Appuntamento con NBA Twelve.

1 – JAY HUFF. Al quarto anno, poca NBA e tanta G-league, ha trovato spazio nei Grizzlies abbonati agli infortuni: è uno dei 5 presunti comprimari che, grazie al fatto di essere sempre presenti, sono diventati pietra angolare del buon inizio di MEM. Si tratta di un 216 cm con mano educatissima da 3: due terzi dei suoi tiri sono triple e le imbuca con il 43%. Lasciato in campo un numero decente ma non elevatissimo di minuti (15) produce un numero elevato di punti (9) e soprattutto di stoppate (1.3). Se percentuali e punti possono, per alcuni, soffrire dell’estensione dei minuti, per le stoppate non accade: portando Huff a impiego da titolare diventerebbero 3.2. Quasi la cifra del leader stagionale (Wemby a 3.4) in una classifica che vede Huff in ogni caso 15’ e dei primi 50 è quello che gioca meno.

2 – JAYLEN WELLS. Anche lui uno dei sempre presenti di MEM. Rookie scelto non alto, al n. 39, ma 17 volte su 22 in quintetto. Porta una ottima mira con il 39% nelle triple e anche un discreto equilibrio nelle scelte di tiro. 113 da 3 ma anche 105 da 2, in una formazione che ha trovato strada facendo alcuni dei migliori triplisti. Meno male, perché pezzi ben più pregiati e attesi del roster non hanno nel tiro da 3 il loro forte: JJJr e Bane sono sotto al 34%, Smart e Ja sotto al 30.

3 – MAGIC. Mentre scrivo, i Magic hanno appena preso una severa lezione dai Knicks, mitigata nei numeri dal +16 dell’ultimo periodo e nei fatti dalla corsa effettuata da ORL dopo l’infortunio di Banchero. Dopo avere perso 4 gare in fila appena uscito di scena Paolo, infatti, la squadra ha messo insieme un parziale di 12-2. Merito principale alla difesa: i Magic, pur avendo avuto qualcosa in più da ogni giocatore, restano una formazione in cui solo 3, eccetto Banchero, sono in grado di andare stabilmente in doppia cifra. Si tratta dei fratelli Wagner e di Jalen Suggs: rispettivamente tipi da 24, 13, 15. Il calendario ha fatto la sua parte: nelle 12 W contiamo solo 2 “Quality Wins”: vs PHO (però priva a sua volta di Durant) e vs LAL; 6 delle altre 10 sono arrivate vs squadre al momento fuori dalla post-season o letteralmente disastrate (Nola, Hornets x 2, 76ers, WAS).  Quindi la permanenza di Orlando ai vertici della EC è dovuta anche a circostanze favorevoli (calendario, relativa qualità della Conference), non solo alla solidità della squadra. In ogni caso questo è ancora un anno di introduzione per i Magic, e l’infortunio grave che ogni carriera deve attendere è arrivato, in un certo senso, al momento giusto: come periodo della stagione e come momento nel percorso della franchigia.

4 – KEVIN DURANT vs PHOENIX SUNS. Con KD in campo, i Suns sono 11-2 in stagione, senza di lui, al 4 dicembre, 1-6. Escluso il dominante successo vs i Lakers (+27), PHO ha vinto le altre 10 di 5.5 pti: media che rispetta il canone NBA di close game e segnale che non farà felice coach Budenholzer circa la reale sostanza dei suoi. Anche con KD in campo si vince di poco (e malino). In certi casi mi piace parlare di abitudini più che di caratteristiche. Infatti i Suns, complessivamente, subiscono gli stessi pti che segnano, concedono (all’interno di differenze di decimali) le stesse % con cui realizzano sia da 2 che da 3, le stesse stoppate, perse, recuperi, rimbalzi. Con cifre del genere, è chiaro che si sia davanti a una serie di comportamenti più o meno consolidati più che a uno o più aspetti tecnici. In questi comportamenti deve incidere il lavoro di Bud, per portare ai PO una formazione che, sana, in postseason potrà fare valere non una difesa diventata improvvisamente di ferro, ma la personalità, il carisma e il clutch dei suoi Big3. In un’epoca segnata dagli infortuni il rischio di un assetto Big3 (e PHO lo sa benissimo) è altissimo; ma il senso di una combo del genere è proprio di, al momento giusto, farlo pesare. Potrebbe anche funzionare, in una Conference in cui, per ora, la qualità è alta ma non esiste una franchigia dominante. Servirà anche che qualcuno si dia una svegliata: dei primi 7 per minuti solo Durant tira sopra al 50% dal campo e Beal si salva con il 49.7; il resto è abissi come il 42% di O’Neale e Nurkic o il 39% di Allen.

