Ormai siamo in vetta, alle probabili finaliste di Conference. Le differenze sono minime e la Vittoria, come il diavolo, sta nei dettagli.

 

EASTERN CONFERENCE #2: BOSTON CELTICS. No Melo. No CP3. No PG13. La trade dell’estate è quella che ha portato Kyrie Irving a Boston e Thomas-Crowder-Zizic più una Prima Scelta a Cleveland. Chissà se in quel momento Danny Ainge si aspettava che ai Cavs sarebbe arrivato anche Dwayne Wade…I Celtics proseguono nel loro programma verso il Titolo, e sono molto più attrezzati dello scorso anno per strappare a Cleveland l’accesso alle Finals. La differenza tra Cavs e Celtics è infinitesima, anche se opposte sono le filosofie. Boston ha costruito e sta costruendo sui giovani e sul gioco, mentre Cleveland spreme tutto quello che può dal talento (individuale) e dall’esperienza. Per il primato in regular season i Celtics sono forse favoriti, mentre a livello assoluto (Anello/Conference Finals) i Cavs sono ancora da preferire. Nonostante i cuori spezzati (davvero), la trade che ha portato Irving era obbligatoria per qualunque GM, e qualunque GM non avrebbe lasciato agire il cuore (tengo IT4, e vado avanti con questo stupendo uomo e giocatore e questo gruppo stupendo di uomini e giocatori), ma, proprio come Ainge, avrebbe acquisito un giocatore di 4 anni più giovane, integro, già vincitore di un Titolo NBA, del MVP di ROY, Perennial All-Star e di certo più protetto dai grigi del povero IT4, uno che agli arbitri potrà sempre rimproverare più di qualcosa, a cominciare dall’infortunio all’anca che lo rende assente per le prime settimane di regular season. Ugualmente sofferta la partenza di Crowder, la cui mancanza (o presenza nei Cavs) si farà sentire, di certo. Però la strada di Boston è questa: costruire sul talento giovane e sulla impareggiabile nerditudine di Brad Stevens, già nell’Olimpo dei primi 5 coaches della NBA. La fiducia del management in Stevens e di Stevens in se stesso è tale che a Boston ritornano solo 4 dei 15 dello scorso anno, e solo uno del quintetto base, Horford: il quale, per di più, era appena arrivato. I Celtics, stats alla mano, sono la sola squadra ad aver battuto negli ultimi 2 anni sia Cleveland che Golden State che Spurs, ragione per cui sono di diritto pretendenti al Titolo. L’anno scorso, oltre agli infortuni nei momenti cruciali, pagarono due mancanze: in attacco una alternativa ad IT4 meno incostante di quella fornita a volte da Bradley a volte da Crowder, a volte da chi c’era; in difesa la debolezza a rimbalzo, essendo Al Horford il centro titolare con almeno 28 mins di impiego ad aver collezionato meno rimbalzi. Nel gioco di Stevens Horford è molto perimetrale in attacco: ciò gli ha fruttato di far rivivere un record che non veniva registrato da 30 anni, ovvero quello di essere un centro da almeno 6,5 rimbalzi e almeno 5 assists; però è chiamato ad offrire di più sotto le plance, anche perché secondo e terzo rimbalzista della squadra erano Bradley e Crowder, e non ci sono più. C’è però, anche se precocemente infortunatosi, il solido Baynes a dare una mano, arrivato da Detroit anche lui in cambio di AB insieme a Gemello Marcus (Morris) che ora è libero da problemi processuali, essendo stato recentemente assolto dalle accuse di aggressione che divideva, anche quelle…, col gemello. Tra Morris e l’altro prestigioso arrivo estivo, Gordon Hayward, l’alternativa offensiva ad Irving ora c’è. Ci sono anche giovani di talento come Smart-Rozier (la più grande e meglio riuscita delle visioni ultraterrene di Ainge)-Jaylen Brown-Jayson Tatum (the next Melo) e l’intrigante Abdel Nader, secondo giocatore egiziano nella storia NBA dopo l’indimenticabile centro Alaa Abdelnaby. Il monte stipendi è sotto controllo, essendo farcito di rookie contracts. Definizione: sono rose, e fioriranno.

 

WESTERN CONFERENCE #2: HOUSTON ROCKETS. I risultati dello scorso anno, i riconoscimenti dello scorso anno (Mike D’Antoni coach e Gordon 6th man of the year, Harden vice MVP dopo Westbrook), e infine l’arrivo di Chris Paul: se a Houston pensavano di viaggiare a fari spenti anche in questa stagione, beh se lo scordino. E’ proprio qui la differenza principale col recentissimo passato: tutti aspettano al varco i Rockets. Possono CP3 e La Barba convivere? Gli conviene, perché questo è IL passaggio cruciale delle loro carriere, in cui, nonostante tutto, non hanno vinto ancora nulla. Esaminando lo spirare dei vari contratti, ritorna e si rafforza il pensiero che quest’anno la Vittoria sia un obbligo per i Rockets. Daryl Morey, il GM, si sarà di certo tutelato, ma di fatto al termine di quest’anno Paul sarà Unrestricted Free Agent, così come andrà in scadenza Ariza, uno dei magici equilibratori dei Rockets 16-17, insieme a Beverley finito ai Clippers. Pare strano, ma molto del futuro di Houston è legato ad una mossa di mercato in uscita che, finora, è rimasta nella “to do list” senza che sia stato possibile metterla in pratica: cedere Ryan Anderson. Titolare di un contrattone da 20 MM ancora per tre anni, la sua presenza e il suo stipendio sono stati la ragione unica per la quale Melo è finito in Oklahoma e non in Texas. E, per quanto la parabola sia discendente, fa molta differenza pronunciare “Paul-Harden-Anderson” invece che “CP3-The Beard-Melo”. Il compito di coach Mike non è semplice ma resta, il suo, uno dei posti di lavoro più dolci della NBA. Un vero e proprio banco di prova anche per lui, oltre che per i suoi gioatori, dal momento che nell’altro BIG moment della sua carriera, l’approdo ai Lakers di Kobe+Dwight Howard, ha fallito. Il monte salari è alto, e l’anno prossimo bisognerà firmare Paul…Definizione: dalle nuvole ci si fa molto male, se si cade.