Le cinque migliori squadre NBA al conto delle ultime 10 gare rivelano 4 sorprese (dati considerati escludendo la notte appena trascorsa).

Celtics, 9-1 e miglior bilancio della NBA: posizione potabile anche in off-season, ma, lo ammetto, ero sicuro che il pasticcio-Udoka avrebbe influito molto di più.

Pacers e Kings, 8-2: incredibile, semplicemente. Notare anche come le due formazioni si siano recentemente scambiate giocatori in una trade evidentemente win/win. Sabonis, Lamb e Justin Holiday in California; Haliburton, Hield, Tristan Thompson a Indianapolis. Solo Sabonis, Haliburton e Hield sono rimasti negli attuali roster, ma con grande impatto.

Wizards e Clippers, 7-3: se i Clippers potevano essere attesi a un campionato almeno dignitoso, resto in attesa del passaggio alle 21 gare (un quarto di stagione) prima di dire davvero qualcosa di positivo su Washington.

A mio modo di vedere, la sorpresa davvero incredibile è costituita dai Kings. Come diceva Buffa anni addietro, a Sacramento hanno anche le cheerleader (quelle vere) con la pancetta. Oppure pensate questo: quattro anni fa, mentre era ai Kings, Darren Collison (appena 31enne) scelse di mollare il basket e diventare predicatore di Geova. È una franchigia disastrata, che negli anni 2K ha smesso di esistere sul serio nel 2002, dopo il furto che i Lakers hanno loro fatto nelle CF. Da allora hanno sprecato tutto il talento sprecabile, (Gay, IT4, Cousins, altri) dandosi a management (la Serbian Connection Vladone-Peja) di competenza dubbia.  Da 2 anni il CBO è Monte McNair, che a HOU aiutò Morey a costruire la squadra quasi capace di arrivare alle Finals. Le magate di MMcN finora sono state: Sabonis, Huerter da ATL, Keegan Murray al Draft 2021, Malik Monk sottratto ai Lakers offrendogli 3MM in più di quel che i gialloviola, impiccati quanto a salary cap, potevano dargli. E Mike Brown. Coach Brown non è tra i miei preferiti, ma rispetto a Walton Jr è un upgrade fantastico, con esperienza anche di basket FIBA (coach della nazionale nigeriana). Infatti, con qualche adattamento in tema di ritmo offensivo (è molto ben visto lo sparo entro i primi 6 secs), i Kings giocano una offense di stampo EL, che sfrutta soprattutto la porzione centrale e alta della metà campo offensiva (vedi foto). Se guardate un paio di gare dei Kings, vedrete come il 90% dei loro possessi nasca in quella porzione di campo. Il fulcro di tutto è Sabonis: sono vitali sia la sua capacità di bloccante sia la sua abilità negli hand-off ai tiratori. Importante anche la presenza di guardie non statiche (ecco l’addio a Hield), in particolare De’Aaron Fox. Gran giocatore, solo caduto in una specie di non-evoluzione causata anche dallo shock di vedere arrivare, l’anno dopo essere entrato nella NBA e essere stato semi-osannato da tutti, la versione migliorata di sé stesso: Ja Morant. Fox è forse più veloce di Ja, ma a parte ciò non ha gli stessi mezzi atletici, tecnici, di leadership…parliamo però di un mostro, una divinità. Fox è davvero velocissimo, e il secondo tassello dopo Sabonis sono i tagli paralleli alla riga dei liberi, Est-Ovest rispetto alla palla, della pg dei Kings: un movimento che da una 30ina d’anni si chiama “taglio Iverson”. Quindi Sabonis in punta, Fox in taglio Iverson verso un altro giocatore (un’altra guardia, sempre un tiratore: di solito Huerter o Monk) che attende di leggere la situazione per decidere se bloccare e tagliare, bloccare e poppare, fintare il blocco e tagliare. In questa triade e in quel poco campo descritto i Kings hanno costruito la loro sorpresa finora. Una delle chiavi perché il gioco sia produttivo è la capacità di lettura: in questo senso è notevole la maturità raggiunta da Fox (maturità da vera pg, a prescindere dal suo rank NBA) e la metamorfosi di Malik Monk. Prima di andare a Kentucky U. il giocatore era classificato come la pg n.1 del basket di HighSchool dell’Arkansas: alla prova dei livelli superiori aveva deluso le attese ma, soprattutto, non si era mai rivelato una pg. Piuttosto, una sg pazzerellona, incostante, molto atletismo non tanta testa.  A SAC il 24enne (ma già alla sesta stagione NBA) sta avendo il suo massimo di carriera in molte categorie “cerebrali”. Ha raddoppiato gli assist (4.1 su 2.1 di media/carriera), è primo nella NBA per rapporto assist/minuti in campo, segna quasi gli stessi punti dello scorso anno (12.7 vs 13.8) MA giocando ben il 25% dei minuti in meno (21 vs 28). Benvenuto Malik Monk, potremmo dire. Lo stesso sforzo per migliorare la qualità è compiuto da Fox: siamo a inizio stagione, ma tira col 56% dal campo vs il 46 di carriera, il 38% da 3 vs il 32 avendo aumentato il numero di triple/gara, e il suo attuale 61.2 % da 2 è 9 punti percentuali sopra la migliore annata (20/21) da quando è nella NBA. Sabonis dal canto suo naviga in doppia-doppia da 17+11 cui aggiunge 6 ass, e, per essere il perno del gioco offensivo, perde pochissimi palloni (2.3): il suo esempio di altruismo e di amante dei lavori sporchi (blocchi, passaggini apparentemente inutili) sta rivitalizzando l’amor proprio della franchigia intera.

I Kings sono secondi NBA per punti segnati, hanno l’ottavo posto nel pace-ranking con quasi 102 possessi/gara, sono primi per uso dei passaggi hand-off e quarti per numero di frequentazioni (tocchi) all’altezza dei gomiti dell’area. Gli ultimi due dati chiariscono quanto detto sullo sviluppo del loro gioco, ma la statistica più eclatante mi pare essere quella relativa al ritmo: 102 possessi significano semplicemente l’ideale. Infatti nella NBA, considerando la media realizzativa generale, secondo i processi di navigazione statistica del Gioco, è quasi impossibile vincere tirando molto meno di 90 volte/gara, e nello stesso tempo la regola aurea è di non perdere più di 12 palloni: bene, 102 – 12 fa 90. Potete pensare quello che volete dell’uso delle stats nel giudicare il gioco, ma non potete negare che “Kings” associato a “ideale” sia la novità più eclatante finora della RS 22/23.