica.
Rispetto all’anno scorso, Urania ha cambiato qualche giocatore, ne ha tenuti altri ma pur modificando gli addendi ha comunque ribadito (anzi leggermente migliorato) i buoni risultati ottenuti nel 2019/20 sia a livello di vittorie che in termini statistici: quanto questo traguardo è un motivo d’orgoglio per te e il tuo staff?
Quanto siamo riusciti ad ottenere è il risultato di un percorso iniziato diverse stagioni fa e dev’essere motivo d’orgoglio per tutti, non solo per lo staff. L’anno zero, il punto di partenza dell’attuale conformazione societaria e di squadra, è stato il primo anno in Serie B. Lì sono state tracciate linee che non sono mai state stravolte. Da quel momento, infatti, è cambiato davvero poco a livello di impostazione e struttura in Urania: l’unica cosa che abbiamo fatto è stato apportare delle lievi correzioni in base alle necessità. È per questo che, pur variando gli interpreti, siamo riusciti a mantenere sempre una precisa identità dentro e fuori dal campo. Siamo tutti contenti di ciò: non è una cosa da poco fare per quattro anni di fila dei passi in avanti.
Riguardo a questa stagione, non so se avremmo potuto avere numeri e successi ancora maggiori. Forse avremmo potuto fare qualcosa meglio a livello di performance. Questo gruppo aveva e ha tutt’ora dei margini importanti a livello di gioco ma quest’anno, per via del calendario e dei tempi ridotti per lavorare sugli errori, spesso non è riuscito a esprimersi come poteva. Il tempo a nostra disposizione però non è ancora finito…
L’aver raggiunto, nonostante tutto, una fase che nel 2020 non siete riusciti a disputare per ovvi motivi, vi darà una motivazione extra per far bene?
Ad oggi, più che il rimpianto o il pensiero di non aver giocato la seconda fase nel 2020, ho solo addosso la voglia di fare questa prima esperienza. So che i playoff di A2, sia per me che per Urania, rappresentano una novità e quindi voglio disputarli con grande curiosità e orgoglio.
Affronterete Chieti con due soli match nelle gambe nei 23 giorni precedenti: ritieni che questo alla fine possa rivelarsi più un vantaggio (perché dopo mesi molto intensi avete avuto modo di ricaricare le batterie) o uno svantaggio (perché sarete obbligati a ricercare da subito il ritmo gara e la giusta tensione)?
Non saprei dire. Non c’è una regola in questo senso. Abbiamo avuto la “sfortuna” di rimanere fermi ma la fortuna di farlo non per un tempo lunghissimo se consideriamo che, in fin dei conti, ad aprile abbiamo atteso tra una sfida e l’altra solo tre giorni in più rispetto a una normale settimana di campionato. Il periodo di stacco non è stato né troppo né troppo poco per incidere positivamente o negativamente sulle sorti della gara di sabato. Spero però che, a favore di Urania, giochi il fatto di aver avuto una settimana tranquilla in cui abbiamo potuto gestire normalmente i carichi: Chieti, infatti, dopo aver giocato ed esser tornata da San Severo, domani sarà costretta immediatamente a partire per Milano.
Solitamente quando in palio inizia ad esserci qualcosa di importante, le squadre accorciano le rotazioni e si affidano sulle certezze acquisite durante l’anno: al contrario, Urania potrebbe giocare qualche carta a sorpresa concedendo più spazio a qualche giovane?
Noi quando aveva senso farlo abbiamo sempre provato ad allungare le rotazioni. Tra febbraio e marzo, ad esempio, percependo la stanchezza della squadra abbiamo fatto partire Matteo Franco in quintetto perché sapevamo che poteva giocare minuti importanti in avvio. Per me, se c’è la possibilità di allungare la rotazione, questo deve essere fatto. Non credo che, a prescindere dal momento della stagione, si debba decidere prima se ampliare o meno la rotazione: questa è un’operazione che va fatta valutando di gara in gara se ce ne sia la possibilità.
