Alcuni punti sugli eventi che questa estate ha finora portato.
1 – MIROTIC E LE REGOLE DEL DUBBIO. Escluso Vezenkov, Mirotic è il secondo o terzo miglior giocatore del parco EL tra le non-guardie. Logico l’interesse di tutti i club, dal momento che non rimarrà a Barcellona. Per motivi puramente di denaro (onirici 3 MM lordi di contratto) la StellaRossa è la squadra più avanti nella caccia. Poi l’Olimpia, che ha il vantaggio di essere un posto molto più comodo dove giocare e una società che, pur in calo, 3 anni fa ha fatto le F4. Bisogna esaminare i motivi del distacco dal Barca e altre situazioni, però. Primo: meno soldi dalla casa madre per i prossimi due o tre anni (lui ha enfatizzato questo aspetto nell’addio di qualche lacrima davanti ai tifosi, ma non è tutto lì). Secondo: ha evidenziato alcuni atteggiamenti non di primissimo livello, in particolare al capitolo proteste / musi per l’eccessiva durezza degli allenamenti. Terzo: è sulla strada per i 33 (11 feb) e considerati gli infortuni ha un’età sportiva anche superiore. Quarto: i 2.7 netti che la SR offre sono già così circa un decimo del bilancio totale (spese + ingaggi) dell’Olimpia. Quinto: esaminiamo in relazione al giocatore le 4 finaliste 2023. Da una se ne va, lo avrebbero tenuto solo a ingaggio ridotto; una forse lo cerca alla lontana per parare la partenza di Vezenkov; una lo cerca alla lontana perché il derby vale per tutto e tutti, a Belgrado; una non lo vuole, anche se lo ha già avuto. Sesto: nell’ecosistema Olimpia, ancora non Messina-free, forse gente più giovane, integra, allenabile, è preferibile (tempo fa il bersaglio Giedraitis era un’ottima notizia). Mirotic è sicuramente un gran giocatore (in particolare per 20 mins non troppi di più), ma non si esageri con i peana se dovesse arrivare, né con le critiche dovesse andare a Belgrado.
2 – BRAD STEVENS. Come capo delle operazioni, quando opera, difficilmente passa sotto silenzio. L’ufficialità ufficiale, per così dire, arriverà, ma il cambio di passo dei Celtics potrebbe essere iniziato. Se sei forte ma non vinci, chi deve andare è il giocatore migliore o quello più inserito nella cultura del team. La trade messa in piedi da Stevens coinvolge 4 (non 3) squadre, per portare Porzingis a Boston, Smart a Memphis, varia carne da trade, tra cui Gallinari, a Washington. WSH in 4 giorni ha mollato Beal e Porzingis, allungandoci a 4 mesi contate Hachimura. Oltre al Lettone, i Celtics ricevono quel che non avevano: scelte. In questo Draft scalano dal secondo (posto 35) al primo giro (25) e acquisiscono la prima scelta di GS 2024, sempre via MEM. Una scelta in più ma non solo, perché GS potrebbe attraversare una stagione di raffreddamento, come il biennio 2019-21, e pescare molto alto. Manuale della trade rispettato in ogni punto commerciale, e anche tecnicamente BOS riceve cose di cui era priva. Ma senza andare a misurare (non è ancora il momento) gli angoli dell’arco frequentati da Horford rispetto a Porzingis, per giudicare la trade consiglio una domanda. Notato come giocava bene, per le sue possibilità, Luke Kornet nei Celtics di Mazzulla? Moltiplicate Kornet per il numero di volte secondo voi necessario per arrivare a KP. Il punto debole, ovviamente, è il solito: gli infortuni. Stevens ha deciso di non considerarlo e procedere con un cambio anche “culturale” all’interno della squadra. In un certo senso vince anche Smart, che a MEM trova la franchigia che più somiglia alla sua grit; vincono anche i Grizziles che non avranno Ja per 25 gare. Wizards e rebuilding ormai sono sinonimi anche per il Merriam-Webster.
3 – PAUL IN, POOLE OUT. Gli Warriors da Steph&Kerr in poi sono una cultura, sono lo MIT del Gioco. Sono gli unici con cui KD ha vinto. Potrebbero fare il miracolo anche con CP3, che, in ogni caso, difetta al capitolo “vincere”, non a quello “saper fare il point-man”. Lasciare partire Poole, talento giovane ma un po’ riottoso e con la bocca larguccia, significa avere tanta fiducia nel proprio sistema; forse anche che Dray-G resterà nella Baia: dopo aver rinunciato alla player option, l’ala da MSU è sul mercato FA, ma la franchigia aveva annunciato avrebbe fatto tutto il possibile per tenerlo. Potrebbe anche darsi che allontanare Poole (preso per il collo da Draymond a inizio anno) sia mossa molto più importante dell’aumento dell’ingaggio. Inoltre, dei 61 MM$$ sul contratto di Paul per i prossimi due anni, solo 15 (metà della cifra di quest’anno) sono garantiti: passare dal contrattone di Poole (altri 4 anni a quasi 27 di media, tutto garantito) a quello di Paul garantisce una flessibilità maggiore a GS, stabilito che erano 0 le possibilità che CP3 rimanesse a WSH.
