Alla prova dei fatti non è successo nulla di eclatante nell’ultima notte di mercato NBA.

Da Atlanta non si è mosso nessuno, Ny non ha avuto la pg di alto livello di cui avrebbe bisogno, Marc Cuban e Danny Ainge sono rimasti tranquilli, Dwight Howard e James Harden dovranno continuare a sopportarsi e Blake Griffin avrà ancora Clippertown come set per recitare la parte del reprobo pentito che gli toccherà almeno fino a stagione conclusa. I 5 più forti ad essersi mossi sono stati Tobias Harris da Orlando a Detroit, Channing Frye da Orlando a Cleveland e Markieff Morris da Phoenix a Washington, Cortney Lee da Memphis a Charlotte e Jeff Green da Memphis ai Clippers. Del primo movimento abbiamo già detto nella precedente uscita, diamo un’occhiata agli altri. Cleveland ha la tipologia di giocatore che cercava, un 4 tiratore, anche se non il giocatore che stava in cima alla lista (Ryan Anderson). Orlando non avrà eccessivi contraccolpi dalla partenza di Frye. Lo scambio si compone però anche di altre parti: la più emotivamente coinvolgente è la partenza da Cleveland di Anderson Varejao, necessaria per creare lo spazio salariale. Il Brasiliano si sistema a Portland, cui arriva anche una prima scelta protetta (1-9); quando due estati or sono Varejao firmò il suo bel contrattino da 10 milioni annui, il fatto fu salutato con una certa enfasi, perchè il giocatore era on the rise nelle classifiche di rendimento tra i centri di forte impronta difensiva (veniva da un anno a 14+14 con 3.5 ass e 1.5 rec), e soprattutto perchè era (e resta: 12 anni) lo sportivo “ogni tempo – ogni sport” con la più lunga permanenza a Cleveland, città dai pochissimi successi e un tempo denominata “the mistake on the lake”…(Buffa+Tranquillo sostengono sia molto migliorata). Ad Orlando vanno una seconda scelta e la sg Jared Cunningham, uno che non sarà un campione, ma a guardarlo giocare solletica qualche sinapsi in chi ha visto ormai migliaia di giocatori sulle tavole. Proseguiamo. Gli atlanti riportano che tra Phoenix e Detroit intercorrono 1986 miglia, solo 521 invece separano MoTown da Washington DC: i gemelli Morris saranno contenti, dopo le sceneggiate estive quando Marcus fu mandato dai Suns ai Pistons, che la distanza tra loro sia diventata un quarto di quel che era. Gemello Markieff, che ha fatto tutto quel che poteva per rendersi insopportato in Arizona, è stato alfin accontentato, e approda ai Wizards mentre a Phoenix vanno Humpries e DeJuan Blair: quasi nulla, in sostanza, se non un bel po’ di spazio salariale gestibile dai Suns in piena ricostruzione. Courtney Lee è una discreta sg, ma purtroppo per lui finisce sempre in qualche trade: 8 anni da pro, 6 squadre; questa volta non si aspettava di dover fare i bagagli, e la sua prima dichiarazione è stata “it threw me off..”; anche questo è stato un movimento multiplo, che ha incluso il passaggio a Memphis di PJ Hairston e Birdman Andersen, e a Miami della pg Brian Roberts. Sottolineo che questa trade non è parto di particolari visioni del futuro, ma della necessità dettata dagli infortuni: quello di Gasol è tamponato da Birdman per i Grizzlies, quello definitivo di Kidd-Gilchrist sarà riparato da Lee. Infine, cuori pieni per Doc Rivers che riabbraccia uno dei suoi pupilli (“A parte il suo valore come giocatore, Jeff è una delle più eccezionali persone che abbiano mai attraversato il mondo della NBA nella storia”): Jeff Green. L’esplosivo ma spesso pigerrimo Green va a colmare un buco ormai acclarato in sf per i Clippers: anche la gara di stanotte vs gli Spurs, di cui scriveremo sotto, ha rivelato che, almeno ora, PP non è da corsa, avendo subìto di tutto anche da Kyle Anderson. A Memphis finisce Lance Stephenson: trova coach Joerger, uno che ha visto tanta gavetta e che forse riuscirà a raddrizzarlo e farlo tornare quello della stagione 2013/14 ad Indiana; i Clippers acquisiscono anche CJ Wilcox, pg che tampona la perdita per infortunio alla mano di Austin, il figlio del coach. Un ultimo pensiero per coach Joerger: dal suo spogliatoio escono Green+Lee ed entrano Lance il Matto e PJ Hairston (2013-14-15: nell’ordine incriminato anche se non sempre processato per rissa durante un match da campetto+possesso di THC e guida pericolosa+guida pericolosa, eccesso di velocità del 200% rispetto al limite, tutto in assenza di patente e documenti dell’auto), e non dimentichiamo nè che è arrivato anche Birdman nè che Zach Randolph è stato membro fondatore dei Portland JAIL-Blazers…auguri coach.
Dopo questi ultimi tutt’altro che determinanti, a nostro parere, movimenti, stanotte si è tornato a giocare, in 3 arene.

