Il Real Madrid è sul trono cestistico d’Europa.

La Finale di Eurolega 2015 inizia con un insolito clima da sparatoria: il 19-15 Olympiakos alla fine del primo quarto non è certo uno score in assoluto stellare, ma è di tutto rispetto tenuto conto dello sport praticato (Euroleague Basketball: una specialità del tutto diversa sia dal basket nazionale che da quello NBA). Nel secondo quarto tutto torna alla normalità: 20-9 per il Real, e nonostante la bella partita dei suoi, notiamo coach Laso incamminarsi pensieroso nello spogliatoio. I suoi pensieri vertono sicuramente sull’interrogativo che tanti allenatori son stati costretti a porsi in questi anni di fronte al Pireo: come diavolo posso fare ad ammazzare definitivamente questa squadra e vincere il Trofeo? Quale altra squadra al mondo sarebbe, infatti, del tutto in partita (a -7) avendo tirato i liberi sotto al 50% (6/14), avendo avuto un quarto con punteggio non in doppia cifra, avendo perso 8 palloni nel medesimo parziale, senza rinunciare, sempre nello stesso frangente a sparare 4 piccioni a mezzo metro dal ferro? Nei pensieri di Laso c’era anche il fatto che, tra i suoi, c’era già qualche embrionale problema di falli (Ayon, Reyes, Nocioni) e che almeno due giocatori stavano dando più del previsto: Maciulis aveva piazzato 9 punti senza sbagliare e Nocioni, pur nel consueto mix di gesti tecnici e gesti sportivamente non limpidissimi, aveva dato punti ed energia per dominare il secondo quarto. Al riposo lungo i Blancos andavano con il solo Rodriguez palesemente sotto la media del proprio rendimento, mentre l’Olympiakos si era tenuto in linea grazie ad un grande inizio di Lojesky e a un concretissimo Othello Hunter. (Parentesi, concediamocela visto che è l’intervallo: 3 nel Real, 2 nelle fila greche i giocatori con militanza italiana; un quintetto da Eurolega e di rimpianti).

REALMADRID_Carroll-Jaycee_101Iniziando il terzo quarto la % ai liberi dei Greci non migliorava (7/16) e i palloni persi diventavano 9 in 13 minuti: al 23’ minuto una tripla di Rudy sanciva il massimo vantaggio Real sul 40-29. Ma cosa volete che sia un -11 a inizio del terzo quarto per uomini che hanno visto un -19 nel quarto periodo di una Finale poi vinta? Infatti la inesplicabile resina che tiene l’Olympiakos sempre in partita in qualunque situazione tornava a colpire, e in due meno di due minti erano di nuovo a -4, e mezzo minuto più tardi ecco la tripla del 40-39, e come spesso accade quando in campo ci sono i Greci, avevamo (situazione falli a aprte) giocato per niente per 25 minuti. In quel momento iniziava una Finale su 15minuti, nella quale il Pireo si portava a +1, ma i Greci continuavano a buttare tiri liberi e cominciavano a cedere qualche rimbalzo offensivo a Madrid, che, contemporaneamente, assisteva a 11 pti consecutivi di Carroll (3 triple): + 7 Real e Laso a chiedersi se potesse essere lo strappo giusto. Il terzo quarto si chiudeva con il primo 2/2 dalla linea (10/21 totale…..) per il Pireo, merito di Sloukas: +7 Real, ampiamente dentro al raggio di rimonta dei Biancorossi. La resina però non faceva effetto sul Real, che andava subito a +10 e manteneva il distacco, per aumentarlo nella seconda parte del periodo, i minuti dal 35 al 40 che di solito sono il regno di Spanoulis&Co. Il vantaggio dei Blancos si dilatava fino a +17, figlio anche dell’inguardabile messe di liberi buttati dai Greci (10/25 al momento del massimo svantaggio). C’era ancora tempo per una bellissima “colomba” o, come viene chiamata ora, “lacrima”, di Rodriguez in pieno stile Vincenzino Esposito, e per uno sberleffo del solito sportivamente impresentabile Rudy, che faceva infuriare Spanoulis: 78-59 il punteggio alla sirena. L’impresa numero 3 non riesce al Pireo, ma forse l’impresa vera è quella del Real: da tempo immemore, infatti, la squadra favorita non riusciva a vincere l’Eurolega, finendo schiacciata o dalla responsabilità o dall’epica prestazione di un prodigioso underdog. I Blancos ci sono riusciti, e vorremmo dare gran parte del merito a Pablo Laso, un allenatore “normale”. Non un profeta del parossismo agonistico o della tattica esasperata, non un sacerdote della difesa. Un coach che, certo agevolato dal roster pieno di campioni e ottimi giocatori (11′ e 12′ uomo sono Bouroussis e Campazo, a occhio e croce…), ama il basket offensivo e cerca di non disprezzare l’estetica della pallacanestro. Bella prova, coach. MVP della gara è stato nominato Andrès Nocioni: può essere condivisibile, ma per noi l’uomo fondamentale è stato Carroll, colui che ha tirato fuori il Real dal baratro dell’incertezza in cui era precipitato a metà del terzo quarto, finendo sotto di 1.