Eccoci arrivati alle N.1, le più accreditate pretendenti al Titolo. E domani notte: la stagione inizia!
EASTERN CONFERENCE #1: CLEVELAND CAVS. Lasciamo da parte le emozioni le ansie le simpatie/antipatie e osserviamo freddamente quel che l’estate più complicata degli ultimi 5 anni ha lasciato a Cleveland. Il roster dal talento più diffuso e profondo della storia del basket. Che è tale pur avendo perduto, da nemmeno 36 ore, Richard Jefferson e Khalil “Kay” Felder. Il dodicesimo è Jeff Green, o Kyle Korver. Il 13-14-15 del loro roster allargato sono Cedi Osman (il giovane prodigioso turco che in realtà sarebbe già più che pronto per la NBA), Zizic, e Josè Calderon. Anche se “ferito” dal perdurante infortunio di Isaiah Thomas all’anca, il reparto guardie dei Cavs comprende, oltre ad IT4, Dwayne Wade e Derrick Rose. Cioè: si fa male Isaiah? Metto Derrick. Si fa male anche Derrick? Metto Dwayne. E da quest’anno i Cavs hanno anche un cambio per LeBron James: parliamo di Jae Crowder, arrivato pure lui dai Celtics. Dato che tra gli esterni si contano anche JR Smith ed Iman Shumpert, bastano ed avanzano due lunghi nei 12: Love e Tristan Trevor Thompson (TTT), oltre a Channing Frye che, però, il pitturato lo vede pochino. Negli ultimi 3 anni, in cui Cleveland ha perso 2 Finals vincendone una, uno dei motivi principali cui riferire le sconfitte o le difficoltà era l’eccessivo impiego cui era costretto LBJ, soprattutto in regular season. Ora, con questo roster, è possibile immaginare un impiego di James non superiore ai 30 mins; è possibile immaginare il Prescelto che arriva riposato ai Playoffs. Riuscite a pensare qualcosa di più pericoloso per gli avversari? Noi no. Per questo ammettiamo che la NBA è sbilanciata tra Eastern (decisamente più debole come media) e Western Conference (molto migliore), ma a livello di Titolo e Conference Finals, secondo noi, la Eastern detta legge, perché due delle tre più forti sono ad Est, e i Cavs sono meglio di Golden State, se dovessimo scommettere sui vincitori dell’Anello. Resta da vedere come funzionerà lo spogliatoio, se davvero sarà sempre più palese il fatto che Lue è il fantoccio di LeBron, se sarà possibile gestire i conflitti di personalità e ruoli. I primi due si sono già verificati. TTT ha risposto positivamente alle voci che lo vogliono panchinato per amore di smallball con Love unico lungo dello starting-5: ragazzi, nessun problema, se ben ricordo l’ultima volta che sono partito dalla panchina abbiamo vinto un Anello, ha detto ai giornalisti di recente. JR Smith invece ha definito “un brutto colpo, un colpo al cuore” la sua possibile retrocessione sul pino a favore di D-Wade: ragazzi, a dire la verità mi avevano assicurato che sarebbe stato Dwayne ad iniziare in panca le gare, si è lamentato. Il monte salari è il più alto della NBA, ma qualsiasi discorso o previsione risulta inutile, dal momento che tutto dipenderà dalla seconda (siamo già annoiati…) versione di The Decision, la prossima estate. Definizione 1: ma non era LeBron che criticava i rosters da superteam?. Definizione 2: wow, che supersquadra!
WESTERN CONFERENCE #1: GOLDEN STATE WARRIORS. I Golden State Warriors non avevano bisogno di rivoluzioni, ma il loro management non ha passato un’estate di puro birdwatching. Come accade agli Spurs, anche nella Bay Area i giocatori pagano pur di giocare e di continuare a vincere: Kevin Durant per esempio accetta di guadagnare quasi il 30% in meno rispetto al max contract che potrebbe chiedere, ossia prende 27 MM invece che 35. GS ha poi gratificato Steph Curry con un quinquennale da 201.5 MM grazie alla regola del designated veteran player, che consente di strapagare un giocatore fortissimo, già a roster, che viene eletto “bandiera” della franchigia, senza intaccare cn la cifra completa lo spazio salariale concesso prima di incorrere nella multa chiamata luxury tax. Lo stipendio medio annuo di Steph sarà di 40.25 MM: pensate che 44 MM era il valore totale del quadriennale che firmò nel 2012. Lo spazio salariale e i vincoli cui obbligherà gli Warriors saranno l’arma principale per gli avversari nelle prossime stagioni, perché prima o poi GS dovrà mollare una delle sue Stelle (primo nome: Klay Thompson nell’estate del 2019). Altro possibile lato debole dei Californiani: giocano troppo bene, troppo leggeri, e divenendo Campioni ad anni alterni hanno dimostrato (complice anche la NBA con la squalifica assurda di Green nelle Finals 2016) di essere migliori quando devono vincere che quando devono ripetersi, come sarebbe quest’anno. Per il resto, la Oracle Arena, presto rimpiazzata da un’arena che si preannuncia pura fantascienza nell’area di San Francisco, resta un laboratorio più che un palazzetto, un luogo di sogno dove viene giocato un basket che è sempre di un paio d’anni nel futuro. Il nucleo storico è di ritorno, KD pure, solo Ian Clark e Matt Barnes se ne sono andati, ma sono arrivati due giocatori non banali come Omri Casspi e Nick Young. Se l’Israeliano è un “tipico” giocatore da Steve Kerr, siamo curiosi di vedere come uno degli uomini più deconcentrabili del mondo saprà inserirsi nel gioco di GS: l’arrivo di Nick Young è paragonabile a quello, lo scorso anno, di Javalone McGee, anche lui ritornato dopo un breve distacco estivo consigliato dai commercialisti. Se ce l’abbiam fatta con Javale, si è detto Kerr, ce la faremo anche con Nick. Tantissima, davvero quasi isterica considerando che si tratta dei Campioni e che sono pieni di Stelle, l’attesa circa le prestazioni del rookie Jordan Bell, da Oregon U., pf iperenergetica e sfrontata con piedi per difendere su chiunque. Da questa sommaria descrizione forse capirete il motivo di tanta attesa: the next Dray-G? Che si traduce: se il prossimo Green ce lo ritroviamo in casa e per 4 anni lo paghiamo poco, forse possiamo A) evitare più a lungo di lasciar partire uno dei nostri supergiocatori o B) lasciar partire Green invece di Klay. Definizione: troppo belli per essere veri due anni in fila?