VERIZON CENTER, WASHINGTON DC. UTAH JAZZ 89 – WASHINGTON WIZARDS 103
W molto importante questa notte per i Wizards. Li tiene in corsa per la post-season. Ora sono 10′ ad Est, ma possono sperare, perchè hanno giocato mediamente 3 gare in meno della concorrenza diretta. Infatti la colonna delle sconfitte non è molto differente da quella di chi li precede (loro sono a 28, Detroit è a 27, Charlotte e la Chicago in caduta libera a 26), ma devono rimpinguare quella delle vittorie (solo 24 finora, nessuno degli altri ne ha meno di 27). Il migliore in campo deve essere definito Gortat, che some al solito ha corso bene il campo e segnato con gran percentuali (22+10 con 5 stoppate e 9/12), ma che rivela sempre grosse lacune difensive, ed infatti concede bottino ricco a Gobert (16+12). In ogni caso, quando gioca Washington, si sa che il vero MVP è sempre lui, John Wall (17-6-11, con 4 rec), che oltre a guidare la squadra ha regalato almeno 3 perle assolute in penetrazione: dietro la schiena, dietro la testa, spin ecceccecc. Per Utah serataccia di tiro quasi generale, e serata abulica di Favors e Hayward. Oltre al francese, per i Jazz bella prova di Rodney Hood, sempre in conferma dei suoi miglioramenti (18-3-5 con 3/5 da 3).

QUICKEN LOANS ARENA, CLEVELAND. CHICAGO BULLS 95 – CLEVELAND CAVS 106
Riportiamo, per la seconda e ultima volta, le parole di Tommy Heinsohn a proposito di quel che sarebbe capitato ai Bulls dopo l’infortunio a Jimmy Butler: “They will sink like a rock”. E’ proprio quel che sta accadendo: 5 L in fila e solo 2 vinte delle ultime 10. La situazione dei Bulls va inquadrata non solo dal punto di vista del presente momento, ma allargando il campo almeno agli ultimi due anni, pieni di infortuni e cambiamenti, sia forzati che non: se riusciranno a dare torto allo Hall of Famer dei Boston Celtics, bisognerà davvero levarsi il cappello davanti ai Tori. Stanotte la gara è stata vinta dai Cavs in difesa, ed in particolare nel terzo periodo. Love ha confermato che il gioco più veloce impostato da Lue gli fa bene (15+15 per il Californiano); James ha sfiorato la tripla-doppia (25-9-9) e TTT ribadisce che quando gli arriva il pallone sa anche fare paniere (16+10). Prima gara dei Cavs senza Anderson Varejao a libro paga da 12 anni a questa parte. Molti cartelli sugli spalti a salutarlo.

STAPLES CENTER, LA. SA SPURS 86 – LA CLIPPERS 105
“Bella Doc” è senza dubbio un’espressione troppo colloquiale, eppure la usiamo lo stesso. E’ vero: gli Spurs erano privi di Kawhi e di Manu, ma il game-plan dei Clippers ha funzionato davvero egregiamente. San Antonio costretta a 34 punti nel primo half non era mai successo, e da lontano, quest’anno. Inoltre, pur riadattandola ai lunghi a sua disposizione, coach Rivers ha dimostrato di aver appreso la lezione di Kerr/Walton e Lue sul come affrontare gli Spurs: ancora una volta, in un big match, Aldridge, West, e in misura minore Timoteo, son stati presi in mezzo dalla fisicità dei lunghi avversari (trattandosi DAJ e Aldrich parliamo più di puro fisico che di energia e tecnica) e dalle spaziature sui giochi a due con le guardie, miranti a prendere i 3 omoni di SA nella famosa terra di mezzo tra aiuto e non aiuto, tra tiratore e rollante. Alla fine restano negli occhi, ovviamente, le gran partite di Paul (28-5-12) e DAJ (9+17), ma noi dividiamo la medaglia per il MVP tra JJ Redick, che ha risposto benissimo all’innalzamento del livello delle sue responsabilità in coincidenza del forfait di Griffin, e Cole Aldrich (8+8, senza sbagliare quasi nulla nè al tiro nè nelle scelte). Gli Spurs han dovuto giocare spesso con Mills e Parker insieme in campo, e dovuto dare molti minuti a Rasual Butler (circa al 115′ anno nella NBA) e Simmons, e, oltre ai problemi sopra ricordati, non l’hanno nemmeno messa mai (42% globale al tiro, sublimato nel 3/13 di LMA).