IL countdown dice -19 alla opening night della stagione NBA 2017-18.Sarà una nottata perfetta, perchè oltre a riunirci con la nostra amata, ella ci fornirà due eventi di primo livello, con le sfide tra Cavs e Celtics + tra i Campioni e i Rockets.
Nel frattempo, durante la off-season, oltre a tutti i movimenti di mercato di cui abbiamo parlato e parleremo (oggi inizia la presentazione del nostro NBA Power Ranking, e approfondimenti mirati saranno curati da Luca Morucci), sono avvenuti anche importanti cambi di regole. Riguardano la frequenza delle partite e il Draft, e hanno avuto come motivazioni principali l’abolizione di 3 cose che sta(va)no parecchio sul gozzo al Commisioner, Adam Silver: gli infortuni, i riposini sempre più frequenti ed inopinati concessi dagli allenatori ai propri giocatori di vertice, il tanking (sorta di legalissimo gioco “a perdere” per avere migliore posizione di scelta al Draft una volta terminata la stagione).
CALENDARIO E FREQUENZA DELLE PARTITE. Il 17 ottobre, opening night, segna un anticipo di due settimane sull’abituale periodo di inizio della Regular Season, e crea di per sè spazio per un maggior riposo dei giocatori. Infatti le 1230 partite sono distribuite su 26 settimane invece che 23 e mezzo. Inoltre, il numero dei back-to-backs (due gare in due notti consecutive) diminuisce mediamente per ogni franchigia da 17 a 14,4. Per la prima volta nella storia della Associazione non ci saranno casi di 4 gare in 5 notti, e sono diminuiti da 90 a 36 i casi di 5 gare in 7 notti. Sono misure sensibili, tanto che Sir Charles Barkley, uno degli alfieri del “ai miei tempi sì che il Gioco era vero e duro..”, ha già espresso il suo parere, paragonando i giocatori attuali a delle bamboline viziate, e offrendosi per rimboccar loro le coperte. Provocatorie ironie a parte, le misure volute da Silver saranno di aiuto al capitolo infortuni/recupero dagli infortuni, ma crediamo che al momento “giusto” ogni coach darà riposo alle proprie Stelle, creando ovviamente disappunto nei fans: evitare quel disappunto è esattamente la mission di Adam Silver.
NBA DRAFT 2019. Non dal prossimo quindi, ma da quello dopo. Il meccanismo del Draft non cambierà in sè, cambieranno notevolmente le chances di ogni squadra di avere la Prima Scelta Assoluta. Tankare di brutto, arrivare ultimissimi, scegliere per primi il miglior giocatore proveniente dal mondo NCAA: attorno a questo meccanismo un po’ perverso ma non illegale è ruotato il concetto di rebuilding nella NBA per almeno 30 anni. Ricostruire una franchigia partendo dal Draft, alleggerire il monte stipendi e nello stesso tempo allestire un gruppo fortissimo e relativamente economico, almeno nei primi anni dei vari contratti. Tutto questo sarà meno automatico dal 2019. Nel meccanismo della Lottery (un sorteggio in cui le squadre hanno percentuali di probabilità di vittoria inversamente proporzionali ai successi sul campo) le ultime 3 arrivate potevano contare complessivamente sul 60,5% di probabilità di aggiudicarsi la prima chiamata (30=25%, 20=19,9%, 28=15,6%). Ora questa percentuale crolla al 42, senza più differenze dal momento che ad ognuna è concesso il 14%. Crescono le % per le squadre dal posto 27 al 24: queste 4 formazioni avranno il 39,5% (era il 31,4%) complessivo di poter chiamare la Prima Scelta, e in particolare il divario tra le prime 3 e la quart’ultima è diventato minimo: 14% vs 12,5%. Essere ultimi non porta, quindi, vantaggi molto maggiori che essere 27′ o 26′ (10,5%), ma ora se avete fatto bene i conti saprete che apparentemente ci siam persi per strada un bel 10,1% di possibilità. Infatti: quella percentuale è stata redistribuita, con diverso calibro, su tutte le altre franchigie, che in questo modo, sia pure in modo infinitesimale nei casi dei Finalisti di Conference per esempio, sono un po’ più vicine alla Prima Scelta Assoluta anche essendo formazioni vincenti o Campioni.