Dalla NBA e dalla NCAA continua ad arrivare molta cronaca nera, ma siamo qui per la posizione 13 del nostro Power Ranking.

 

 

EASTERN CONFERENCE #13: INDIANA PACERS. Perso Paul George, Indiana sta seguendo il destino di Atlanta, avendo rispetto agli Hawks una maggiore competitività residua. Del quintetto che nel 2013 e nel 2014 contese allo stremo il Titolo di Conference ai Miami Heat di LBJ è rimasto, ed è un cavallo di ritorno, solo Lance Il Pazzo Stephenson. La partenza di PG13 non ha portato una contropartita pregiata quanto era attendibile: Oladipo e Sabonis Figlio sono gli assets più significativi. Indiana ha una lunga serie di buoni/discreti giocatori dei quali solo uno, l’ala/centro Myles Turner, ha potenziale per diventare un crack. La cabina di regia sarà divisa tra l’artigiano sempre apprezzato ma mai amato da nessuno Darren Collison e, da Toronto, il Poeta della Zingarata Cory Joseph, uno che raggiunge il Nirvana quando entra ed esce dal pitturato palleggiando; in sg Oladipo (ottimo all-around ma con % negative) non ha davvero nè rivali nè cambi (leggete sotto come mai…), mentre l’abbondanza si trova in sf: Lance Il Pazzo, Thad Young, Glenn Robinson e Bojan Bogdanovic forniscono duttilità sufficiente a far prevedere tantissimo small-ball, per esempio con Turner da 5, Young o Bogdanovic (nei casi più estremi) da 4, e un terzetto dai vari mix possibili di Oladipo-Joseph-Collison-Stephenson-Robinson. Nel pitturato, oltre a Turner, andrà il veteranissimo BigAl Jefferson, se riuscirà a moderare la sua passione, ovviamente personale ovviamente terapeutica, per il thc e andrà anche il giovanissimo e grezzissimo, ma atleticamente molto interessante, Nigeriano-Californiano Ike Anigbobu, one-and-done da UCLA, stesso college e stesso destino del compagno TJ Leaf, destinato nonostante la stazza, come Domantas Sabonis, ad evoluire più sull’arco che in the paint. Il payroll è basso, attorno a 90MM, e soprattutto è destinato a crollare alla fine della stagione 2019, quando rimarranno solo 23 MM, con gli attuali contratti: ottima notizia in chiave rebuilding. Ci sarà da pagare fino al 2022 una parte modesta (13 MM) dei 44 destinati a Monta Ellis, la sg mancante di cui sopra, che è stato prima sospeso dalla NBA e poi messo in lista waivers dai Pacers per essere stato sorpreso positivo a metà giugno ad uno dei tanti controlli antidoping (ma sarebbe meglio chiamarli col nome sincero: antidroga) che la NBA esegue a sorpresa. L’impressione è che i Pacers faranno fatica a segnare, ed essendo squadra nuova per più di metà del roster dovranno imparare ad eseguire insieme; conteranno tanto le % di tiro di Oladipo ma anche di Turner (senza George ad alleggerigli la pressione): il panorama rende possibile che inaspettato ago della bilancia diventi Glenn Robinson, uno che ha tiro e confidenza col canestro, ma finora lo ha mostrato con totale incostanza. Definizione: tutti a scuola, possibilmente non nei bagni a farsi le canne.

 

WESTERN CONFERENCE #13: DALLAS MAVS. Ci dispiace metterli così indietro, perchè il roster ci piace tantissimo. Ma la Western Conference è talmente competitiva che i Mavs difficilmente riusciranno a essere più che terzultimi. Iniziando dalle guardie, playing the point sarà facile per i Mavs, che hanno un solido veterano nel portoricano JJ Barea, uno degli uomini più inspiegabili del mondo, partendo dal come possa giocare a basket per finire a come possa avere una moglie così. Poi c’è Yogi (Kevin Duane in realtà) Ferrell, undrafted da Indiana U., anche per lui uso “inspiegabile” in merito al come sia potuto rimanere fuori dalle scelte uno che aveva la parola leadership stampata ovunque: in ogni caso ha trovato lo spiraglio necessario ed ovviamente lo ha fatto immediatamente diventare un portone, scatenando a Dallas una isterica e meritata Yogi-Mania. Si prosegue con il rookie, Dennis Smith, che atleticamente è una belva, e potrebbe diventare una letale combinazione di triple e difesa. Si finisce con Devin Harris, altro veterano, probabile carne da scambio durante l’anno. In trade potrebbero finire entrambe le sg, Wes figlio di Wes (Matthews) e Seth Fratello Scarso di Steph (Curry), che lo scorso anno hanno ampiamente contribuito a posizionare l’attacco dei Mavs 2.5 punti sotto la media NBA di punti per 100 possessi. Le % sono state il grande problema dei Mavs, oltre ad una incredibile serie di infortuni e all’inarrestabile, ma orgoglioso e onorevole, calo della parabola fisica e tecnica di DirkOne Nowitzky. I due uomini-chiave saranno Harrison Barnes, vera pietra angolare del rebuilding di Dallas, e Nerlens Noel, che ha esteso di un anno per circa 4,5 MM il suo rookie contract spirante questa estate: estensione dunque, non rinnovo, firmata oltretutto abbastanza tardi (26 di Agosto), e ciò dice come non siano così nette le intenzioni di NN di rimanere a Dallas: occhio alle trades, dunque. Il roster si completa con Salah Mejri, lungo tunisino interessante, Dorian Finney-Smith, progetto di 3-and-D che potrebbe anche sfociare in un giocatore vero, e Dwight Powell, pf scelta dagli Hornets nel 2014, ma in realtà scoperta nel mare magno degli scaricati da Danny Ainge, il sapido GM dei Celtics: Powell ha tiro e rimbalzo, è un 4 moderno, ma mai si sarebbe sognato, ne siam certi, di firmare un giorno un quadriennale da 9,5 MM annui. Il cap room di Dallas in ogni caso è infinito, è al 29′ posto e, nell’estate del 2019, dei contratti ora in essere saranno rimasti solo quelli di Barnes, Smith e Powell. Considerato che, qualsiasi scossone dovesse turbare i Mavs, a reggere le redini c’è uno dei coaches migliori della NBA, Rick Carlisle, possiamo dire che, se il presente non è di primo livello, il futuro arride ai Texani. Definizione: ci vediamo a ottobre 2020.