Arriva per tutti il momento di smettere di essere un atleta in attività. Arriva anche per quelli che simboleggiano lo sport in tutto e per tutto. Il basket si inchina a sua maestà Kobe Bryant, proprio lui che è stato la pallacanestro per quasi 20 anni. Non è semplice descrivere le emozioni che un giocatore come Bryant ha regalato: Kobe è stato totale, è stato un campione sotto l’aspetto tecnico, tattico ed esempio di straordinaria forza d’animo e professionalità. Dove non arrivava la logica arrivava il suo immenso talento, dove non arrivava la forza fisica arrivava la sua determinazione.
Soprannominato Black Mamba, guardia tiratrice nato a Filadelfia il 23 agosto del ’78, il numero 24 dei Los Angeles Lakers è il terzo marcatore più prolifico dell’NBA, dopo Jabbar e Karl Malone. Capace di vincere 5 anelli con addosso sempre la stessa maglia, i record di Bryant sono così tanti da non poterli riassumere in quattro righe, e molti di questi hanno fatto la fortuna degli appassionati di scommesse sportive. Miglior marcatore di sempre all’All Star Game con 280 punti; in NBA è l’unico ad aver messo a segno più di 600 punti per 3 anni consecutivi nella postseason; è, inoltre, il secondo marcatore più prolifico in una sola gara di tutti i tempi, visto che la sera del 22 gennaio del 2006 mise a segno 81 punti contro i Toronto Raptors, per quella che rimarrà la sua serata più gloriosa. Meglio dei 2 ori vinti con gli USA alle Olimpiadi.
In fondo parliamo del più giovane cestita di un All Star Game, record che mise a segno quando si presentò sul parquet l’8 febbraio del 1998 all’età di 19 anni. Lo stesso giorno, ma un anno prima, faceva il suo debutto nello Slam Dunk Contest, e ancora nessuno più piccolo di lui ci ha provato. Aveva solo 18 anni. Neanche quella nube che a un certo punto ha cercato di offuscare la sua stella, e ci riferiamo all’accusa di violenza sessuale poi decaduta, ha permesso a nessuno di mettere in dubbio anche solo per un attimo che ci ritroviamo di fronte a un emblema dell’NBA e del basket mondiale.
Kobe ha scelto di scrivere una breve lettera per annunciare il suo ritiro, e lo ha fatto avendo in mente il basket come mittente, che è la sua vita, la sua essenza. Una missiva che ha toccato i suoi fan e tutto il mondo della pallacanestro. Il suo ritiro non è una sorpresa per nessuno, lo si sapeva da almeno un anno. Ora che però è ufficiale, quando la stagione finirà, Kobe Bryant penserà a un futuro lontano dai parquet ma senza dimenticare le origini.
L’Italia potrebbe essere il suo passo successivo, visto il suo legame viscerale col Bel Paese grazie a suo padre Joe, ex cestista e coach, che ha militato a Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. Kobe ha passato gran parte della sua infanzia in Italia, appassionato del calcio nostrano e tifoso sfegatato del Milan, e chissà che magari possa farci un pensierino, magari come dirigente in A. La pallacanestro italiana avrebbe solo da imparare da uno come lui.