Il tempo, si sa, è galantuomo. Basta saper attendere o, in taluni casi, saper resistere alla tempesta. E’ il caso di Marco Calvani, navigato coach romano, colpito nel settembre scorso da una delle accuse più infamanti che possano esistere per un uomo di sport, la violazione delle norme antidoping.
Nella giornata di ieri è arrivata, infatti, la comunicazione della Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping che, in merito al caso 243/18 inerente al procedimento disciplinare nei confronti dell’allenatore, esclude la responsabilità dello stesso in ordine all’addebito ascrittogli. L’informativa è stata trasmessa anche alla Procura Nazionale Antidoping, alla WADA, alla FIBA, alla FIP e alla società Scafati Basket, con cui Calvani era tesserato all’epoca dei fatti.
Un fulmine a ciel sereno che deflagrò lo scorso 19 settembre, quando sul proprio profilo di un noto social network, il coach pubblicò una fotografia in cui i giocatori Giorgio Sgobba e Gabriele Romeo, anch’essi assolti da ogni accusa, erano ritratti con una flebo nel braccio, commentandola così: “Il segreto dei nostri giocatori, ricaricano energie per lavorare meglio. Per un allenatore, soddisfazione totale”.
Sull’episodio scattò immediatamente un’indagine della Procura Nazionale Antidoping, che chiese un anno di squalifica per i due atleti, sei mesi per l’allenatore Marco Calvani, deferito per omessa denuncia, e quattro anni per il medico sociale Andrea Inserra, che spiegò in maniera chiara quanto accaduto, una semplice somministrazione di Plasil e Spasmex per curare una forma di gastroenterite piuttosto violenta. L’avvocato Giovanni Allegro sottolineò che la Procura antidoping aveva mosso tali richieste sulla base di semplici supposizioni e senza alcuna prova.
Lo stesso allenatore, pur ammettendo di aver commesso “una leggerezza nel pubblicare una foto inopportuna”, difese strenuamente la propria trasparenza ed il suo senso etico, qualità che questa indagine metteva chiaramente in discussione. Il passo successivo, inevitabile, fu quello di rassegnare le dimissioni, interrompendo il promettente percorso appena avviato con Scafati in maniera brusca e senza alcuna prova a proprio carico.
Con questa decisione, il Tribunale ha messo finalmente la parola fine ad una gogna che, ne siamo certi, deve essere stata a dir poco massacrante per tutte le parti coinvolte.