Altri 5 Europei sulle tavole della NBA, nella seconda puntata della nostra presentazione.
RUDY GOBERT. Lo abbiamo subito definito, tre anni fa, un lungo talmente mobile ed elegante da muoversi come un ninfea sul laghetto quando spira una brezza leggera. A 2.23 nessuno ha le sue stesse capacità motorie, e il campo pianopiano sta dando ragione a lui e a chi su di lui ha puntato. 10+10 le sue medie quest’anno, cui aggiunge 2.5 stoppate e quasi 2 assists. Dopo un primo anno al 49% è uscito anche dal Club della Vergogna dei lunghi che tirano i liberi sotto al 50%: per ora si è portato al 63, ma migliorerà ulteriormente. Considerato che i Jazz sono una delle squadre on the blocks della NBA, lo pronostichiamo presto in lotta per almeno una Finale di Conference.
JOSE’ CALDERON. Di sicuro il suo prime nella NBA è passato, ma resta una pg di tutto rispetto, forse più adatto a entrare dalla panchina che al quintetto. Si avvia ai 35 lo Spagnolo dei Knicks, e anche visivamente le primavere si fanno sentire. Per minuti (28) e % da 3 (poco sotto al 41) sta avendo la stagione peggiore delle ultime 4, così come per punti ed assists. Resta sempre un uomo da 50+ % da due e 47% globale, con un rapporto assists/palle perse di quasi 4 a 1. Molto chiacchierato sul mercato, nessuno lo ha talmente desiderato da offrire ai Knicks l’opportunità di farlo andare via. Uno dei meno preferiti, senza misteri, di Phil Jackson, che non ha mai visto in lui, soprattutto difensivamente, le caratteristiche di John Paxson.
NICHOLAS BATUM. Parlare di limiti sembra ingeneroso per un giocatore che, a parte un 2014-15 orrendo al tiro, è di certo nei primi 10 della NBA nel suo ruolo: ecco, quale ruolo? Primo limite di Batum è di essere un tweener, oscillante tra sg e sf; il secondo limite, invece, è dentro: a volte deconcentrato, a volte troppo timido, la personalità non è il suo punto forte. In ogni caso, sia a Portland che a Charlotte, ha sempre garantito il cestello pieno in ogni branca del Gioco, difesa compresa; anzi, spesso prima di tutto in difesa. Quest’anno a Charlotte ha ritrovato il piacere dell’infilare il canestro, dopo l’annus horribilis ricordato: in North Carolina viaggia a 15+6.5+5.5, che sono rispettivamente 3.5/1.5/2.5 in più rispetto le sue medie in carriera. A fine anno sarà Free Agent, ambitissimo da chiunque.
BOJAN BOGDANOVIC. Uno degli europei che meno ha cambiato, almeno per ora, la propria complessione fisica. Volendo essere cattivi: è rimasto quel mozzarellone che ci ricordiamo, anche se è una mozzarella con buone iniezioni di quercia. Ha difficoltà nel difendere 1vs1. E’ anche però un manuale di fondamentali offensivi, motivo per il quale, se lasciato in campo con continuità, può riparare alla scarsa difesa con l’attacco. 2 metri per 100 chili: significa un corpo medio per una sf e un corpo tosto per una sg; considerato che il suo deficit di velocità si fa sentire in entrambi i ruoli, il suo spot nella NBA è quello di 2. 10-3-1 sono i suoi numeri in carriera, con qualche approssimazione; pur avendo un ottimo tiro, è più uno scorer che un triplista, e infatti il suo 45% generale al tiro è migliore del 36 da 3. Può farsi valere, ma non è un giocatore determinante, oscilla tra serate da 3 minuti e 2 pti ed altre con 44-8-3. Per quanto possa piacerci, non sposta nulla nella NBA, almeno per ora. Ha infatti solo 26 anni, e con qualche lavoro sul fisico e sulla reattività potrebbe cambiare il suo destino nella Associazione.
BORIS DIAW. Uno con un Anello alle dita. Uno che ha di diritto il titolo di Prof. davanti al nome. La sua carriera nella NBA è ormai di 13 anni e 4 squadre, con i picchi a Phoenix e San Antonio. Diaw è uno dei giocatori in cui la personalità “privata” emerge maggiormente dal modo di giocare e di interpretare il proprio ruolo. Dopo il titolo 2014, di fronte alle mai celate preoccupazioni di coach Pop sulle baldorie estive dei suoi eroi, e sul pericolo che eccedessero in bagordi aumentando di peso, trascurando i compiti a casa assegnati a ognuno, Boris rispose su Instagram con una foto in cui, con un’espressione tipica da scolaro ribelle, presentava al coach un calice di un rosso pregiato; in pratica: dai coach, rilassati ok? Nelle 2 stagioni post-Anello, ha visto diminuire rendimento ed impiego, ma siamo pronti a scommettere su un suo ritorno in questi PO 2016, che saranno, inutile negarlo, all’insegna della grande attesa per la “vera” Finale: San Antonio vs Golden State, Western Conference Finals.