Golden State batte Cleveland 124-114 con un supplementare aggiudicandosi #1 delle Finals 2018.
Per quello che è accaduto allo scadere del primo tempo, poi di gara e quindi dell’OT, questa prima alla Oracle ha riservato quasi tutto il suo significato nei finali.
Certo dicendo questo si fa un torto enorme a LBJ (51-8-8, 10/11 ai liberi e 5 perse), che nei tempi regolamentari ha segnato 49 in 43mins. Si passa sopra anche all’inizio sonnolento delle Finals: folla spesso muta, difese che permettono ad entrambe le squadre di restare sopra al 60% per il primo quarto e mezzo, sviluppando quasi la stessa mole di possessi. Il primo strappo, pro Cavs, viene dalle rotazioni. Se al tiro la panca di GS pare avere la meglio (4/4 vs 2/6, con Clarkson che mette energia ma mira immonda), in difesa la presenza in campo di West permette a James di abusare sui cambi del veterano degli Warriors, contro cui segna 3/4 e l’unico errore è riparato da Nance Jr. che sovrasta facile Livingston e Swaggy-P sul reboff. Sia i Cavs che gli Warriors cambiano sempre in difesa, ma l’unico uomo in grado di prendere vantaggio sia vs i piccoli che vs i lunghi gioca a Cleveland, anche perché dall’altra parte il suo omologo teorico, Durant, tira malissimo e viene spesso difeso bene anche in post basso. Il primo vantaggio consistente è dunque dell’Ohio, +9. E’ oltretutto ottenuto durante il primo riposo di James, circa 3 mins durante i quali i compagni del Prescelto vincono 7-5; nel momento in cui James torna in campo lo fa da pg, posizione in cui non sa esimersi (lo ripetiamo dal 17 ottobre) dal perdere palloni. L’ultimo minuto del primo half vede più avvenimenti che gli altri 23. Terzo fallo di Dray-G: entra in campo quasi dal nulla (3 mins giocati nelle 7 vs HOU) Javalone McGee, che subito esce e difende bene sul perimetro vs Jeff Green, tripla sbagliata, rimbalzo, palla a Steph che riceve anche per uno sciocco anticipo tentato da JR Smith: tripla da 11 metri segnata regalando proprio all’ultimo decimo la parità a GS.
Inaffidabile, spesso comicamente, è la parola che meglio definisce Javale McGee, che però, quando è in buona, smette di contare fringuelli in giro per il campo e agisce per quello che potrebbe essere: uno splendido atleta, prima ancora che un buon giocatore di basket. Difende infatti vs LBJ sul pick and roll come mai Green, Looney o Bell sognano di fare, e ispira il primo break degli Warriors alla ripresa. Ricordiamo che il terzo periodo è regno di GS, sempre: in stagione Warriors +371 nel terzo e +119 in tutti gli altri periodi insieme; nei PO +137/+20. Javalone ispira ma anche affossa il parziale, autostoppandosi col ferro da solo sottocanestro. Inizia un controparziale di Cleveland, ispirato da James con l’aiuto di Love (21+13, ma 1/8 da 3) e Nance Jr (9+11); è divertente per gli umani osservare la progressione di LeBron: sono 31 in 30 mins, poi 36 in 33’, e così contando. Con i numeri sopra esposti, il -6 di CLE nel terzo quarto suona meravigliosamente, così come il fatto che nel secondo riposino, tra fine terzo e primo minuto del quarto periodo, i compagni di James non segnano ma nemmeno lasciano segnare: 4-1 GS, portando il risultato nei minuti di panca di LBJ a un misero +1 Warriors (9-8). La strada che i Cavs si erano lastricati era quella del successo. Nonostante una nuova fiammata (la prima tripla di Green + un’altra di Steph, 29-6-9 con 5/11 da 3 per lui) e il 100-94 Warriors con 4’ da giocare, la difesa con cambio continuo dei Cavs faceva ammattire gli avversari, in particolare Klay (lo stesso 24 con 8/16, in ogni caso..) e Durant (26-9-6 ma 8/26, trovando però tanta difesa e 3 stoppate). Klay era ben controllato da un iperattivo Jordan Clarkson (strano ma vero: pagava l’insolito sforzo in insolito habitat con 2/9 al tiro) e KD era quasi zittito da uno che lo consoce fin dall’adolescenza: Jeff Green, del Maryland come Durant è di DC, si affrontano fin dai campionati dei più bassi grades scolastici. La reazione dei Cavs, su queste basi difensive, era pienamente compiuta in attacco con 7 di James e la prima tripla (al settimo tentativo) di Love. C’era anche spazio per una polemica su una decisione molto importante “chiamata indietro” dai refs, ma giustamente: uno sfondamento di Durant al replay diventava fallo di James, che non era fermo ed era andato di spalla; nessun dubbio fosse fallo (il primo) di LeBron. Si parlerà molto di questa chiamata, ma è stato giusto così. Cleveland non ha perso lì la partita.
L’ultima azione dei Cavs, sotto di 1, si dipana male: James in point, posizione-disastro, ma accade l’impensato. Klay compie uno dei 2 massimo 3 gravi errori difensivi che fa in un anno: dimentica e lascia tagliare Hill, fallo e il pet-player preferito di Pop agli Spurs alla carità per vincerla, con 47 decimi da giocare. Sbaglia il secondo, ma JR Smith conquista il rimbalzo in testa a KD e…eccone un altro che conta fringuelli mentre gioca. Smith perde tempo come se fosse in vantaggio, mentre i compagni gli dicono tira, mentre James chiama un TO che non avendo lui la palla non può chiamare (e ci sarebbero gli estremi per un tecnico). Il tempo muore, e lì anche i Cavs. Nell’OT GS passeggia e un po’ irride, irride un po’ troppo, fino a una gomitata, sleale nelle intenzioni più che nel vero tocco, di TTT a Livingston; minirissa tra Thompson che, espulso, tarda a lasciare il campo e, ovvio, Draymond Green. La botta di stanotte, per come è arrivata e per come i Cavs avevano realmente irretito gli Warriors, sarà dura da assorbire. Lo dice anche l’atteggiamento nel supplementare di James, che si degnerà di prendere un vero movimento offensivo solo quando erano andati già 3 mins dei 5, e la gara. Ultimo dato, per rendere omaggio all’eccellenza delle due squadre: 53 minuti, 11 perse i Cavs 7 Golden State, entrambi i dati all’interno della Aurea Regola Peterson (che vale sui 48).