Anche in Nba in questo momento l’emergenza Coronavirus ha bloccato tutto: stop alle partite, stop agli allenamenti e, probabilmente, stop definitivo anche alla stagione. Con la salute non si può affatto scherzare e il caso di Rudy Gobert dovrebbe essere d’esempio.
Al momento, quindi, l’unica cosa che si può ammirare in riferimento alla Nba è sicuramente la serie tv “The Last Dance”, che è stata proposta su Netflix, ma chiaramente un po’ tutti i vertici del massimo campionato mondiale di pallacanestro stanno lavorando per provare a riprendere a giocare quanto prima, provando a individuare varie soluzioni per completare la stagione, anche se pare al momento che si parli solamente di disputare i playoff.
Il numero uno della Nba, Adam Silver, ha messo le cose in chiaro qualche settimana fa, sottolineando come probabilmente solo a maggio si potrà giungere ad una decisione sulla ripresa o meno. Lo stesso Silver ha ammesso che il dialogo continua, sia con le franchigie che con i giocatori, per poter ripartire in modo sicuro, concentrando le partite in strutture di allenamento oppure disputarle solo in una città.
La sospensione del campionato Nba è stato un duro colpo anche per tutti i fan delle scommesse online, visto che, negli ultimi anni, il palinsesto dedicato alle scommesse sul campionato di basket più bello in tutto il mondo si è arricchito di un gran numero di quote.
Al giorno d’oggi, infatti, è possibile scommettere su tutto: dal numero di punti segnati da un certo giocatore fino ad arrivare a quanti canestri da due o da tre punti verranno segnati rispetto ad una determinata soglia. Insomma, le scommesse sportive hanno raggiunto un livello estremamente alto e preciso, per la gioia degli appassionati.
Alla scoperta del Salary Cap in Nba
Approfittando della situazione, tanti appassionati della pallacanestro a stelle e strisce non hanno perso l’occasione per approfondire alcuni aspetti molto interessanti della Nba, come ad esempio il funzionamento del Salary Cap.
Su L’insider è stato pubblicato un interessante approfondimento che riguarda proprio il Salary Cap Nba, una regola che è stata introdotta con l’intento di ridurre al minimo le differenze dal punto di vista economico delle varie squadre, ma non è un meccanismo di così facile comprensione. Il Salary Cap inevitabilmente, quindi, si riflette sul campo, andando a livellare, verso l’alto però, le forze in campo delle franchigie. Se, da un lato, le società che hanno budget sconfinati sono tenuti a spendere, ma fino ad una certa soglia, ecco che pure quelle con un budget inferiore sono costrette ad investire. Interessante, in modo particolare, una regola, ovvero quella del Salary Floor.
La luxury tax line, invece, rappresenta quel limite che, se viene sforato, comporta il pagamento di una tassa da parte delle franchigie Nba. Attualmente, tale soglia è stata stabilita in 132627 milioni di dollari. La Nba consente di sforare tale muro solamente in casi ben specifici, ovvero quando un team abbia intenzione di confermare un giocatore facendogli firmare un contratto che comporta lo sforamento del monte ingaggi.
Fondamentale, ovviamente, è anche il CBA, ovvero il collective bargaining agreement: si tratta del contratto collettivo che ha come scopo principale quello di equilibrare la distribuzione delle entrate tra la lega e i vari giocatori. Si tratta di un accordo che è stato oggetto di un gran numero di cambiamenti nel corso degli anni ed è condizionato notevolmente dai vari meccanismi di contrattazione collettiva che intercorrono tra i proprietari e i vari personaggi che rappresenta l’associazione giocatori.