DEN 104 – MIA 93, per una W tutto sommato senza problemi.
1 – ALLENATORI. Questa è e sarà una serie di allenatori. In primo luogo perché si affrontano due gestioni long-tenure: Malone è alla guida da 8 anni, Spo (conto solo gli anni da head) da 15. Spoelstra è ormai una leggenda, mentre MM è quasi nuovo per il grande pubblico, basti pensare che fino a un mese fa (ora non so) nella Wikipagina italiana era dato ancora come coach di Sacramento. Forse perché ha un aspetto sempre un po’ sgarrupato, perché tanti pensano che con Jokic in squadra tutto sia facile, o perché ha una voce simile a quella di Doc (qualsiasi somiglianza con Rivers è un demerito a prescindere), non viene mai tenuto in gran conto, ma è un cervello raffinatissimo, e sa unire guida tecnica e guida emozionale.
2 – PICCOLI. Per gran parte della gara gli Heat sono stati dominati e sono sembrati piccoli, letteralmente e metaforicamente. DEN aveva vantaggio fisico in ogni confronto, lo ha sfruttato all’inizio per rompere subito la gara. Ma la squadra di Spo, forse stanca per la serie vs BOS finita 48 ore prima (non sono ripassati dalla Florida, subito a Denver), non è parsa quella che ha infranto i cuori dei Celtics. Gemello Caleb, Golem difensivo delle ECF, ha concesso 3 And-1 ai Nuggets. E il divino Jimmy si è nascosto, così come l’attacco in generale: solo due liberi in tutta la gara, una cifra così evidente non può essere colpa dei refs.
3 – GORDON. Le immagini di Aaron Gordon che affetta il pitturato degli Heat mettendo sotto i più piccoli Vincent, Strus, Martin, fanno capire due cose. La strategia pensata da Spo di usare il marcatore di AG come safety, contando non poco anche sulla innata timidezza offensiva del giocatore, è stata subito battuta: Malone ha iniziato con un bel 1-0 tattico. La seconda: le stesse immagini avrebbero dovuto avere Jayson Tatum come soggetto, ma non è accaduto e non solo per volere di Mazzulla. In ogni caso, il 7/7 da due di Gordon nei primi 14 mins di gioco è stato il principale fattore per mettere #1 dalla parte di DEN.
4 – DEAD LAST. Trentesimo di trenta: l’attacco degli Heat in RS. Per dire che, fallita la prima (quindi principale) strategia difensiva, per MIA non sarebbe stato facile rimediare con l’attacco. Si sono aggiunte due controprestazioni: Strus 0/9 da 3 (0/10 totale), Martin 1/7. Anzi, tre: Butler solo 14 tiri in una gara da 100meno per i suoi. Capita a Jimmy, ogni tanto, ha avuto gare simili vs NYK e vs BOS: a volte viene salvato, a volte no. A metà secondo quarto Adebayo aveva la metà dei panieri dei suoi (10/20), alla fine da lui sono arrivati un quarto dei tiri totali della squadra e un terzo dei canestri: quando le proporzioni sono queste (soprattutto i 25 spari sono fuori dalla norma degli Heat), si tratta quasi sempre di brutte news per la squadra.
5 – COME SI GIOCA. Nella cronaca ABC, VanGundy quello bravo ha detto una cosa molto vera: Jokic trova sempre la soluzione perché non cerca nulla di più di quello che c’è. Semplicità e libro delle regole, insomma. La foto di testa dell’articolo è proprio questo: MIA a zona, Jeff Green in lunetta, i Nuggets battono la zona. Si gioca così, Hubie Brown dice sempre: Basket is complex, but it’s no rocket-science.
6 – TRIPLE? La pressione offensiva usata dai Nuggets verso il pitturato ha generato per loro un primo tempo da pochissime triple tentate. Sono partiti 0/4, ma poco dopo la metà del 2’Q erano 5/9. Poi si sono fermati: da lì solo 3/18. Ha avuto molto peso la pessima serata di Porter Jr (2/11), il lato positivo è stato il 32/52 da 2 pti. Non solo Gordon e Jokic, ma anche Murray ha colpito tanto dentro l’arco. Per DEN 20 liberi, non tanti in assoluto, ma sintomo di una pericolosità mai persa e tantissimi per una gara a basso punteggio (e anche rispetto a quelli degli Heat).
7 – SECONDO TEMPO. Il secondo tempo ha visto MIA vincere di 6, in particolare vinto di 10 il 4’Q. Significa che, ma si sapeva, gli Heat non la danno mai su. Però è anche vero che il gap di 10-12 pti non è mai stato in pericolo: ogni volta che gli avversari si avvicinavano, i Nuggets davano un’altra spallata, e in queste situazioni è facile che lo scarto finale sia meno largo della differenza nel gioco. Significa anche che i momenti migliori, per gli Heat, sono arrivati con Lowry in campo: una vera pg di nobile pedigree (ci perdoni Vincent, che è utile ed efficace ma va in giro senza medaglietta e certificato); questo rivela un po’ troppa esitazione da parte di Spo nell’uso della panchina: i minuti di Lowry sono stati 26, quelli di Highsmith 23, ma sono arrivati molto tardi, da dopo la metà del secondo quarto (anche se Highsmith non aveva quasi giocato vs BOS: segno che Spo aveva capito). Il confronto tra le panchine è sempre stato sfavorevole, a partire dalle ConfSemis per i Nuggets: qualcosa su cui il coach di MIA non mancherà di battere, magari con qualche cambio di line-up iniziale.
8 – LA PROSSIMA. DEN ha conservato l’imbattibilità casalinga nei PO. Ha vinto la gara subito, quindi le indecisioni nel secondo half possono essere dettate da un risparmio consapevole: non sono profondissimi, come detto, per una squadra che gioca le Finals. I Nuggets devono sperare in % migliori da 3. MIA deve trovare, oltre a Butler in versione migliore e tutti gli undrafted a tabellino, anche una soluzione alla difesa dei Nuggets sul pick’n’roll: diversa da quella dei Celtics, che cambiavano a prescindere, quella di DEN cerca di leggere un po’ di più prima di prendere decisioni. È un gran rischio (Strus non ha messo mezzo canestro, ma almeno 6 triple delle 9 scentrate erano liberissime) ma ha pagato almeno stanotte.