4 – TEAM USA. I convocati di Steve Kerr per i Mondiali 2023 hanno fatto felici tutte le nazionali avversarie. Non che sia una formazione orribile, ma negli ultimi 20 anni solo quella del 2002 (alla fine 6’ in casa ai mondiali di Indianapolis: aveva pagato alla città il tributo Reggie Miller e Jermaine O’Neal, tra le altre cose) e quella del 2019 (7’ posto, sconsclusionata, solo ali e quasi nessuna pg dopo il rifiuto di De’Aaron Fox) sono state, sulla carta, più deboli. PG: Jalen Brunson, Tyrese Haliburton. SG: Anthony Edwards, Austin Reaves, Josh Hart. SF: Brandon Ingram, Mikal Bridges, Cam Johnson. PF: Paolo Banchero, Jaren Jackson Jr. C: Bobby Portis, Walker Kessler. Due pg sono poche per le manifestazioni FIBA, anche considerato che non Edwards né Reaves sono gran costruttori. Inoltre: anche JJJr può giocare “sotto” ma di fatto sono senza centri. Portis è una pf che “può marcare” i centri ma è 60% volontà / 40% talento; Walker Kessler è una versione USA, e peggiore, di Zubac. La stagione NBA è stata zeppa di infortuni col sangue blu; è stata crudele verso le Stelle over 33 perché ne ha rivelato più che in passato la parabola discendente; ha dovuto registrare una serie di comportamenti non adeguati che hanno tagliato fuori, per esempio, una pg come Ja Morant e un’ala difensiva come Dillon Brooks (ops…sempre MEM); alcuni grandi giocatori hanno detto NO perché stufi di fare da filler (LaVine per es). Quindi il parco-giocatori si è ristretto all’inverosimile per i selezionatori.
5 – MA VAI A… . Non si dovrebbe, ma mi è scappato leggendo le dichiarazioni di Petrucci: “Paolo Banchero ci ha presi in giro”. Il massimo che Banchero abbia mai detto è, sintetizzando: Vedremo, non so, chissà. L’atteggiamento di chi vuole essere gentile e non chiudere porte, ma con una evidente pista tracciata verso un educato NO, grazie. Banchero è molto più che metà americano: è USA al 93%. L’Italia non lo ha istruito e sostenuto in nessuna fase del percorso umano e cestistico. Il problema maggiore, ovviamente, sono le paillettes che cadono dall’aureola sedicente del presidente FIP, tipetto vendicativo e con problemi di eccessiva autostima; in bolognese si dice: andar via con la coda dritta. Giannino è talmente spaiato e fuoriposto che è riuscito a far dichiarare il giusto anche a uno che raramente, una volta uscito dal basket, ha mirato dritto: Alfredo Cazzola ha fatto notare come a Milano sia sempre in parterre, Petrucci, a Bologna non vada mai invece. Il problema-Petrucci è sempre più grande, lui insieme alle sue pecore. Quelle che davvero lo sono e quelle che lo sono sperando di raccogliere da terra qualche vantaggio.
6 – FRED VAN VLEET. Le regole dei contratti NBA sono complicatine, le norme sono affilate per tendere a uno scopo: tenere equilibrato il campionato. Quando un giocatore arriva in FreeAgency, la squadra dove già gioca ha alcuni modi per proteggerlo e tenerselo, ma non se arriva una formazione con particolari caratteristiche di monte salariale. È quello che è capitato a TOR che ha visto partire FVV verso Houston. In sintesi: il max salariale che i Raptors potevano offrire era inferiore al max dei Rockets, perché HOU aveva un plus di 66 MM$$ da spendere SOLO sul mercato FA e con certi parametri prefissati. Uno di questi è che, usando quei soldi, doveva in un colpo solo arrivare al 90% del salary-cap 23/34: mossa fatta per agevolare l’equilibrio e la competizione, evitando che le franchigie stiano troppo col “braccio corto” mentre aspettano di ricostruire. La cifra da spendere, in questo modo, era quasi prefissata, portando a vincere HOU per MM 130 a 120 nel triennio prossimo. Fanno 43.33 MM/anno per Fred. Come Doncic in pratica. Nel mercato modellato dalla NBA è rilevabile un grande difetto: la struttura tende a privilegiare il momento di squadra e giocatore rispetto al valore assoluto. Ovvero: FVV è di certo una delle poche pg in grado di fare la differenza, di certo HOU ha una compagine di tanti esecutori e pochi costruttori quindi il fit giocatore/roster è ottimale; però ci sono più di 5-7 MM di differenza tra VanVleet e Steph, né lo si può dire pari a Doncic. In questo schema diventano obsoleti contratti recentissimi, stipulati solo un paio di anni fa. I dollari per FVV, in ogni caso, sono usati bene e per un progetto sensato, non come quelli spesi da IND per Haliburton.