In ottica playoff, dove si giocherà ogni due giorni, devi avere dei giocatori in grado di darti dei minuti di qualità. Noi sappiamo, per quel che riguarda Urania, che sia Franco che Pesenato possono giocarli perché, oltre a farsi trovare pronti in partita quest’anno (vedi le difese del primo su Miles contro Orzinuovi o i 15 minuti giocati dal secondo a Torino contro i lunghi titolari della Reale Mutua), si sono innanzitutto dimostrati pronti in allenamento. Abbiamo molta fiducia in loro e sappiamo che, se vi sarà occasione o necessità, li impiegheremo.
Ci sono poi altri ragazzi che potrebbero avere qualche minuto come Chiapparini e Cavallero che, seppur non siano fisicamente ancora al livello dei due sopracitati, sono molto interessanti e in allenamento hanno fatto vedere buone cose. Disputando questa fase senza l’ansia di dover a tutti costi raggiungere qualcosa, anche loro potrebbero giovare della situazione e, dunque, esser utilizzati.
Al termine della gara con Orzinuovi hai detto “non c’è sempre una ragione emotiva dietro quello che succede in campo”: ecco, qual è stato a livello emotivo il momento più complicato quest’anno in regular season?
Il pre-Treviglio nel girone di ritorno è stato delicato perché arrivavamo da due sconfitte di fila e la classifica era molto corta. In più, ci siamo resi conto che qualche giocatore era un po’ sfiduciato e abbiamo dovuto lavorare un po’ per recuperare confidenza. Non lo definirei comunque complicato perché il gruppo si è sempre comportato bene. Il -30 di Bergamo poi è stato sicuramente una bella botta, forse la più importante, ma è stato semplice gestirla perché siamo riusciti subito a catalogarla come ‘incidente di percorso’ e non ha lasciato strascichi. Per farlo c’è voluta lucidità da parte di tutti perché ci si mette un attimo a trasformare in un dramma qualcosa che non lo è.
A proposito di emotività, più volte quest’anno quando c’era bisogno di una scossa questa è arrivata dal duo Piunti-Raspino: sono loro il vero barometro emotivo della squadra?
Si, sono quelli che per l’energia che mettono e per il modo di stare in campo alzano l’intensità. Lo fanno senza rendersene conto perché fa parte della loro natura di giocatori, è una loro caratteristica. Sono quelli che ci hanno dato più scosse, è vero, ma anche quelli che, non riuscendo a gestire la loro emotività in alcuni momenti, hanno indotto Urania ad andare fuori giri da questo punto di vista. In molte situazioni quindi ci hanno rianimato, in altre invece (molto poche a dire il vero) ci hanno portato a sbandare. Il loro ruolo è molto importante e per quello che fanno sono fondamentali. Da Raspino questo ce lo aspettavamo perché in questa categoria gioca da anni, mentre l’apporto di Piunti, considerando la sua storia, è davvero da sottolineare.
Su di lui potremmo scrivere un libro. Senza voler togliere nulla agli altri, se pensiamo al percorso che ha fatto, è il giocatore che più incarna e rappresenta questa società. È partito con Urania dalla Serie B, aveva conquistato tre promozioni ma nessuno aveva voluto tenerlo mentre qui, anche per meriti propri, si è dimostrato un giocatore di questo livello e quest’anno è ulteriormente cresciuto. Fa un sacco di cose per noi imprescindibili. Grazie a lui siamo riusciti a sopperire a diverse giornate storte di altri giocatori e credo che, parallelamente, quando lui gioca male noi subiamo tantissimo.
A livello personale poi, dopo tre anni e tutta la crescita fatta assieme, con lui si è creato un legame particolare: a volte tenerlo a freno è difficile e litighiamo, ma i nostri battibecchi si sono sempre rivelati fonte di grande ispirazione. Ovviamente non è l’unico con cui si è costruito un rapporto: per come alleno e vivo la pallacanestro, infatti, mi sembra folle non finire per instaurare dei legami.
Nel post-partita con Orzinuovi hai messo l’accento anche su un fattore importante come la continuità durante la gara. Come si allena per migliorarla?
