Continua il viaggio con NBA Twelve.
1 – NBA EMIRATES CUP. Un successo. Quarti, Semis e Finale sono state quasi tutte gare tirate. Lotta+grit erano lo scopo dell’introduzione della Coppa mid-season: abbiamo avuto la lotta e una Finale interessante che ha aperto idee sui prossimi PO. Una ventina di giorni fa questa pagina, solitaria, lo aveva detto: Milwaukee chiederà scusa per il ritardo, ma arriverà. Fondamentale il confronto staff-Stelle, dopo una serie di KO o di W tirate in cui era parso eccessivo il non interventismo (mettiamola così) di Doc. Non abbastanza sottolineata (o solo sensazionalisticamente) la stagione animalesca di Giannis: ne parleremo analiticamente dopo Natale, intanto tripla-doppia n. 48 in carriera (26-19-10, 2 rec e 3 stoppate). MIL è rimasta a contatto (5 sopra o 5 sotto) anche nel primo tempo, quando ha tirato sotto al 40%: appena raddrizzata la mira da parte di Lillard e Brooke, i Bucks hanno preso il largo. L’ambiente di una Finale, gara pesante con qualcosa in palio, ha evidenziato qualche limite nel roster dei Thunder. Soprattutto Caruso è ottimo gregario con notevoli punti di forza in difesa e per energia, ma non un campione né giocatore particolarmente raffinato. In una notte in cui OKC ha sofferto nettamente a centrocampo (13 ass vs 25 di MIL, squadra che non eccelle per distribuzione…) serve molto di più, molta più classe di quella che può portare il paisà. MIL-OKC può essere stata un anticipo di Finals? Sarei sorpreso per la metà orientale, ma non allibito.
2 – OLDIES DA TRADE. Leoni, ma vecchi o nella fase di passaggio tra prime e inizio della china calante. La situazione tragicomica di LAL ha messo in trade, almeno a livello di rumors, anche LBJ e Davis, con l’aggiunta che –Bron si muove solo insieme a Bronny. Sgomberiamo il campo: dal punto di vista dei Lakers ha senso, sotto ogni aspetto. Liberarsi dall’ingombro paralizzante di James sarebbe un segnale di rinascita; ed è meglio smerciare Monociglio ora invece che dopo un’ennesimo flop ai PO. Non accadrà, ma per le destinazioni dovreste esaminare chi ha molte scelte da offrire. Butler: forse il percorso a MIA è davvero finito, ma non vedo grandi luoghi di atterraggio possibili, a parte uno. I Knicks sono delusi da Mikal Bridges: due pezzi a NY (Butler e… Jaquez?) per l’approdo in Florida di un giocatore che pare fatto per il sistema di Spoelstra. A favore: Thibbs ha allenato Butler sia a CHI che a MIN; problema: a MIN Towns disse “o io o lui”. In questo gruppo di giovincelli troviamo anche Mike Conley (per come sta rendendo è del tutto ininfluente per i T’Wolves concentrati sul diventare “la squadra di Edwards”) e CJ McCollum (potrebbe finire ovunque: Nola deve recuperare assets e alleggerire il monte salari, in vista altre due partenze).
3 – PRIME DA TRADE. Jerami Grant: riuscirà finalmente a evadere da Portland? Non è in grado di ribaltare da solo l’andamento di una franchigia, ma è complemento ideale per chi voglia dare sostanza a maggiori ambizioni: potrebbe essere un importante tassello tra Wagner e Banchero, dando opzioni per giocare con i ruoli di Paolo, di Franz e anche di Jalen Suggs (infortunatosi); potrebbe consentire di dare sostanza a MEM o di rottamare Paul George. Zach LaVine: una guardia per tamponare i dolori di Jamal Murray o per rimpiazzare Middleton a MIL. Brandon Ingram: incompiuto come incompiuta è Nola; un cambio di aria gli servirà per una prova definitiva sul suo reale valore: al posto di Butler a Miami, o per dare veste più compiuta alla ricostruzione Pistons. Zion: un intrigo di mercato denso di eventi insospettabili potrebbe portarlo a NY, ma più probabile accada in estate; se si muovesse ora, potrebbe essere verso una delle due L.A. o GS: in ogni caso DIMENTICATE posti piccoli o a bassa audience per lui. Kuzma: meno talentuoso di nomi precedenti, ma utile e con una certa fame di arrivare dove pochi lo pronosticano; un ruolo da 6th a PHO o a BOS sarebbe vantaggioso per le due franchigie.
