DEN 108 – MIA 111: gli Heat capovolgono il fattore campo.
1 – BENCH. Non era difficile identificare nella panchina uno dei punti dolenti per i Nuggets. Stanotte Mike Malone aveva appena elogiato la produzione dei suoi back-ups nella gara, che Braun+Green (quindi senza sconti e speranze: da un rookie a uno con mille anni di servizio) hanno combinato 5 disastri (4 difensivi) in fila per regalare a MIA il sorpasso e il +3. L’allarme del coach dopo #1 non era (solo) politico: i Nuggets non stanno giocando al meglio. Manca disciplina: nel 4’Q sia il + 3 che il +6 successivo (dopo un TO di MM) per MIA sono arrivati da palle perse per falli offensivi (Green poi Jokic). Altro problema il rendimento (scarso) finora di KCP (media di 6.5 pti e 4/12 dal campo: in due gare 4 panieri e 8 falli, quindi).
2 – TRIPLE. Avevo detto dopo #1 che la prima necessità di DEN era migliorare la prestazione da 3. Non lo hanno fatto. Togliendo i (pochi) spari di chi ha tirato sopra il 50% e il 4/4 a metà secondo quarto che ha riportato i Nuggets avanti, il resto dice 6/23. Al contrario, gli Heat hanno capovolto la situazione di #1: quando sono andati avanti di uno la scheda delle triple diceva 14/28.
3 – LOVE. Avevo pensato che qualcosa potesse cambiare per MIA nel quintetto base: è accaduto, ma non proprio davvero. Non sapremo se la scelta di riportare Love in quintetto (fondamentale vs MIL) sia stata pura tattica o motivata dall’influenza di GemelloCaleb. Resta il fatto che Il Californiano è un buon amuleto, oltre che un professionista esemplare: non era in campo nel quarto periodo, ma quando lui gioca in quintetto gli Heat nei PO hanno più vinte che perse, e non aveva visto campo nelle ultime 3 partite.
4 – FATICA / BAM. Panchina corta, panchina non efficace, Murray troppo sopra il par: in questi casi il risultato è extra-sforzo per Jokic, che atleticamente è miglioratissimo ma non sarà mai SilverSurfer. Stanotte, con tutta evidenza, ha pagato tributo alla fatica, apparendo anche meno geniale del solito: 4 ass su 5 palle perse, alla Russell Westbrook insomma. Contemporaneamente, grande gara di Bam: sorpasso e +5 di MIA sono arrivati da suoi assists. Sempre più chiaro, in tema di centri, perché lui, Jokic, Horford, e le loro squadre, siano 3/4 delle Conference Finals.
5 – ROBINSON. Si parla molto degli undrafted di Miami come fossero dei miracolati. Si usa la questione, cioè, molto più per dare luce alla sapienza della franchigia nel pescare il talento inespresso, o per esaltare la guida di Spo, che per dare meriti ai giocatori. Rimediamo sottolineando che, per emergere, questi devono lavorare più di altri. Non è falso siano meno talentuosi della media degli avversari che hanno battuto in questi PO, però pensiamo a Duncan Robinson. Da eroe in The Bubble, a 12’ se non 13’ uomo in questa RS, e ora di nuovo protagonista, ma con un’aggiunta al proprio gioco. Non più solo triple catch-and-shoot, ma schiacciate dal palleggio… e conosciamo tutti il fisico che aveva.
6 – STRUS. Che fosse una serata diversa, si è visto subito. Strus ha iniziato 4/4 invece che il contrario, anche per enormi errori difensivi dei Nuggets. Lastrategia di leggere con più calma il p’n’roll si è rivelata fatale per DEN: troppo lenti i recuperi, a volte impossibili causa eccessiva distanza formatasi durante quel secondo in più di lettura. Sappiamo bene che Murray non ama passare in posizione 2 difendendo il palleggiatore, ma questo non è possibile se l’avversario tira il 49% da 3. Detto ciò, ancora una volta gli Heat non sono crollati quando il loro strattone è stato pareggiato e poi raddoppiato da DEN: questa squadra è una delle più appiccicose mai viste nelle Finals. Ha violato l’arena dei Nuggets per la prima volta nei PO, credo la prima volta dalla fine di marzo.
7 – MURRAY. Gara sottotono, con due canestri nel 4’Q per dare a DEN un doppio 6 che poteva regalare speranza di rimonta in extremis: sono sempre arrivati canestri “tombali” da parte di Miami (Butler e Martin, da 9 metri). A Denver, ora che si va in Florida, servirà, come prima cosa, una migliore applicazione (e strategia) difensiva; in seconda posizione che Porter Jr ritrovi le triple (3/17 tra #1 e #2) o che, almeno, non sia orrendo come stanotte. Gli Heat ritrovano casa per la prima volta dopo il viaggio verso BOS per la famosa #7 di ECF: non è elemento da sottovalutare.
8 – COLLATERALI. Attorno alle Finals girano voci: mercato per tutti quelli che non giocano, la situazione di Ja. Morant sarà punito, non lievemente: una sanzione economica immediata, più una implicita nelle gare che prenderà di squalifica (senza stipendio). Si parla di 40 partite, o della durata di una terapia meno breve di quella di 8 gg già affrontata dal giocatore tra marzo e aprile. Tra mille sciocchezze, un movimento è già avvenuto, non secondario. Il coaching staff di Boston, dopo la conferma di Mazzulla, è stato saccheggiato dai Rockets, che sono la nuova squadra di Ime Udoka e del suo fiammeggiante irrefrenabile dardo: Moser, Miles, Sullivan raggiungono il “loro” head. Contemporaneamente o quasi, stanotte BOS ha assunto Sam Cassell. Mossa non indifferente: l’ex pg di HOU è da almeno un decennio il TOP assistente della NBA, quello che nessuno capisce come mai non diventi head. È un grosso acquisto, ma anche una presenza bella grande da avere al fianco e un messaggio chiaro da parte della franchigia al coach (ma anche alla squadra): noi siamo pronti a decidere e a spendere, ma ora c’è da vincere.