Vent’anni d’attesa per tornare sul trono d’Italia, due decenni di sofferenze, anni bui, rinascita e programmazione, l’elemento cardine sul quale Massimo Zanetti ha costruito questo inatteso quanto meritato trionfo.
La Virtus è tornata, Bologna è di nuovo Basket City, almeno per quanto riguarda la parte bianconera della città. Lo Scudetto è la giusta ricompensa di un progetto pluriennale e corona un dominio portato avanti già dallo scorso campionato, poi interrotto dal Covid, come tutte le nostre vite. E’ stato un successo facile solo in apparenza, vuoi perché tra la favorita Milano, Brindisi e Venezia, la concorrenza era decisamente nutrita ed agguerrita, sia perché negli ultimi mesi la nave bianconera aveva dovuto subire due scossoni non da poco quali l’esonero (poi rientrato nel giro di 24 ore) di Djordjevic e la cocente delusione maturata in semifinale di Eurocup.
I bianconeri hanno saputo far quadrato attorno al proprio coach, che dal canto suo ha avuto il gran merito di portare avanti la propria idea di pallacanestro, vincendo la non facile scommessa Belinelli (un eufemismo, ovviamente), un campione planetario che Sasha ha saputo inserire senza destabilizzare un telaio già collaudato.
Ma questo non è stato l’unico aspetto decisivo alla base del successo virtussino, visto che è doveroso sottolineare anche l’importanza data dal coach serbo al nucleo italiano, il collante che ha permesso la non scontata integrazione fra la truppa americana e la leadership tecnica e mentale di Teodosic e Markovic.
La crescita di Alibegovic, il giusto dosaggio per l’esplosivo Abass, la consacrazione di Ricci, la scoperta dello sconfinato talento di Pajola (a proposito, Rodriguez sta ancora cercando di prender sonno), che tornerà utilissimo anche in chiave azzurra; questi gli elementi che hanno, di fatto, completato l’opera d’arte basata sulla fisicità e la tecnica di Weems e Gamble, sulla regia di Teodosic, meritatamente MVP delle Finals, sull’energia e la guida “silenziosa” di Markovic, uno che non vorrebbe perdere nemmeno giocando a carte con un bambino.
Per Milano una sconfitta bruciante e netta, che chiude come peggio non si poteva una stagione nata con la vittoria in Supercoppa e proseguita con la netta affermazione in Coppa Italia, trofei che si aggiungono ad un bel cammino in Eurolega, torneo che ha consentito all’Olimpia di ritrovare quella vetrina internazionale smarrita da troppi anni; alla luce del fragoroso K.O. in finale, si può dire che la cocente delusione di Colonia ha spento mentalmente il gruppo di coach Messina, costretto a fare i conti anche con un preventivabile calo delle energie, poi venute totalmente a mancare negli ultimi 15 giorni.
Il titolo numero 16 della storia virtussina è il primo per tutti i giocatori bianconeri ad eccezione di Belinelli, già campione con la Fortitudo Bologna nella stagione 2004/05, ed Abass, che fu tricolore proprio con Milano nel campionato 2017/18. Il 10-0 con cui “coach D” e la sua band hanno stravinto questi playoff, pur essendo un primato per il sodalizio bolognese, non rappresenta un’eccezione per la pallacanestro italiana, dato che tale record era stato stabilito anche da Siena nelle stagioni 2008/09 e 2009/10.