7 – ZALGIRIS. I Lituani, con SR e Baskonia sono le formazioni che ultimamente hanno introdotto più talenti (spesso ottimi) nel panorama con poco ricambio della EL. Si confermano con l’ingaggio di Brady Manek, lungo triplista dal look anni ’60 appena undrafted ‘22 da North Carolina (ma in realtà con 4 anni a Oklahoma, potenza del Covid). Non pensate sia uno di quei lunghi triplisti pigroni e soft, alla Dubljievic: questo è un lottatore dal gomito indomito.
8 – LILLARD. Alla fine ha ceduto. Il famoso gesto dell’orologio adesso significa: Ragazzi, è ora che io vada. Non lo critico ma mi dispiace molto, avrei preferito rimanesse senza Anelli ma bandiera assoluta. Damian Lillard ha domandato ai Blazers la trade. Miami (Herro et alii), Sixers (Maxey et alii), Boston (Jaylen et alii) le destinazioni più probabili. Se non si vuole pensare a un totale cambio di cuore di Dame, invece, si potrebbe infilare tra le destinazioni anche Utah: l’arena è a 40 mins da Weber State U. Più difficile l’approdo a LosAngeles: LAL è abbastanza impelagata con il salary cap (già 140 MM$$ per 10 giocatori, ne mancano altri 5/7) e non ha pezzi da offrire se non James e Davis (e allora sarebbe Lillard a non andare), LAC è molto decisa su Harden (e infatti sono LAC, nulla è per caso…). Seguendo la volontà del giocatore, la vicenda di Damian Lillard si concluderà solo a Miami, ma non si sa ancora quando: il suo agente ha detto “settimane, forse mesi”; non è strano: tra due mesi saremo ancora a un mese dall’inizio della RS.
9 – SUPER ROB. Rob per davvero, chiamatelo Rapina Pelinka. Libero dalle rotture di LeBron, sta facendo capolavori in serie nonostante un monte stipendi che chiama 98 MM$$ per due giocatori e 140 totali al momento; ma sono solo in 10, ne mancano ancora 5/7. Ai Lakers mancava una pg: è arrivato il preciso e cocciuto Gabe Vincent per 11 MM/anno (pensate che Schroeder ne prenderà 13 da TOR…) e la panchina si è rafforzata ulteriormente con Taurean Prince, Jaxson Hayes e Cam Reddish.
10 – BRANCALEONE (ARMATA). Non sono un tifosissimo della pellicola. Bel film, da certi punti di vista: ma nel giudicarlo mi hanno sempre bloccato altri messaggi. Per esempio che in fondo sia figo essere inadeguati. Che l’approssimazione e il rammendo siano equivalenti alla precisione e alla cosa ben riuscita e completa. Rimanendo nel cinema italiano, il prodotto di Monicelli non mi sembra molto differente dai film con / di Alberto Sordi contro cui si scagliava Nanni Moretti. Il celebre “…e allora ve lo meritate Alberto Sordi” lanciato contro l’Italietta diventata sistema e non eccezione. Stesse cose penso quando mi trovo davanti le imprese di Petrucci e quelle di Pozzecco. Che è riuscito a baccagliare con gli arbitri pur essendo solo spettatore (non coach) a una amichevole (non il vero Europeo) di Azzurra U20 (non la “sua” nazionale) facendo un’imboscata agli arbitri quando stavano per andare i spogliatoio durante l’intervallo. Così, facendo fare una figura di m, per riflesso, al povero Recalcati. Charlie aveva provato a trattenere Pozzecco, che se ne è fottuto alla grande e ha proseguito nella sua ennesima porcheria. Poi penso che Petrucci e Pozzecco sono in pratica il N.1 e il N.1 tecnico del nostro basket, e penso: Ma dove vogliamo andare?