Come allenatore, bisogna ammetterlo, non ha avuto una gran fortuna (7/34 il suo record), ma come dirigente ha l’occhio fino e mastica basket come pochi: Alessandro Giuliani, da Vicenza, per questo, è stato votato come miglior G.M. della passata stagione.
Nato 46 anni fa nella città del Palladio, Giuliani ha iniziato, ventenne, la carriera da allenatore nelle giovanili di Verona prima di essere scelto da Mazzon come assistant nel 1996. Due anni dopo la stagione d’oro sua e della Scaligera targata Mash. Guidati da Mike Iuzzolino, i veneti riuscirono a raggiungere la semifinale di Coppa Italia e gli ottavi dei playoff, ma soprattutto trionfarono nella finale di Korac sulla Stella Rossa di Belgrado di Rakocevic.
Oltre che di Mazzon, Giuliani è stato collaboratore, in panca, anche di Pippo Faina e Lino Lardo che ha seguito alla Viola Reggio Calabria di cui sarebbe diventato, poi, head coach nel 2004.
Annus horribilis il 2005 per Giuliani: dopo l’addio a Reggio (gli subentrò Zorzi), fu costretto a lasciare anche l’Air Avellino, dove però aveva cominciato ad assaggiare la…scrivania!
Dopo un passaggio a Rieti (sempre come vice di Lardo), nel 2008/2009, l’approdo a Biella dove, come g.m. (a.d. Marco Atripaldi), coglie una tranquilla salvezza nel 2011, migliorando il record di vittorie dell’anno precedente.
Ritiratosi il mitico g.m. Santi Puglisi, nel 2011 Brindisi pensa a lui per gettare le basi di un progetto ambizioso, ma la permanenza del Giuliani 1.0 in Puglia dura solo un anno, anche se termina con la cavalcata trionfale che porta i salentini nella massima serie e alla conquista della Coppa Italia di Legadue.
Un passaggio veloce ancora a Verona, il 2012/2013, poi nuovamente Brindisi che con lui e Bucchi coglie il miglior risultato della sua storia ed oggi veleggia nelle parti alte della classifica, ha superato il primo turno di Eurochallenge e, per la terza volta consecutiva (unica con Milano, Sassari e Reggio Emilia), è approdata alle Final 8 di Coppa Italia.
Con Giuliani abbiamo parlato a 360° delle problematiche comuni ad un movimento che non accenna a decollare.
Il tuo coach Bucchi ha recentemente sottolineato la difficoltà di allenare squadre zeppe di stranieri che fanno fatica a calarsi nella nostra realtà per una differente cultura sportiva e per mancanza di una chiara identità, che ne pensi?
«Sono d’accordo con le parole del coach e una prova può essere Caserta che, con Esposito, sta cercando di assumere una vera e propria identità. A volte, però, credo che per gli stranieri, in particolare per quelli che vengono per la prima volta in Europa, le statistiche individuali vengono prima di quelle di squadra. Bisogna fargli capire che si vince di squadra e che il loro valore può aumentare se il risultato della squadra è stato soddisfacente: si vince con il gruppo e con le statistiche individuali».
In questa ottica, secondo te, quali sono i giocatori-delusione della prima parte di stagione?
«Sicuramente mi aspettavo di più da Feldeine di Cantù e da Anosike e Hanga di Avellino. Howell di Caserta? È un giocatore che riesce ad attaccare bene il post basso. Credo che non esistono giocatori scarsi, ma giocatori che in una realtà rendono di più o di meno rispetto ad un altro contesto».
Frank Gaines unico ancora a secco di vittorie in A: è lui la delusione totale?
«Sono giocatori dei quali ti innamori quando li vedi in D-League e alla Summer League, ma che non sempre riescono a capire l’ambiente in cui capitano e non sempre riescono a fare uno sforzo per adeguarsi. Lo stesso discorso si è fatto, ad esempio (al contrario), per Belinelli quando è andato nella NBA. Lui ha tenuto duro si è fatto apprezzare e ora è un giocatore solido!».
Tre giocatori italiani pronti per l’Eurolega dell’anno prossimo?
«Sicuramente il nostro Delroy James che se si costruisce un tiro dall’arco affidabile potrà dire la sua in Eurolega. Il Mitchell di Trento, molto atletico, e Banks di Avellino; sono tre giocatori già pronti, secondo me. Stone di Venezia? È un giocatore che ho sempre apprezzato, visto che io ammiro molto i play grossi e fisici, è uno che se vuole può dettare legge in Europa».
Quali sono secondo te le sorprese e le delusioni di questo torneo?
«La rivelazione è sicuramente Trento, una squadra molto organizzata che sta crescendo molto bene, oltre a Cremona che ha fatto come noi lo scorso anno: un ottimo allenatore e scommesse calcolate. La delusione certamente, sin qui, Caserta, ma anche Cantù sta dando meno di ciò che si pensava».
L’anno scorso, di questi tempi, stavi già visionando i prospetti della stagione successiva: quali sono i tuoi programmi?
«I programmi anno per anno non cambiano di molto rispetto al precedente. Sono appena tornato dall’America, ma tra poco ritornerò negli USA per l’inizio della March Madness (per vedere quanti più prospetti possibile) e per il Portsmouth Invitational Tournament, dove cercheremo i talenti per l’anno prossimo».
Le squadre chi le fa i GM o i procuratori?
«Assolutamente i G.M., hanno il controllo su tutto! Ormai il lavoro e l’esperienza di G.M. e coach fa si che non sia possibile essere “bidonati” dagli agenti dei giocatori. Con i mezzi che abbiamo a disposizione ormai conosciamo quasi tutti i giocatori disponibili per il nostro mercato. Quello che manca alle squadre italiane è riuscire a sostenere lo sforzo economico di una programmazione e tenere per 2-3 anni di seguito un giocatore importante; noi, ad esempio, abbiamo fatto uno sforzo davvero notevole per tenere James!».
Recentemente Ettore Messina ha detto che, dagli USA, la nostra Lega è considerata quasi come quella di Portorico: la tua opinione? Quale formula potrebbe rilanciarla?
«La formula migliore per la Lega italiana non esisterà mai. Dobbiamo attenerci alle regole che abbiamo, anche in tema di tesseramenti. Se si riuscisse ad arrivare al 6+6, semmai con la presenza obbligatoria in campo di almeno due italiani, sarebbe probabilmente una buona soluzione per il movimento. Riguardo le retrocessioni, credo che, per ritornare ad avere una serietà come movimento, dobbiamo assolutamente evitare che già dopo un paio di mesi di campionato qualche squadra possa sparire, innalzando semmai l’importo della fideiussione (circa 30.000 € mi pare): questa può essere una soluzione. E’ ovvio che, comunque, non potremo competere (anche per la diversa fiscalità) con nazioni come Spagna, Turchia e Russia che possono permettersi di pagare (anche una neopromossa in Turchia) cifre doppie a quelle che possiamo offrire noi».
In conclusione: dove può arrivare la tua Enel quest’anno?
«Puntiamo ad andare avanti il più possibile in Eurochallenge, passare il primo turno dei playoff in campionato e… stupire in Coppa Italia!».