Sarà contento, e forse infartuato come ha più volte scritto, il magnifico Sergio Tavcar.La Slovenia ha battuto la Serbia, in una finale epica. Non solo per la qualità del basket visto, ma anche per la qualità e quantità delle botte, dei colpi di scena, delle emozioni. Dragic&co salutano Istanbul senza aver mai perso, 9 W in fila a segnare una superiorità che ha infilato nel loro carnet anche lo scalpo della favoritissima Spagna, oltre a quello della Francia nel girone e alla Lettonia nei Quarti. Vittorie contro tutta la nobiltà d’Europa, recente e non.
Gli Sloveni hanno dovuto superare 3 montagne, vincere 3 volte, per arrivare al Trofeo. Prima montagna ovviamente l’avversario; seconda montagna l’infortunio di Doncic, terza montagna il sorpasso a metà dell’ultimo periodo, subìto quando l’arbitraggio aveva concesso ai ragazzi di Djordjevic di menare senza pietà e contemporaneamente anche nel momento in cui, mettendo il piede su quello di un avversario, Doncic e la sua caviglia erano costretti ad uscire dal match. Nel momento in cui sembravano destinati a sciogliersi, quando anche il leader Dragic pareva afflitto da crisi di frenesia, i ragazzi di Kokoskov (allenatore serbo che merita righe solo per lui) hanno saputo fare tutti un passo avanti, in particolare il veterano Blazic, il giovane (e futuro timoniere quando Dragic dirà stop) Prepelic, il centro-architrave (e stavolta non uscito per falli) Vidmar, la quinta guardia nelle rotazioni Nikolic, e il naturalizzato Randolph. E’ giusto però rendere onore per primi agli sconfitti, i Serbi. Già decimati, hanno dovuto rinunciare a Jovic, la pg titolare, dopo metà gara: nonostantela sua durezza e la volontà di passare sopra all’infortunio alla caviglia patito vs la Russia, il giocatore ha dovuto abbandonare non appena svaniti gli effetti dell’iniezione praticatagli prima della gara. E anche se coach Djordjevic non ha mai voluto fare questo conto, registriamo che alla Serbia mancavano già almeno 6 giocatori, e fra questi almeno 3/5 del quintetto ideale. At the half i Serbi avevano incassato 56 punti, un assoluto oltraggio per la loro disciplina difensiva, ed infatti al ritorno in campo hanno dato vita ad una vera cortina di ferro, trasformatasi a tratti, come detto, i vera e propria caccia all’uomo, frangente in cui la terna arbitrale ha dimostrato una volta ancora la abissale distanza che separa prutroppo il livello dei grigi dalq eullo del basket che dovrebbero officiare. Portatisi avanti, nel momento di infliggere il colpo decisivo, però, sono andati incontro a due errori consecutivi del loro leader Bogdanovic, che ha fallito due penetrazioni in fila dopo aver avuto, fino a quel momento, 7/8 da 2. Nonostante un Macvan NON modello-Olimpia e un considerevole apporto da Micic, Bircevic e Lucic, la Serbia si faceva sorprendere da quel che nessuno, nemmeno i tifosi più devoti, si aspettava dagli Sloveni: una reazione di puri attributi, con Prepelic, che, dopo due piccioni senza casa, infilava una tripla e si guadagnava viaggi in lunetta. Kokoskov, allenatore fatidicamente serbo, ha appunto iniettato un po’ di concretezza e “refuse-to-lose” nella leggiadra e cicaleggiante armata slovena, rendendola di fatto, almeno in questi Europei, imbattibile. L’infortunio di Doncic non aveva generato solo un contraccolpo psicologico, ma era gravissimo tecnicamente. Dragic è il leader, e il realizzatore principale, ma il tessuto connettivo della squadra è il ragazzo-meraviglia: ha segnato con relativa continuità nel Torneo, ma andate a guardare le sue prestazioni a rimbalzo, negli assists, in difesa. Gli ultimi due minuti sono stati affrontati da coach Kokoskov (che tornerà al suo lavoro agli Utah Jazz) senza Dragic, distrutto dalla fatica e dannoso, e la fiducia concessa ai suoi unsung heroes è stata ripagata, col canestro decisivo segnato da Randolph con And-1 fallito.
Il post-partita è stato poi bello come la gara, con estremo fair-play tra le due squadre, senza però che il politicamente corretto arrivasse fino a celare le emozioni, quindi si sono visti il pianto di Lucic e gli abbracci di intensa tenerezza del gigantissimo Marianovic a tutti i compagni; Doncic che zoppicava a destra e sinistra, e Dragic che chiamava per la premiazione sul podio anche il fratello Goran, escluso dall’infortunio subito con l’Olimpia.
La prima volta slovena potrebbe non essere ultima, perchè i ricambi ci sono (Prelic 24 anni, Cancar 20, Muric 22) e Dragic e Vidmar non sono da ritiro. Quel di cui siamo certi, tuttavia, è il nome del prossimo Campione d’Europa. Serbia, a ranghi completi.