5 – TYLER HERRO. Il suo problema è che si fa male spesso. Non ha mai mancato meno di 15 gare/anno e in totale nei suoi 5 ha giocato 284 volte su 410 disponibili. Quest’anno è ancora integro e sta tenendo le medie e i globali migliori in carriera su tutto. Semplicemente indispensabile per i Miami Heat. Herro è stato NBA 6th Man nel 2022: questo (insieme agli infortuni, alla morigeratezza mediatica degli Heat e alla presenza di Jimmy Butler) ha plasmato di lui un’opinione generale di grande complemento ma non di uomo-perno. Il 24/25 cambierà questa opinione: si tratta di un All-NBA a tutti gli effetti. Con 24.2/gara è 19’ scorer e merita un approfondimento il posto 36 nella % da 3. Nei primi 60 della NBA, solo 7 hanno un numero di tiri superiore a 8 (Powell, LAC) e fino a 10.5 (Edwards, MIN): tra loro Herro è 4’ col 42% dietro proprio a Powell (50.7) Pritchard (8.8 tiri, 42.8%) e AE (42.3). Ha quindi una posizione di assoluta supremazia, ed è primo o secondo in ogni categoria per gli Heat, dai pti ai minuti a rimbalzi e assists.

6 – SHAI vs LUKA. Dallas sta recuperando terreno a Ovest e uno degli scenari possibili per le WCF è lo scontro tra i due. Sarebbe interessantissimo anche per esaminare e comprendere a fondo le differenze innumerevoli fra loro: differenze che però portano a uguale risultato, essendo dominanti e condizionanti per le rispettive formazioni. Si potrà vedere con alta posta in palio e su lungo confronto (fino a 7 gare) quanto l’ingombro (aura, personalità, fisico/panza) di Luka possa prevalere sulla maggiore sottigliezza / timidezza (di nuovo aura, personalità, fisico) di Shai. I Mavs hanno un assetto più “stelle” mentre OKC pare più “plotone”, e differenti sono storie personali e atteggiamento dei due allenatori. In questo momento della stagione faccio notare, attraverso le stats, gli elementi che separano maggiormente le due squadre. OKC ha la migliore difesa della WC e la cosa si nota nel rapporto dei tiri effettuati e concessi (92.5 vs 85: più di 7 è una differenza notevolissima), nelle % tenute e concesse dal campo (46 vs 42) e nel saldo perse/recuperi che è addirittura favorevole di 3 decimi (11.6 vs 11.9). I Mavs su un numero di tiri simile segnano molto meglio di OKC (49% totale, 37% vs 34 da 3, 57% vs 54 da 2) e sono anche più spesso in lunetta (23 vs 19); al contrario nelle stats difensive concedono più dei Thunder e sono ampiamente negativi (saldo -5.7) nel rapporto perse/recuperi. Più talento per DAL e più disciplina per OKC è forse equazione un po’ sbrigativa, ma non falsa. Ci vediamo alle WCF (?).

7 – HALIBURTON. Mentre come figura di pg emergente sale a Est Cade Cunningham, incontra difficoltà quello che era l’emergente fino all’inizio di questa stagione. Emergente già emerso, tanto da essere medagliato olimpico con T-USA a Parigi, ma vittima quest’anno di una decisa involuzione che parte dalle percentuali (anche dei compagni). Secondo nel 22/23 e primo nel 23/24 sempre con 10+ ass/gara, quest’anno ne referta 8.4, e i due circa che gli mancano possono essere tranquillamente ascritti a compagni sciuponi, non a sue mancate visioni. Però è sempre stato uomo sopra al 47% dal campo, mentre quest’anno è poco sopra al 40, con un calo più preoccupante nelle % da 3. Nel22/23, l’anno in cui si mise sulla mappa NBA, tirava 7.2 triple col 40%; l’anno scorso, maggiori responsabilità e più tiri, 7.8 col 36.4; quest’anno, altro aumento di volume e siamo a 8.6 col 33%. Ecco l’elemento di preoccupazione: all’aumento di volume corrisponde sempre un calo di precisione, ma non di questa portata; non di 6.7 punti percentuali a fronte di 1.4 triple in più.