4 – INVESTIGAZIONE. La NBA ha iniziato una investigazione (ricerca, non indagine) sulla incidenza del tiro da 3 nei giochi delle varie squadre. Non significa altro che la lettera delle parole. Non è un indizio di rifiuto del tiro da 3 o di allontamento della riga eccecc. Nello statuto della Associazione c’è infatti una clausola che stabilisce come la lega debba sorvegliare su sé stessa per il bene del Gioco; con questo considerando sé stessa coincidente con il Gioco. So bene che tanti discorsi si legano a ipotetiche crociate anti-triple: i collegamenti e le implicazioni si spingono fino al calo di contatti televisivi nazionali (importante considerare di nuovo la lettera: contatti + televisivi + nazionali, non contatti televisivi stato per stato e nemmeno contatti streaming o via app) e a fantasie come una “crisi” della NBA. Ne parleremo con una uscita dedicata esclusivamente a questi argomenti: investigazione, Amazon, Televisione, Europa.
5 – TIFO. NBA che, in qualche modo, arriverà con maggiore impatto anche in Europa. In vista, quando sarà, di una E-NBA è interessante iniziare a domandarsi che posizione terrà nei confronti di un certo modo di intendere il tifo… Scordatevi Oaka?
6 – EAST / WEST. Dicembre 21: la pos. 6 della EC ha bilancio 13-12, quella della WC 14-11. Una sola gara di differenza, così come il bilancio totale delle prime 6 di ogni Conference: EC 105-56, WC 105-55; le prima due della NBA sono a EST. L’abisso si scava nelle posizioni da 7 a 12: la 7’ dell’Est ha 14-14, un bilancio di una sola gara di differenza, 13-15, a Ovest costa la posizione 12. In quel raggio di classifica il bilancio complessivo è 71-93 per la EC, 84-56 per la WC: si tratta di uno shift nemmeno utile da calcolare tanta è la differenza. Ci sono franchigie in buona posizione per un rilancio nella Eastern (Hawks, Pistons, Brooklyn) cui aggiungere l’equivoco 76ers, ma un riassetto pare in qualche modo utile alla competitività generale della lega, e rende davvero attesa la prossima expansion.
7 – DYSON. La marca di aspirapolvere è anche il nome, adeguato, del migliore ladro di palloni della NBA. Dyson Daniels, un po’ deludente a Nola come 8’ scelta 2022, ha trovato la piena considerazione di coach Snyder agli Hawks. Terzo anno NBA, sempre aumentato i minuti (17, 22, 33) sempre almeno raddoppiato le rubate (0.7, 1.4, 3). Segnare e tirare non sono il suo forte, ma c’è da dire che ha tenuto sempre il 31% da 3, sia quando tirava meno di una tripla/gara, sia con 1.5, sia ora con 3.8: in realtà, quindi, si è raffinato se non migliorato.
8 – LA NBA NELLA NCAA. Ovvero: cosa cercano i prospetti quando scelgono il college. Ha destato sorpresa (“surprising commitment”) la decisione della probabile Prima Assoluta 2026, AJ Dybantsa, di accettare le offerte di Brigham Young U. invece di North Carolina, Kansas, Alabama, Duke, Kentucky. E soprattutto UMass. AJ (Anicet Jr) e la sua famiglia sono di Brockton (40 mins di auto dal TD Garden) come Rocky Marciano, Shawn Fanning (Napster) e Keith Hill, il celeberrimo private investor della vicenda GameStop, quindi ha lasciato molto delusi i tifosi di quelle parti. Il motivo per cui un giocatore “profondamente” cattolico ha preferito un college mormone? Lo staff tecnico. Head coach è Kevin Young, ex associated head ai Suns tra 2021 e 2024 (KD è il punto di riferimento tecnico di AJ, guarda caso); uno dei suoi asst è Tim Fanning, che ha allenato i Cold Hearts (nome top della storia di tutti gli sport), una delle formazioni di OvertimeElite, lega nata nel 2021 già capace di mandare un certo numero di giovani giocatori nella NBA. Si è trattato della esperienza dello staff nella NBA e della capacità di mandarci giocatori. Con gli accordi NIL la NCAA ha ritrovato un po’ di appeal, ma come possiamo vedere sono molto cambiati i termini della sua posizione all’interno di un mondo che guarda sempre di più verso il vertice della piramide: la NBA.
