Chi segue Baskettiamo da tempo sa che la NCAA non è esattamente la mia passione principale.
Da decenni il gioco scade continuamente e non riesco ad ignorare la patente ipocrisia del sistema, nonché le pratiche criminogene quando non criminali (come da recenti indagini FBI). Tuttavia, alla vigilia di Gara5 delle Finals, e visto che si è parlato molto della concentrazione dei giocatori di Kentucky tra i due roster, ho compilato una depth chart dei giocatori usciti da KU nella storia. A differenza di altri atenei, in cui le Stelle più fulgide sono più concentrate indietro negli anni, per i Wildcats troviamo nomi soprattutto recenti, spesso ancora nel pieno della carriera. Per questo motivo, anche se forse sarebbe stato più giusto attendere conferme superiori ai sei mesi, ho inserito Tyler Herro.
Primo quintetto: Jamal Murray – D.Booker – Jamal Mashburn – A. Davis – K.A.Towns
Secondo quintetto: Rajon Rondo – De’Aaron Fox – T.Herro – Pat Riley – D. Cousins
Terzo quintetto: J.Wall – S.Gilgeous-Alexander – Chris Mills – A.Walker – Dan Issel
Quarto quintetto: E.Bledsoe – R.Mercer – K.Greevey – T. Prince – Bam Adebayo
Di 20 giocatori, solo 4 sono pre-anni ’90: Riley, Greevey, Mercer, Issel; a testimonaire che, pur essendo una università storica, la gloria per quel che riguarda il travaso verso la NBA è soprattutto recente. Volendo individuare un difetto nella produzione Wildcats si potrebbe dire che i capitoli sg e sf non sono al livello degli altri: sia Booker che Fox non sono sg pure e per riempire un buco ho inserito in sf Chris Mills, che in realtà ha doppia cittadinanza Kentucky/Arizona. So bene che sono rimasti fuori Walter McCarthy e Julius Randle, Cliff Hagan e Derek Anderson, ma mi sembra che questi 20 rappresentino bene la potenza dell’ateneo. Come disse John Calipari a proposito del One and Done: “In fin dei conti siamo un’università: gli studenti vengono qui per non per studiare e basta ma per costruire le basi di una bella carriera. Mandiamo nel mondo avvocati e ingegneri quando riteniamo siano pronti per il lavoro, perché non dovrebbe accadere con i giocatori, se dopo un anno sono pronti?”. Le ipocrisie sono evidenti, ma c’è anche un fondo di verità.