Viso solare, sorriso sempre in canna, Nicola Alberani o, per dirla con Fabrizio Provera, il Billy Beane del Raccordo Anulare è sempre molto cordiale e loquace. Il forlivese non è il manager degli Oakland Athletics, ma da Beane ha certamente imparato, in fretta, l’arte di vincere, peraltro spendendo pochissimo.
Dopo una carriera (non eccezionale) da giocatore, il Nostro, partendo dalla sua città, ha iniziato la carriera da dirigente nel 1997 con la squadra della Montana Forlì appena retrocessa in A2. I romagnoli raggiunsero le semifinali dei playoff per la promozione prima con coach Pillastrini (0-3 da Gorizia), quindi con Pasquali (altro 0-3, stavolta dalla Bini Livorno), nonostante un budget ridotto all’osso. Alberani, pur dovendo fare i conti con una cassa semivuota, ha portato in Romagna, tra gli altri, anche Bulleri.
Sparito il basket (evento, evidentemente, di crociana memoria a Forlì) per tre anni ha fatto l’agente nel team di Luigino Bergamaschi, prima di ritornare dietro la scrivania, sempre a Forlì che ha guidato in altre due stagioni di LegaDue.
Nel luglio del 2012, con enorme entusiasmo, il grande salto nella Capitale (che sembrava una scelta azzardata, considerato che Roma aveva rischiato di non iscriversi al campionato) come G.M. dell’Acea con cui fa il botto: al primo anno finale persa 1-4 contro il Moloch Siena. L’anno dopo ancora una grande stagione ed ancora un 1-4 con Siena, in semifinale, con una costante: il budget ridottissimo.
La scarsità di risorse ha costretto Alberani ad aguzzare l’ingegno e ricorrere a scommesse (in parte calcolate) come Gani Lawal, Mbawke, lo stesso Jordan Taylor, supportato dalla classe di Gigi Datome e dall’esperienza di Bobby Jones.
In mezzo a tante gioie, qualche spina: nell’estate del 2013 il coach della finale, Marco Calvani, non viene confermato e volano gli stracci… Alberani ricorre alla giustizia ordinaria e a novembre del 2014 il Tribunale federale lo inibisce fino al luglio 2015 per violazione della clausola compromissoria (quella per cui i tesserati devono rinunciare ad adire il giudice ordinario e risolvere eventuali controversie davanti a quello sportivo). Dopo un paio di settimane, accogliendo il ricorso del G.M., il provvedimento viene annullato dalla Corte d’Appello federale e Alberani può gioire con la squadra per l’ottima regular season di Eurocup e una Top32 che fa ben sperare dopo la vittoria sul Cedevita Zagabria.
Le fatiche del doppio impegno si fanno però sentire nelle gambe di un roster non smisurato, né eccessivamente dotato di talento, con tanti rookies per la A che tendono a smarrirsi nei momenti topici.
Il doppio impegno settimanale vi ha penalizzato?
«Decisamente. Giocare il giovedì 3 tempi supplementari per poi perdere a Pesaro con 20 punti di vantaggio alla fine del secondo quarto, indubbiamente, fa male. Non abbiamo un roster lunghissimo, anche quello di Caserta, ad esempio, è superiore come quantità e qualità».
State pagando forse anche le prestazioni altalenanti di Brandon Triche?
«Beh è sicuramente più facile giocare a Trento che a Roma in Eurocup! Triche è un rookie per la serie A, quindi ci sta che abbia fatto fatica in campionato, crediamo però che con Stipcevic al suo fianco possa lavorare serenamente. Crediamo molto nelle sue qualità».
La scelta di Ebi?
«Abbiamo un problema a livello di consistenza della squadra. Siamo troppo giovani e abbassiamo troppo la testa nei momenti difficili. Volevamo un giocatore solido ed esperto, quindi pronto e forte a livello mentale, soprattutto in Europa. Abbiamo fatto i conti con le risorse a disposizione ed abbiamo scelto lui».
