Non sarà rapido e non sarà indolore: le notizie non gradevoli per la NBA arrivano dalla NFL.
Il Commissioner della NFL, Roger Godell, ha rilasciato nel w-end una dichiarazione che sa di avvertimento ai suoi ma anche a tutto il mondo sportivo americano. A causa delle conseguenze del Covid su presenza del pubblico e sul portafoglio di ognuno, ha annunciato come molto probabile, per il prossimo anno se le condizioni non muteranno, un incremento del numero di gare a 17 (forse eliminando il turno di riposo) insieme a una riduzione del tetto salariale. Meno introiti portano dunque a più gare, meno soldi per ogni squadra, meno soldi per ogni nuovo contratto, regole più chiare. Ricordo che il salary cap della NFL è molto più oscuro di quello NBA, che i giocatori sono molti di più che nella NBA, e che la vita media di una carriera nel football è poco superiore a 3 anni, generando un ricambio vorticoso.
Lo sport pro americano si regge su basi più rigide e solide di quello europeo, ma anche oltreoceano gli effetti della pandemia si fanno sentire. Sono evidenti gli sforzi della NBA per mantenere intatto il proprio “tenore di vita”, ma in questa impresa non sono poche le situazioni non favorevoli. Prima di tutto: l’effetto-pandemia si sta facendo sentire ora sui giocatori, come invece NON era accaduto in the Bubble. Più di 120 giocatori hanno iniziato questa stagione con 10 mesi di assenza dal vero agonismo sulle spalle; gli altri dopo la sosta più breve della storia dello sport USA: in entrambi i casi il risultato sono prestazioni altalenanti, e forma (inteso proprio come: conformazione del proprio fisico) non esattamente brillante. Ecco dunque James Harden in versione Vito Catozzo (Giorgio Faletti a Drive In, vi lascio un link per confronti… https://www.youtube.com/watch?v=msTD4VxcOQ0 ), o i Clippers che beccano 50 nel primo tempo, finendo per perdere anche il secondo half di 1, o i Nets stracciare Boston e soccombere agli Hornets. Troviamo poca efficacia negli arbitraggi, in cui si fischiano piccolezze e si permettono azioni che, sulle strade della nostra vita quotidiana, sarebbero aggressioni di primo grado. La NBA prova, in questo momento, a coinvolgere i giocatori per rendere più accattivante il prodotto. Da un lato espone le loro emozioni: ecco in loop i pianti di quelli appena scelti al Draft, la commozione di chi parla del Covid, i microfoni aperti durante le gare per mettere insieme clip divertenti; tutti elementi validi, ma destinati ad usurarsi. L’altra mossa in atto al momento è quella di aumentare l’epica: per farlo si deve necessariamente portare ancora più in risalto gli eroi. Ecco l’inizio di stagione densissimo di LeBron e Zion, le manovre nemmeno tanto segrete per rimettere in campo Vito La Barba, Steph che dice “Dobbiamo vincere subito”, e quella dopo vince. Se la stagione scorsa era stata strana, preparatevi: questa lo sarà molto di più. Per imprese o contro-imprese (vedi Clippers), per arbitraggi non limpidissimi, per alti e bassi. Alcuni sceglieranno di distaccarsi, io penso sia meglio turarsi un po’ il naso, a volte, e supportare la NBA, che per ora, ha scelto la strada opposta alla NFL: diminuire le gare (10 meno) mantenendo invariato o quasi il Salary Cap. Non dimentichiamo mai, inoltre, che la NBA, così come la NFL e gli altri, stanno portando avanti una stagione sportiva nel mezzo della Nazione che, anche per una certa idiozia megalomane e fanfarona del grazie al cielo deposto Commander in Chief e dei suoi yes-men, ha più contagiati e morti di Covid al mondo.