9 gare nella notte NBA. Scarto medio di quasi 18 punti, non sono però mancate le sorprese. FFWW per arrivare alle due gare che mi hanno davvero interessato.
Con la trasferta in Utah erano 9 partite senza James per LaLa Land: è arrivata la sconfitta numero 6, i Lakers senza LBJ sono circa quelli dello scorso anno, una squadra che fatica ad arrivare al 40% W/L. Vale lo stesso per i Bucks senza lo Pterodattilo (dolori al quadricipite e al bacino: scelto un turno o due di riposo), sconfitti a WAS che ha avuto Satoransky in tripla-doppia (18-12-10). Notte di asfalto per l’Est: NY ne becca 15 dai Pacers, BKN 17 da Toronto e mette solo 2 uomini in doppia cifra (Russell 24 e Napier 15), i Bulls perdono di 37 alla Oracle (Klay 30 in 25 mins), Charlotte ne rimedia 28 a Portland (anche in questo caso solo Kemba e Lamb con 2 cifre nei punti) e Cleveland perde di 27 a Houston (Harden 43-10-12).
Il nucleo della nottata era a Philadelphia e Minneapolis. Le due città ospitano al momento due franchigie molto alte nella classifica dell’autolesionismo, causa scelte e comportamenti che non giovano alla serenità dell’ambiente e al progresso delle classifiche. Un comune denominatore è Jimmy Butler, che nel lungo periodo (leggi: più di 2 mesi) deve essere davvero un rompiscatole insopportabile. Esiliato dal Minnesota, ha iniziato a criticare apertamente il proprio coach anche ai Sixers, e, per quanto Brett Brown provi a tenere bassi i profili, le tensioni sono evidenti. Butler riceve assists da Ben Simmons e pur ringraziandosi a vicenda nessuno guarda negli occhi l’altro; Embiid e Simmons sono compagni di squadra ma non particolarmente legati; Brown forse ha poco polso per gestire certe situazioni e, inoltre, l’approdo di Butler gli ha vuotato la panchina privandolo di Covington e Saric (finiti ai T’Wolves ma senza costrutto). Stanotte i Sixers hanno perso da Atlanta, che merita uno sguardo in più perché non è affatto dead last nella Eastern, ma anzi è quart’ultima e nelle ultime 10 ha un bilancio migliore di Detroit-Orlando-Charlotte che le sono davanti. Merita quindi un plauso il coach meno conosciuto della NBA, Lloyd Pierce: assistente per 5 anni proprio di Brown a Phila, sta lavorando bene sulle rovine di Atlanta, portando avanti lo sviluppo non solo del contraddittorio Trae Young, ma anche di due giocatori di cui si sentirà parlare. Il primo, senza sorprese, è John Collins, che ha come peggior difetto l’essere fin troppo spigoloso e specialista in falli assassini; il secondo è il rookie Kevin Huerter: al Draft 2018 lo avevo definito un possibile Belinelli, ora devo modificare sensibilmente il giudizio: possibile Gordon Hayward. Stanotte gli ultimi 4 tiri per battere i Sixers sono stati proprio loro (con Young in pachina): Huerter (29 con 5/8 da 3, 13 pti nel quarto periodo) ha messo la tripla del pari, Collins (25-9-2) il jumper della W. Nei Sixers mancava Embiid, ma la prestazione della squadra è stata davvero inadeguata: tutti si sono messi a giocare solo alla fine o quasi. Redick ha segnato 10 dei suoi 20 nel quarto periodo, nella stessa frazione Ben Simmons ha preso 4 rimbalzi e mollato 7 assists, ma messo solo 3 pti (sbagliando un libero); Butler ha chiuso a 30 ma ha sbagliato i liberi del pareggio e in partita ha preso una sola tripla, dato assai curioso. I problemi di gestione del locker sono molto più pressanti di quelli tecnici al momento nei Sixers.
Legata a Phila dalla Jimmy Butler trade è Minnie, che ha anche cambiato coach: silurato Thibodeau dopo una W sui Lakers, è arrivato (per ora ad interim) il figlio di Flip Saunders, Ryan. Spiegazione veloce: come se alla Ferrari arrivasse il figlio di Schumi. Ryan, 32 anni ma sembra ne abbia 23, è il più giovane coach della NBA, e ha in mano una patata bollente perché l’amore di cui gode tra fans e media, riflesso dalla figura paterna, potrebbe rapidamente mutare in feroce critica. Per ora ha vinto all’esordio e perso stanotte vs Dallas e con punteggi singolarmente simili: 119 e 115 segnati, 117 e 119 subiti. La sconfitta vs i Mavs è pesante perché DAL è una diretta concorrente ai PO e soprattutto perché il record dei Texani on the road era il peggiore della NBA: 3-18 (come i Cavs..). Dallas ha meritato in realtà questa W perché ha guidato per la maggior parte della gara, anche con 14 di margine. Doncic (29-8-12) è stato come sempre mostruoso anche se ha fatto i conti con momenti difficili: merito di un paio di stoppate subite da Towns e di un severo trattamento difensivo riservatogli da D-Rose. Ciò non ha impedito a Luka di: segnare l’ultima tripla dei Mavs, fornire gli assists per la penultima e per i decisivi liberi di Harrison Barnes (a proposito di scegliere su chi fare fallo: lui tira dalla lunetta col 97%, 35/36 nelle ultime 8 gare, l’ultima vota che ha sbagliato più di due liberi nella stessa gara è stato il 17 Nov). Doncic sta giocando non solo da ROY ma da MVP, ed è nella lista per lo ASG degli adulti, dove vorrei vedere, per lo spessore umano mostrato da un giocatore letteralmente rinato dagli Inferi, anche Derrick Rose. Vi ricordate come era prima degli infortuni? Bene, ho un’altra domanda: ama o no il Gioco uno che, partendo da dove è partito (sotto al 30%) è arrivato a tirare da 3 con il 47%, vincendo la sfortuna che lo ha privato dell’incommensurabile supremazia fisica che aveva? Chiudo sempre parlando di infortuni: probabile lesione al tendine d’Achille per JJ Barea; per la pg dei Mavs, quasi 35enne, potrebbe essere anche sinonimo di fine carriera…però lui è un cagnaccio, chissà.