Quelli che hanno la dovuta età ricordano un momento della pallacanestro europea in cui, a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, si cominciarono a vedere con frequenza risultati come 60-57, 64-67 e via così. Tra gli alfieri e creatori di quella nuova pallacanestro votata parossisticamente alla difesa vanno ricordati Bozidar Maljkovic, che ci vinse da assoluto underdog un’Eurolega col Limoges, e, in Italia, la Reggio Emilia di Franco Marcelletti. Bene, la dimensione del gioco della squadra vincitrice della Supercoppa Italiana 2014, il Banco di Sardegna Sassari di Meo Sacchetti, potrebbe dire una parola sul fatto che non solo la difesa asfissiante e il ritmo controllato sfiancano e tolgono ossigeno alle sinapsi avversarie, ma anche la velocità, quando viene eretta a sistema sofisticato. La regolarità e la precisione del sistema-Sacchetti sono la principale notizia tecnica della manifestazione, immediatamente seguita da un’amara constatazione: le regole cambiano ma gli arbitri restano gli stessi, ossia, globalmente e con rarissime eccezioni, del tutto inadeguati.

Molte analisi sui mali dal basket italiano vertono su altri argomenti del tutto leciti ed appropriati, ma il livello degli arbitraggi è uno dei bulloni più deboli della scricchiolante macchina cestistica italica. La Finale di oggi è la ennesima riprova: tra 2’e 3’quarto più tecnici che palle perse, e questo depone a sfavore dei nostri grigi molto più che a favore delle gestioni di palla delle contendenti. A proposito delle quali, dopo aver parlato di Sassari, dobbiamo dire di Milano: ha perso solo negli ultimi 5 punti una partita in cui, a livello di impressione globale, è stata costantemente dominata; questo particolare rivela che la EA/7 ha una forza intrinseca notevole, vista solo parzialmente in Sardegna per colpa di due assenze fondamentali quali quelle di Moss e James.

Dei presenti, invece, vorrei segnalare la prestazione per Milano di Hackett e Brooks e per Sassari di Sanders e Lawal. DH è stato il vero motore del primo quasi-riaggancio di Milano: in un momento in cui la velocità di Sassari stava davvero strozzando l’Olimpia, ha rallentato le esecuzioni, riportando tempi e spaziature necessari per le speranze dei rossi. MarShon, invece, alla prima bella prestazione realizzativa in un match importante, continua a impressionarmi per l’impegno difensivo: è vero, a tenere gli 1vs1 è (ancora?) davvero penoso, ma sulle linee di passaggio e sugli anticipi è sempre sveglio, inoltre commette molti dei suoi falli tentando stoppate e interventi in aiuto – l’impegno insomma c’è. Sanders è un giocatore interessante: di certo è un 3 ma ha una fisicità davvero impressionante, ed è rapidissimo, qualità che gli permettono di cambiare su ogni avversario, da 1 a 5; Lawal è un centro di tipo moderno, molto atletico e non pesantissimo, ma rispetto la media dei giocatori simili che si vedono sui parquets, ha tecnica individuale di base che lo elevano quasi automaticamente al rango di chi in Eurolega ci può stare tranquillamente: i due sassaresi pur con minutaggi non infiniti sono gli MVP nascosti del Banco vittorioso.

In due giorni nessuno degli uomini di Sacchetti ha avuto prestazioni particolarmente negative, facendo loro meritare un 8 per la manifestazione; per Milano invece sono state parecchie le ombre, per esempio Gentile stasera, DH ieri e Ragland bene da guardia ma male da play sia ieri che oggi, per un voto di risicata sufficienza alla squadra. Alle ombre si unisce un fantasma: non era il suo turno, ok… ma Meacham? Sicuri che sia molto meglio di Tourè o del giovane Fernandez?