9 – RIPARTIZIONE TIRI. Mirando alla giovane età, due sono i grandi protagonisti potenziali dei prossimi anni: Wembanyama e Anthony Edwards. Sono entrambi atleticamente devastanti, per motivi differenti, ma un dato accomuna il loro gioco. Nel Basket odierno non si può prescindere dal tiro da 3, e i due giovani leoni lo sanno. In una fase tecnica differente, entrambi probabilmente userebbero il loro atletismo per giocare molto più spesso al ferro, ma oggi sono a un esatto 50% tra tiri da 2 e triple: 10 su 20 per Edwards, 9 su 18 per il Francese. La guardia di Minnie, tra le Stelle, è il migliore per percentuale: 42% da 3 è ottimo e forse inatteso, molti si sorprenderanno di leggere la cifra. In tutta la NBA, tra i giocatori che prendono più o meno lo stesso numero di triple, solo 3 stanno al passo (ma dietro, se pure di decimali) con le % di ANT: sono Herro (40.6% / 10 triple), Steph (41.2% / 10.2), Mitchell (40.5% / 9.2).
10 – ALDAMA, LARAVIA. Continuo nella presentazione dei protagonisti meno portati sotto i riflettori della stagione impronosticata (almeno da me) dei Grizzlies. Santi(ago) Aldama è di Gran Canaria, che per il basket spagnolo è come il Friuli per l’Italia o l’Indiana per gli USA; è figlio e nipote di giocatori, sia il padre che lo zio acquisito si chiamano Santiago e lo zio è stato uno dei mariti di Maurizia Cacciatori. Per numero di tiri, Aldama è il n.4 di MEM. Dopo Ja, JJJr e Bane c’è lui: occupa quindi una posizione di rilievo nel game-plan di coach Jenkins. Ripaga con 13 pti da 10 tiri/gara (buoni dati, non eccezionali) e forse ancora più importanti sono i 7.5 rebs; è giocatore molto intelligente, ha un rapporto ass/perse che sfiora il 3, migliore di tante guardie. Ha solo 24 anni, è ipotizzabile un ulteriore progresso nei prossimi anni e non sarei sorpreso se ci trovassimo a parlare di lui come uno degli Europei più determinanti di questa fase di NBA. Jake LaRavia è Californiano ma è cresciuto in Indiana e in NCAA ha giocato in due college: prima in quello di Larry Bird, poi in quello di Duncan e Chris Paul. Nel 1985 sarebbe stato un tweener e quindi disprezzato, ora è un 201 che può giocare sia sf che sg e anche pf in situazioni di smallball estremo. Il suo pregio è la completezza: non ha picchi ma garantisce 9-4.5-3.5, solidità estrema. Mentre scrivo Memphis è seconda con una certa comodità nella WC e una delle sole 5 squadre con almeno 20 W e ancora meno di 10 L: non penso che, fin da ora, ci possano essere grnadi concorrenti al titolo di CoY per Taylor Jenkins.
11 – 3 + 3 IN ALAMO. Istintivamente parlerei di Wembanyama solo tra 15 anni quando avrà vinto 4 o 7 Anelli: contro la mia indole, lo farò prossimamente. Ora vorrei mettere a fuoco uno dei tentativi riusciti di Pop dopo l’inizio del processo di ricostruzione della franchigia. Non sono molti, ma questo gli è venuto bene. Una delle sue fisse è diventata la omogeneità fisica e atletica dei quintetti, con la finalità principale di potere cambiare tutti-su-tutti in difesa. Ironico che gli sia toccato un total freak come Wemby e che sia ora accoppiato a un nanerottolo come CP3. MA: due terzetti sono di giocatori identici, 3 o 4 dei quali possono giocare insieme. Primo terzetto, guardie: Keldon Johnson 6.5 x 220, Stephon Castle 6.5 x 215, Devin Vassell 6.5 x 200. Secondo terzetto, ali: Julian Champagnie 6.8 x 220, Harrison Barnes 6.8 x 230, Jeremy Sochan 6.8 x 225. Per provare a distinguersi, Sochan è quello col bulbo verde e che tratta i liberi a una mano durante tutto il processo. Il tentativo è evidente, in realtà assume ancora più senso in presenza di un fisico come quello di Wemby, che è miracoloso per mobilità ma può essere aggredito da determinati tipi di attaccanti.
12 – FONTECCHIO. Meno di 7 punti, meno di 3 rimbalzi, meno di 20 minuti. Lasciamo perdere.