Pier Paolo Pasolini in un celebre libro parlava di belle bandiere, a proposito di persone che avevano sposato un’ideologia.  A suo modo anche l’ingegner Pierluigi Marzorati, autentica leggenda della pallacanestro europea, incarna una fede. Nel 1969, quando l’uomo metteva piede sulla luna, “Pierlo” debuttava nella Pallacanestro Cantù. Nel 1991, quando il mondo era totalmente cambiato sotto molteplici aspetti, lui vestiva ancora quella mitica canotta biancoazzurra. Il personale catalogo degli allori conquistati spazia dalla coppa campioni agli scudetti, dalla Korac alla coppa delle coppe, all’intercontinentale. Tutto messo in bacheca almeno due volte. Allori pregiatissimi anche in maglia azzurra. Campione d’Europa a Nantes nel 1983, splendida medaglia d’argento olimpica a Mosca nell’80, tre bronzi continentali. Una carriera strabiliante, sublimata nell’inserimento nella Hall of fame italiana ed in quella della FIBA. Fosforo, regia, punti: in sintesi, leader senza se e senza ma. La grandezza del giocatore è pari alla disponibilità ed all’umiltà dell’uomo.

In che modo si è avvicinato alla pallacanestro?

«Da ragazzo praticavo altri sport, in particolare calcio e atletica. Proprio la facilità nella corsa ha fatto di me un contropiedista naturale. Inoltre, la stessa atletica mi ha aiutato considerevolmente nel coordinare i miei movimenti, anche se ritengo che certe doti siano innate».

Parliamo di un’epoca dove la strada era autentica maestra di vita.

«Sono cresciuto all’oratorio di Figino Serenza, il mio paese d’origine. Vedendo la prima allenarsi nella celebre palestra Parini, decisi di provare ad imitare questi grandi campioni. I miei primi riferimenti sono stati Carlos D’Aquila, Tonino Frigerio, Bob Burgess, Carlo Recalcati, Alberto Merlati, Alberto De Simone. Ragazzi che, guidati dal grandissimo Boris Stankovc, conquistarono nel 1968 il primo scudetto canturino». (a cura di Gerardo De Biasio) – Continua a leggere su Basket Story #38 


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