Sei forlivese e proprio Forlì è stata l’ultima a scomparire nel panorama italiano…
«Quello di Forlì è solo l’ultimo caso di una serie che, fortunatamente, quest’anno non ha coinvolto la Lega A. Serve meno tolleranza e più rigore, non è possibile iniziare un campionato nazionale con una fideiussione di soli 30.000 euro per garantire la stagione e poi finire così».
I ragazzi italiani hanno sempre meno spazio in A. L’ultimo innesto (Jackson) a Venezia toglierà minuti a Ruzzier: è la crisi del sistema italiano?
«Non so, mentre parliamo (martedì 20/1 ndr), se effettivamente Venezia prenderà Jackson. Comunque mi sembra plausibile: la Reyer è una squadra che è attrezzata e vuole vincere. Non so però quali potranno essere i piani tecnici di coach Recalcati, forse Goss ha qualche problema fisico. In Italia chi spende, e molto, vuole ovviamente vincere subito, per cui anche giovani molto interessanti (hai fatto il nome di Ruzzier, ma vale anche per altri) faticano a trovare spazi».
Recentemente alcune dichiarazioni di Sbezzi hanno aperto un dibattito: secondo te è vero che si lavora poco in estate?
«Riccardo è uno dei big tra i procuratori come potrei non essere totalmente d’accordo con lui (ride ndr). Effettivamente qui si pretende molto di più dalle società che dai giocatori, che talvolta vengono troppo coccolati invece di essere spronati. Qualche agente subisce addirittura le lamentele dei propri giocatori quando gli dice le cose con concretezza (e Riccardo è tra questi). Da noi si pensa più al risultato immediato che al lavoro e alla programmazione».
È vero che le squadre le fanno i procuratori?
«In effetti è vero che alcune squadre le fanno i procuratori, ma in genere le fanno i general manager con gli allenatori!».
È vero che volevate prendere Sam Young?
«Beh è vero che ci siamo informati dopo la rescissione con Caserta, ma costava troppo per noi e abbiamo desistito! Young è una grande presa, ma deve essere inserito in un contesto particolare e noi non ce la siamo sentita di toccare la chimica della squadra per un elemento, peraltro, cosi costoso. Da noi nessuno prende cifre anche solo avvicinabili al suo stipendio».
Il futuro di Roma è ancora lontano dal Palaeur?
«Si, per ora purtroppo, per noi, i costi di affitto e gestione di un palazzo come quello dell’Eur non sono sostenibili se non per eventi eccezionali».
Hai vissuto la sua vicenda da vicino: Datome è passato dai Pistons alla D-League e ritorno, che ne pensi?
«Direi che è quasi un mobbing! Gigi non lo merita perché è una persona squisita e un atleta molto forte. Credo che se non riuscirà a sfondare nella NBA, avrà certamente mercato nel Vecchio Continente e potrà accasarsi in un top team europeo. Comunque penso possa emergere nella NBA perché è uno duro mentalmente e abituato al sacrificio».
I colpi migliori del mercato nel rapporto costo/qualità?
«Sono arrivati giocatori come Clark di Cremona e Mays di Brindisi che hanno fatto molto bene. L’anno scorso mi era piaciuto anche Ronald Moore di Caserta, giocatore interessante a cui anche noi eravamo interessati prima di prendere Mayo».
Hai trattato anche Mitchell e Owens?
«Il primo non lo abbiamo cercato per il contesto che dovevamo ricostruire. Trento aveva un solido assetto di squadra e ha potuto inserire un giocatore come Mitchell senza subire contraccolpi e integrandolo nella squadra e nell’ambiente molto familiare. Owens ci sarebbe piaciuto, ovviamente, ma non abbiamo potuto avvicinarlo per un discorso economico».
Cosa ti aspetti dalla partita di domenica a Caserta?
«È una partita difficile perché, al di là della classifica molto bugiarda, Caserta è una squadra valida ed esperta».