8 – LAKERS AL BUIO. Caduti al limite della zona Play-In dopo la sconfitta 6 nelle ultime 8 gare. A Miami il 5 dicembre hanno preso 134 pti: 25 più della media degli Heat, ma anche quasi 20 più di quanti gli stessi Lakers concedano. L’ambiente di LAL, dall’arrivo di James, è perplesso e depresso: nonostante (ma forse anche a motivo di) un Anello vinto in condizioni non ripetibili (come il re-start della preparazione di Monociglio). James a LosAngeles ha portato e porterà tanto a sé ma pochino alla franchigia, obliterata dalla debordante personalità di Mr. Legacy. LBJ pensa sempre alla propria casa, mai a quella della squadra e questo atteggiamento ha assunto proporzioni destabilizzanti a L.A. dove si sono persi giocatori di livello per fare spazio a lui, dove si sono persi anni per andare dietro alle sue richieste/esigenze, dove anche quest’anno si parlava più della stagione father&son o dell’intenzione di giocare tutte le 82 gare per fare un record (ovviamente) personale. Un ambiente simile ha bisogno di continue scosse, iniezioni positive, continui anticorpi al James-ismo: cose che è umanamente impossibile produrre al ritmo necessario. Finito anche l’effetto-Redick, allenatore che evidentemente ci tiene, ma che, oltre a cadere in alcuni errori tipici anche dei suoi predecessori, forse non ha un bagaglio sufficiente per tenere la testa a galla. Un suo analogo, ovvero un cronista diventato coach, è Steve Kerr: MA era diverso l’ambiente (GS meno tossico e veniva da una gestione positiva con Mark Jackson) e soprattutto Kerr aveva vissuto e vinto insieme a Jordan; il che gli dava tutt’altra patente, tutt’altra esperienza, tutt’altra buccia.

9 – AARON GORDON. I Nuggets sono partiti male, anche se non orrendamente come la critica aveva dipinto. Si stanno riprendendo, una parte di primo piano ha questo giocatore spesso sottovalutato, che ha anche saltato 9 gare per infortunio. Gordon ha costantemente sviluppato il proprio gioco negli anni, tanto da arrivare in questa stagione a tirare 16/32 da 3 al 6 dicembre. Porter Jr, il suo compagno di squadra noto come triplista, tira molto di più, ma in ogni caso sulle prime 30 triple di stagione ne aveva imbucate 7. AG ha anche il secondo plus/minus per DEN: + 57 sulle 9 gare giocate, essendo stato positivo in due sconfitte.

10 – RIMBALZI 1. Towns comanda la NBA per totale rimbalzi: era rimasto lontano dagli attuali 13.1/gara anche negli anni migliori tra 2016 e 2018. La perdurante assenza di un centro di ruolo nei Knicks agevola evidentemente questi numeri, ma il ritorno di KAT sotto le plance “vere” resta degno di nota

11 – RIMBALZI 2. Essendo Dominicano Towns è ed è percepito come USA, ma esaminando per esempio la classifica rimbalzi si possono capire le origini di certe posizioni protezioniste contro l’afflusso dei talenti internazionali nella NBA. KAT è primo: i 5 dopo di lui sono Europei. Poi Monociglio al posto 7. Poi, per arrivare a 15, troverete altri 5 Europei, quindi solo altri 3 USA. Il 15’ è il primo non-centro: Jalen Johnson.

12 – JALEN JOHNSON. Giocatore semplicemente eccezionale, che, nel mio Mock al Draft 2021, avevo sponsorizzato in maniera decisa. Solo per motivi comportamentali era scivolato fino al posto 20. Il cattivo comportamento era stato dire a Coach K “Ad allenarti ci vai tu” quando non erano ancora chiaro cosa fare a Covid calante tra Autunno 2020 e primavera 2021. Ne era nata una piccola polemica che nel mondo dei santoni intoccabili, inevitabilmente, aveva visto il potenziale infinito di JJ finire in secondo piano rispetto alla “boccaccia”. Quest’anno 9.9 rebs e 20.1 pti: posso dire 20+10 di media? Si tratta di giocatore immenso (tira come una guardia, prende rimbalzi come un centro) che non ha ancora raggiunto il suo livello massimo. E gioca negli Hawks: ha già firmato un’estensione 120 x 4 fino al 28/29; tra essere il primo contratto veteran e la scelta relativamente bassa al draft era più o meno il massimo cui potesse aspirare, ma, con certi altri contratti in giro, si sta delineando come autentico colpaccio per ATL o per chi da lì volesse liberarlo: ne vale la pena. Un nome a caso: tra 1 o 2 anni a BOS potrebbero valutare che ha 6 anni meno di Jaylen Brown…