Arthur Kenney è stato eletto nella Hall of Fame Trofeo Lido delle Rose, nella seconda edizione del 2022. Dopo più di cinquant’anni ritornerà a Roseto degli Abruzzi per essere premiato. Ricordo che vinse il Torneissimo nel 1968 con la Gulf Oil All Stars, nel 1969 con la TWA All Stars (entrambe squadre di Jim McGregor), e partecipò con il Simmenthal Milano nel 1972.
La frase di questo titolo è parafrasata da quella che Arthur Kenney sentì alla fine degli anni Sessanta in Italia, al suo primo torneo estivo con la maglia della Gulf Oil All Stars del coach Jim McGregor.
La frase fu pronunciata dal colonnello Aldo Anastasi, che era emigrato a Sondrio per organizzare anche in montagna una Summer League tra le più ambite (qualche anno dopo portarono lì anche Michael Jordan).
La frase diceva “Dalla Valtellina a Roseto degli Abruzzi, sono due passi”.
Nella sua carriera ha avuto modo di relazionarsi con due Monumenti della Pallacanestro. Chi non ricorda, dei miei coetanei cestofili, i suoi incontri-scontro con SuperDino Meneghin?
Ma voglio ricordare l’adolescenza di Art il Rosso, che è pure interessante.
Arthur Kenney abitava nel Dyckman Housing Project di New York, un complesso residenziale pubblico costruito nel 1951 e composto da sette edifici di 14 piani con 1.167 appartamenti che ospitavano 2.580 residenti.
La famiglia di Lew Alcindor abitava nello stesso caseggiato.
Entrambi frequentano la stessa scuola elementare, St. Jude, e la stessa scuola media, Power Memorial.
Art è di un anno più vecchio e si può dire che abbia accompagnato il suo amico per mano.
Hanno giocato con gli stessi allenatori, sono stati compagni di squadra, freshman Alcindor e sophomore Kenney.
Per otto anni dall’età di 9 ai 17 giocarono insieme, Arturo racconta:
All’inizio giocavamo insieme a football americano, a baseball e a basket nel parco Dyckman Project. Alcindor vinse anche una gara di nuoto a Manhattan, prima di dedicarsi completamente alla pallacanestro all’età di 13 anni, l’ultimo alla St-Jude.
La nostra fortuna alla scuola primaria fu di avere un vero insegnante di educazione fisica, Farrel Hopkins, che ci sapeva fare. continua a pag. 35 di Basket Story #25
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Redazione Basket Story