Nel 1978, grazie anche ai buoni uffici dell’avvocato Gianluigi Porelli, patron della Virtus, Krešimir Ćosić onorò della sua presenza il basket italiano. Ormai trentenne, e non certo da sconosciuto, portò con sé un ricco palmares di titoli conquistati con la nazionale jugoslava e la squadra croata dov’era cresciuto sportivamente, ovvero il KK Zadar di Zara, sulla costa dalmata. Nelle file bianco-nere ci restò per due anni, costituendo il valore aggiunto di un roster ben collaudato che raggiunse la vittoria finale in entrambe le stagioni. In quei periodi, infatti, era necessario individuare una figura che potesse opporsi allo strapotere di Dino Meneghin sotto le plance. Krešo, come veniva chiamato confidenzialmente, riuscì nell’intento, e il cestista italiano con sincera ammirazione ha spesso riconosciuto che Ćosić si è rivelato l’avversario più ostico mai incontrato nell’arco della sua longeva carriera. 

Nel campionato 1987/1988, ritrovandosi Ettore Messina quale assistant, il croato tornò alla Virtus Pallacanestro Bologna appunto da coach, ma poco incise per invertire una tendenza che in quegli anni vedeva i felsinei superati soprattutto da Pesaro e Milano. Nonostante la fugacità di queste permanenze, Ćosić resta una personalità indimenticabile nel sistema cestistico italiano e le parole espresse dall’avvocato Porelli a seguito della sua scomparsa rappresentano l’essenza del ricordo: “Il più grande giocatore che io abbia avuto. Un talento straordinario e soprattutto un grande uomo. Un personaggio fuori dal normale, nel senso buono.”  Parliamo quindi di una figura di notevole spessore, costruita nel tempo traendo anche beneficio dall’esperienza “americana” vissuta agli inizi degli anni settanta (continua a leggere). 

tratto da Basket Story – scritto da Carlo Bianchi 

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