La Finale di EL ha lasciato aperti molti dubbi.

1 – SORIANO. Osvaldo Soriano giunge in aiuto dopo la Finale di EuroLega più triste che si potesse immaginare. A onor del vero, uno dei due allenatori ha provato a farci vedere qualcosa; l’altro ha preferito vincere. Resta il fatto che la maggiore competizione europea, ramo virtuoso del basket continentale, ha bisogno di riforme e restyling. L’imminente riunione del Board ECA nominerà un nuovo reggente: starà a lui iniziare una seconda fase, un nuovo sviluppo.

2 – ARBITRI. Ettore Messina, ponendo accento più sull’Italia che l’Europa, ha sottolineato una cosa evidente a tutte le menti libere: uno dei freni allo sviluppo del basket europeo è il livello dell’arbitraggio. Ovviamente tutti si sono premurati di sottolineare che il coach parlava “not in my name”: il che confermava in realtà l’assunto di Messina e rivelava la povertà dirigenziale italiana. Messina ha ragione, la Finale di EL lo ha confermato. L’arbitro Ucraino era probabilmente sconvolto dalla situazione del suo Paese: però ha avuto una prestazione imbarazzante soprattutto nel giudicare la cosa più frequente sul campo, ovvero ciò che accade tra chi blocca e chi cerca di passare il blocco. Nulla in confronto a quanto ha  messo in opera Lamonica, confermatosi un politicante. Minuti 6:42 a fine gara, Pleiss ferma Rudy in contropiede: per tutta la stagione, ripeto: TUTTA – LA – STAGIONE, quel fallo è stato fischiato intenzionale. Non nella Finale da far rimanere in bilico.

3 – ELEVEN. In mezzo ai fattori di sviluppo anche la copertura dei media è fondamentale. In Italia abbiamo una situazione tristanzuola: unica alternativa al pacchetto-tirannia di Sky-Discovery era ELEVEN. Esserci, le gare c’erano. Alla fine della stagione il prodotto era tollerabile, ma all’inizio il commento era tipicamente calcistico, gente abituata alla pedata che non sapeva interpretare altro che il gioco-per-gioco, senza alcuna cultura specifica. Professionisti capaci sarebbero disponibili, persone che non si piegano a daaaaaaatreeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee o MACOSAFATTTTTTO etcetc. Ma non vengono considerati.

4 – LASO. Lui è quello che ci ha provato. Nella semifinale è partito senza centri, riservando Tavares a sesto uomo. Nella Finale ha deciso per un quintetto senza guardie vere, e gli era quasi andata bene: lo hanno affossato le percentuali di tiro. Alla fine 18% da 3 (impossibile vincere) e 41% da 2.

5 – ATAMAN. Dai tempi della Fortitudo, a me Ataman sta molto simpatico. Non capita spesso trovare un coach che ammetta che, di fronte alle donne, il basket sparisce, e a volte anche di fronte a certi piatti o certi liquori. Lui è di un filone opposto a Laso: meno ci provo, meglio è. Non ha fatto altro che ordinare a Pleiss di cambiare traiettoria sia nei roll che nei pop, nel secondo tempo: e il tedesco infatti è stato decisivo. Per il resto, avendo Micic e Larkin, ha preferito vincere lasciando fare a loro. Percentuali orribili da 3 anche per l’EFES (non Pilsen, come ossessivamente sbagliava il commento di Eleven), ma il 53% da 2 ha fatto la differenza, insieme a Lamonica.

6 – FUTURO. Il nodo selle squadre russe si risolverà con un congelamento dei diritti del CSKA e un sereno arrivederci a tempi migliori per Kazan e Zenit. I principali riguardano regole da cambiare e scuole arbitrali di EL da avviare. Anche se i nostalgici e i finti puri di cuore sembrano non vederlo, le federazioni sono di fatto finite e il futuro è nelle leghe private con precisi paletti d’entrata: palazzo, pubblico (sia al botteghino che come bacino d’utenza), vivaio, strutture collaterali. Chi è ok giocherà al livello top, chi non riesce a sistemarsi giocherà il campionato italiano o francese o spagnolo.

7 – CHAIRMAN. Non è indifferente dunque il nome del nuovo capo di ECA. I più chiacchierati sono Maurizio Gherardini, che non ha bisogno di presentazioni; Dejan Bodiroga, idem; Jesus Bueno. Costui è il vicepresidente di NBA Europe, gerarchicamente è a soli 2 scalini da Adam Silver e potrebbe essere la scelta migliore per traghettare la EL in una dimensione nuova, capace di affrontare il futuro non solo sul campo ma anche tra i potenziali sostenitori. Una politica di espansione delle squadre partecipanti, infatti, dovrebbe partire saggiamente dal basso, allargando la base di potenziali tifosi e non regalando due slot in più a una o un’altra squadra.

8 – POSSESSI. La squadra che ha vinto ha giocato con 61 possessi in 40 mins. La squadra che ha perso ne ha generati 76. Non solo questa cifra ribadisce che il Real ci ha provato e l’Efes ha semplicemente counter-punched: afferma che, data la stitichezza ammessa anche per vincere, è ora di passare in EL ai 48 minuti. Il che comporterà roster sempre più dedicati: per il livello top e per il campionato.

9 – VIRTUS. Non si può non ricordare che la Virtus BO ha vinto l’EuroCup e quindi il prossimo anno ha diritto a un posto in EL. Oggi la squadra sarebbe già altamente competitiva, resta da vedere il futuro di Shengelia e quello di Weems, per poi gettarsi sul mercato con intelligenza, senza acquisti alla ThiShon Alexander o alla Jakarr Sampson, e senza pensare troppo agli Italiani: la voce che circola su una “lotta” MI-BO per Tessitori è ridicola in sé; più ridicola se la lotta avrà luogo.

10 – Il Decalogo di EL va in vacanza, continuerà a occuparsi del mercato in altro formato e vi lascia come sempre con un pronostico: la squadra che cambierà più faccia in estate sarà il Maccabi, i gialli israeliani hanno avuto due stagioni misere e non falliranno una terza.