È molto faticoso allenare un aspetto come la continuità. Sotto questo aspetto, in allenamento proviamo a gestire il numero di campi da giocare, passando da sessioni su tre campi ad altre su due una volta che la squadra ha acquisito un certo tipo di controllo. Lavoriamo prima su momenti brevi e poi su periodi progressivamente più lunghi. All’interno di questi momenti, la nostra idea è quella di provare a mantenere ad un livello accettabile il numero di errori: se ne commettiamo uno, ad esempio, rallentiamo per evitarne di cadere subito in un secondo e iniziare una serie. L’errore quindi è ammesso, non lo è farne a ripetizione: in allenamento, ad esempio, quando ciò accade sottraiamo anche due punti per dare un preciso input ai giocatori e gestire emotivamente l’errore. Cerchiamo anche di far capire che rimediare individualmente a un errore commesso è sbagliato: bisogna farlo collettivamente, chiamando magari un gioco in cui tutti siano coinvolti.
A proposito del lavoro in palestra, Stefano Bossi qualche tempo fa ha detto che, a causa del calendario, l’alchimia tra i giocatori è stata costruita più durante le gare che in allenamento: visti il minor numero di impegni nell’ultimo mese, questi giorni quanto possono esser stati utili per proporre una versione migliorata di Urania?
Quello che ha detto è corretto. Riguardo all’incidenza del calendario credo anch’io che questa squadra probabilmente ha fatto più fatica a esprimere realmente la sua qualità e il suo potenziale per via dei tanti impegni ravvicinati. Guardando all’amalgama e ad una migliore assimilazione del sistema di gioco, questa pausa può aiutare ma relativamente. Si possono fare dei passi in avanti ma un conto è correggere e lavorare su certi aspetti adesso, un conto è farlo gradualmente durante l’anno.
Positività, rinvii, riprogrammazioni: quanto è stato duro per voi, a livello nervoso e mentale, lavorare quest’anno?
Molto perché da un certo punto in poi non ci siamo più fermati. Ci sono state delle settimane a inizio anno in cui, causa Covid-19, due o tre volte ci è stato detto il giorno prima che non avremmo giocato. Noi, al tempo, non avevamo ancora iniziato la regular season, non scendevamo in campo dalla Supercoppa e ad un certo punto ci siamo trovati con alcuni ragazzi isolati in casa e altri che, essendo negativi, hanno continuato a lavorare sul campo: quest’ultimi, oltre a non poterne più di allenarsi in numero ridotto, si son visti anche annullare un match dopo l’altro. Quel frangente, a livello mentale, è stato parecchio complicato e infatti all’inizio abbiamo faticato tantissimo. Poi in realtà non abbiamo avuto altri problemi. È stato faticoso gestire tanti turni infrasettimanali e adeguarsi a ritmi a cui non eravamo abituati ma questa, tutto sommato, trovo anche che sia stata un’esperienza istruttiva. Essenzialmente abbiamo accettato il fatto di non poter aggiustare le cose subito, di dover scegliere cosa sistemare e cosa preparare a seconda dei casi.
Pensi che, per Urania come anche per le altre squadre, a questo punto le energie mentali rimaste possano pesare più di quelle fisiche?
Peseranno entrambe, le cose sono legate. Le prime entrano maggiormente in gioco quando ti stai giocando qualcosa come un playout o una salvezza. In ogni modo, sarà importante per tutti i team gestirsi sotto questi aspetti per non pagare le tante gare ravvicinate e rischiare di arrivare in fondo svuotati.
Chi sale e chi scende secondo te.
Se restano in parti opposte del tabellone resto con Torino e Napoli. Nel girone nero non saprei. Biella e Bergamo hanno fatto un girone di ritorno importante e venderanno cara la pelle. Starei con le squadre del mio girone.
Per Urania su cosa metteresti la firma oggi?
Passare il primo turno, e quindi vincere la prima serie di playoff in A2 della storia di Urania, davanti anche solo a 500 fortunati. Sarebbe sicuramente qualcosa di bello dopo una stagione del genere.